Catalogna, scontro tra la Corte Costituzionale spagnola e Barcellona

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I giudici di Madrid sospendono la sessione del Parlamento catalano convocata per lunedì prossimo. Gli indipendentisti presentano una nuova convocazione. Rajoy: "Tornare alla legalità". Moscovici: regione catalana indipendente "non sarebbe membro Ue"

Continua il braccio di ferro tra Barcellona e Madrid, dopo il referendum sull’indipendenza della Catalogna stravinto dal sì con il 90 per cento e dichiarato “illegale” dal governo spagnolo. Il prossimo momento di crisi potrebbe essere lunedì 9 ottobre, quando il Parlamento di Barcellona ha deciso di riunirsi in sessione “ordinaria eccezionale” per sentire il presidente catalano Carles Puigdemont. Madrid teme che in quell’occasione possa essere adottata una dichiarazione di indipendenza. Sulla questione è intervenuta anche la Corte costituzionale spagnola, che ha decretato la sospensione precauzionale della sessione del Parlamento catalano. Intanto, il commissario europeo Moscovici ha fatto sapere che la Catalogna indipendente "non sarebbe membro Ue".

La decisione della Consulta

La consulta di Madrid, quindi, ha accolto in poche ore il ricorso presentato contro la convocazione della riunione dal partito socialista catalano (Psc), referente in Catalogna del Psoe spagnolo. In una normativa approvata in settembre, pure bocciata dalla Corte costituzionale di Madrid, era stato deciso che se il sì avesse vinto al referendum sarebbe entrata in vigore una legge di transizione di valore superiore ai pronunciamenti di qualsiasi corte spagnola. E nella serata del 5 ottobre, arriva la notizia che i partiti indipendentisti hanno presentato una nuova proposta di convocazione del parlamento catalano lunedì prossimo per aggirare il veto arrivato oggi dalla Corte Costituzionale spagnola. La nuova convocazione, che sarà esaminata il 6 ottobre dall'ufficio di presidenza, prevede, riferisce Tv3, un intervento del presidente Carles Puigdemont senza far riferimento al referendum di indipendenza.

Rajoy: “Tornare alla legalità”

L'art. 155 della Costituzione è un’arma potente nelle mani del premier spagnolo Mariano Rajoy: gli permetterebbe di prendere il controllo del governo catalano o almeno di parte delle sue competenze, come il controllo dei Mossos, la polizia catalana (il cui capo è ora indagato dalla giustizia spagnola per "sedizione"), di destituire Puigdemont o convocare elezioni anticipate. Un’arma a doppio taglio, però, perché provocherebbe un sollevamento generale in Catalogna (dopo gli scontri ai seggi e le manifestazioni delle scorse ore). Rajoy non ha ancora deciso se usarla. Intanto, ha chiesto a Puigdmeont di “tornare alla legalità” e rinunciare “con i tempi più rapidi possibili” al progetto di una Dichiarazione unilaterale di indipendenza per evitare “mali maggiori”.

Puigdemont: “Mi sento già il presidente di un Paese libero”

Ma il governo catalano è determinato ad andare avanti. “Mi sento già il presidente di un Paese libero”, ha detto Puigdemont in una intervista a Bild. Poi ha aggiunto: “Non ho paura per me. Non mi stupirebbe nulla di quello che può fare il governo spagnolo. Anche il mio arresto è possibile, sarebbe una mossa selvaggia di uno Stato autoritario”.

Moscovici: Catalogna indipendente non sarebbe membro Ue

Da Bruxelles, intanto, continuano ad arrivare frenate all’ipotesi indipendentista. "Una Catalogna indipendente non sarebbe membro dell'Unione europea. L'Unione europea conosce un solo Stato membro: la Spagna”, ha dichiarato il commissario Ue all'Economia Pierre Moscovici durante una trasmissione televisiva. Per l'alto responsabile Ue, il braccio di ferro tra Barcellona e Madrid è "una vicenda dolorosa che va trattata dagli spagnoli. Risolverla non spetta né a Parigi né a Bruxelles né ad altri".

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