Scontro Usa-Nord Corea, Pentagono: “Stop a minacce o regime finirà”

Mondo

La dichiarazione dopo la notizia che la Pyongyang starebbe considerando un piano per colpire il territorio statunitense di Guam. Il Dipartimento della Difesa precisa però anche che si sta "lavorando a una soluzione diplomatica". Pechino: "Moderate i toni" 

"La Corea del Nord dovrebbe mettere fine alle azioni che potrebbero portare a una fine del suo regime e alla distruzione della sua gente". A parlare è il capo del Pentagono, James Mattis, che è intervenuto nello scontro a distanza tra il presidente degli Stati Uniti Donald Trump e Pyongyang. A dire invece agli americani che “dovrebbero dormire sonni tranquilli” è il Segretario di Stato Usa Rex Tillerson, mentre la Cina invita il presidente americano alla moderazione e alla prudenza.

Mattis: “Corea perderebbe qualunque conflitto”

“Stiamo lavorando a una soluzione diplomatica”, ha detto Mattis, per poi aggiungere che il Paese guidato da Kim Jong-un ''perderebbe'' qualunque conflitto venisse iniziato. Secondo Tillerson invece uno scontro armato non è vicino: “Non credo che ci sia alcuna minaccia imminente da parte della Corea del Nord; gli americani dovrebbero dormire tranquilli”, ha detto il Segretario di Stato, aggiungendo che il recente scambio di minacce tra Washington e Pyongyang non significa che gli Stati Uniti si stiano avvicinando all'opzione militare.

“Fuoco e furia” parole improvvisate

Al centro dello scontro la riposta che Trump aveva rivolto alla Corea del Nord dopo la minaccia di “una severa lezione con la forza nucleare”: il tycoon aveva ribattuto che se Pyongyang avesse continuato con le intimidazioni la risposta americana sarebbe stata “fuoco e furia”. Proprio queste parole, secondo il New York Times, sarebbero state improvvisate e avrebbero colto totalmente di sorpresa sia i suoi più stretti collaboratori alla Casa Bianca sia i membri della sua amministrazione.

L’amministrazione divisa

Sempre secondo il New York Times, l’amministrazione Trump sarebbe divisa anche sull'approccio da adottare nei confronti della Corea del Nord: da una parte James Mattis e H.R.McMaster, capo del Pentagono e consigliere per la sicurezza nazionale, favorevoli a una risposta forte verso la minaccia rappresentata dal regime di Pyongyang, dall’altra Steve Bannon, consigliere strategico di Trump, che preme sul presidente perché non dia troppa importanza alle provocazioni di Kim Jong-un e si concentri piuttosto sui rapporti con la Cina.

Cina: “Moderare i toni”

Ed è proprio la Cina che invita a procedere con più prudenza, indicando i rischi della retorica a causa dell'attuale situazione "altamente complicata e sensibile". In una nota diffusa dal ministero degli Esteri di Pechino si legge: "Ci auguriamo che tutte le parti rilevanti parlino con cautela e si muovano con prudenza, evitando di provocarsi a vicenda e battendosi per il ritorno quanto prima possibile al corretto binario del dialogo e dei negoziati".

Il Trump interventista del 1999

Intanto spunta un’intervista del 1999, rilasciata da Trump alla Nbc, nella quale il magnate, a proposito dell'escalation della tensione tra Washington e Pyongyang, che caratterizzò anche l'ultima fase dell'amministrazione di Bill Clinton, spingeva sulla necessità di un intervento militare in caso di fallimento dei negoziati con la Corea del Nord. L’attuale inquilino della Casa Bianca disse che Pyongyang ha armi nucleari puntate contro tutto il mondo, in particolare contro gli Stati Uniti, e che quindi se i negoziati non avessero portato a nulla sarebbe stato meglio intervenire subito. Trump sottolineò anche che il Paese asiatico si stava prendendo gioco degli Stati Uniti, in particolare per la posizione troppo morbida adottata al tempo.

Mondo: I più letti