"Our Ocean", i sei punti del programma per salvare gli oceani

Ambiente

Valeria Valeriano

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Malta ospita la quarta edizione della conferenza, organizzata quest’anno dall’Ue. L’obiettivo è "individuare soluzioni praticabili per i mari del pianeta". Le aree d’intervento vanno dal cambiamento climatico all’inquinamento marino. Su Sky un canale dedicato all’evento

Due giorni per cercare di salvare gli oceani. Due giorni per provare a “individuare soluzioni praticabili per i mari del pianeta”. Il 5 e il 6 ottobre, a Malta, va in scena la quarta edizione della conferenza “Our Ocean, An Ocean For Life”: politici, funzionari, scienziati, amministratori pubblici, dirigenti, imprenditori, uomini e donne d’affari di tutto il mondo s’incontrano per discutere della salute degli oceani, a cui è strettamente legata quella dell'uomo, e condividere possibili interventi per proteggere gli ecosistemi marini (e quindi la Terra). Dopo le edizioni 2014 e 2016 negli Stati Uniti e 2015 in Cile, a organizzare questa volta la conferenza è l’Unione europea. Dal primo anno, spiega il commissario Ue all'Ambiente Karmenu Vella, sono stati mobilitati 8,7 miliardi di euro. Anche per il 2017 si parla di investimenti “a dieci cifre”, ovvero sopra il miliardo di euro, da parte di Unione europea, Stati e imprese private.

Presenti Stati e aziende private, anche Sky

Alla conferenza è prevista la partecipazione di circa 700 persone, tra cui una cinquantina di ministri e capi di Stato o governo, provenienti da più di 60 Paesi. Presente anche l'amministratore delegato del Gruppo Sky, Jeremy Darroch: nel suo intervento ha raccontato l’impegno dell'azienda nell'affrontare la questione dell'inquinamento da microplastiche nei nostri mari e i progressi della campagna “Sky - Un mare da salvare”. E alla salute degli oceani, dalle 8 di giovedì 5 ottobre fino alle 22 della domenica successiva, la piattaforma Sky dedica un nuovo pop-up channel (sul canale 505): in onda tavole rotonde e eventi della conferenza “Our Ocean”, ma anche interviste e documentari.

Le sei aree d’intervento

Nel programma della conferenza di quest’anno ci sono sei temi o, meglio, sei aree d’intervento: si tratta di sei ambiti in cui bisogna intervenire al più presto per salvaguardare gli oceani. Si va dall’inquinamento del mare al cambiamento climatico, dalle aree marine protette alla blue economy sostenibile, passando dalla pesca e dalla sicurezza marittima.

1 - Inquinamento marino

Partiamo dall’inquinamento marino. I dati non sono confortanti: 10 milioni di tonnellate di spazzatura finiscono in mare ogni anno. La maggior parte arriva dalla terra ed è plastica. I danni non riguardano solo l'economia (con circa 170 miliardi di euro persi all'anno), ma anche la salute dell'uomo. Si stima che, senza un cambiamento di rotta significativo, entro il 2050 nei nostri oceani ci sarà più plastica che pesci. Un cambiamento di rotta è proprio quello che chiede la conferenza di Malta. Ai governi, alle aziende, alle persone. “Ridurre i rifiuti è più proficuo che pulire gli oceani. La chiave è la prevenzione. Dobbiamo limitare la spazzatura per proteggere i mari”, spiega l’Ue. Che ricorda come in Europa meno del 30 per cento della spazzatura in plastica venga riciclata e invita tutti a una migliore gestione dei rifiuti, a essere più attenti nella scelta dei prodotti, a partecipare alle iniziative per ripulire spiagge e altri posti. "L'obiettivo - continua - è ridurre la spazzatura marina del 30 per cento entro il 2020".

2 - Cambiamento climatico

Altro tema è il cambiamento climatico. Anche questo fenomeno impatta sulla salute degli oceani e combatterlo è un modo per proteggerli. Più del 93 per cento del calore prodotto dal riscaldamento globale causato dall'uomo dagli anni ’50 è stato assorbito dai mari. Il risultato è che le acque stanno diventando più calde e acide e alcune specie non sopravvivono. I coralli, ad esempio, sono morti in diverse zone del mondo. Ad essere a rischio non sono solo specie marine. Le temperature più alte, unite allo scioglimento dei ghiacciai, provocano un aumento del livello dei mari e mettono a rischio inondazione milioni di persone. Combattere il cambiamento climatico, avverte l’Ue, spetta sia ai governi sia ai cittadini. Tra le cose che si possono fare: usare mezzi di trasporto a basso impatto, come la bicicletta, migliorare l'efficienza energetica delle case, staccare le spine, promuovere le infrastrutture verdi. L’obiettivo è, entro il 2050, ridurre le emissioni di gas a effetto serra almeno dell'80 per cento rispetto ai livelli del 1990.

3 - Aree marine protette

Ampliare le aree marine protette è, fin dalla prima edizione, uno degli obiettivi principali della conferenza “Our Ocean”. Gli oceani sono la casa di oltre 220mila specie ma gli ecosistemi marini sono in pericolo: salvaguardarli, anche con riserve al riparo dall’impatto dannoso dell’uomo, permette di farli prosperare e preservarne la biodiversità. Gli accordi internazionali prevedono che almeno il 10 per cento delle aree marine e costiere siano protette entro il 2020. Al momento, le zone protette per legge sono il 4 per cento (ma la percentuale si abbassa sotto l’1 se si considerano quelle effettivamente protette). E se aiutare il pianeta non è abbastanza, c’è anche una motivazione economica: 3,2 milioni di persone lavorano in Europa nel turismo costiero e marino e migliorare le aree protette, assicura l’Ue, incrementerebbe questo numero.

4 - Pesca sostenibile

Proteggere gli oceani vuol dire anche puntare sulla pesca sostenibile. Circa un miliardo di persone, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, fa affidamento sul pesce come fonte primaria di proteine animali. Il pesce è tra i prodotti alimentari più scambiati al mondo, con un giro d'affari di circa 130 miliardi di euro annui. Il pesce, però, è una risorsa limitata e con l'aumento della popolazione la domanda è schizzata. Ogni anno, in media, mangiamo 20 chili di pesce a testa (il doppio rispetto a 50 anni fa). L’89 per cento degli stock ittici è ormai utilizzato al massimo del suo limite (58%) o sovrasfruttato (31%). La pesca senza regole, unita all'inquinamento, sta mettendo a rischio intere specie. Ma un’alimentazione sostenibile a base di pesce, dice l’Ue, non è impossibile. Tra le soluzioni cita: incrementare l’acquacoltura, combattere la pesca illegale (si stima sia il 15% del totale), aumentare i controlli, monitorare le attività di pesca, utilizzare meglio i dati scientifici a disposizione. “Dobbiamo promuovere la pesca sostenibile e assicurare le scorte per le prossime generazioni”, è l’appello.

5 - Blue economy sostenibile

A Malta si parla anche di Blue economy sostenibile, ovvero come far fruttare il potenziale dell'oceano per creare lavoro e promuovere l'economia. “Se l’oceano fosse un Paese – ricorda l’Ue – sarebbe la settima più grande potenza economica del mondo”. Per questo, continua, è necessario investire su di esso. Il valore stimato dell’economia oceanica mondiale è di circa 1,3 trilioni di euro e si prevede possa raddoppiare entro il 2030. Di pari passo, aumenterebbero anche i posti di lavoro: attualmente ce ne sono più o meno 350 milioni legati all’oceano. Tanti i settori che potrebbero trarre benefici: dal turismo all’acquacoltura, dall’energia rinnovabile alla biotecnologia. Per svilupparsi in modo sostenibile, spiega l’Ue, la Blue economy ha bisogno di più investimenti, maggiore cooperazione tra le varie parti coinvolte, competenze migliori, più condivisione dei dati.

6 - Sicurezza marittima

L’ultimo punto riguarda la sicurezza marittima. “Mantenere i mari sicuri protegge la pace e la prosperità”, dice l’Ue. Da controllare ci sono 620mila chilometri di costa. Oltre il 90 per cento del commercio mondiale, poi, è via mare. In acqua viaggiano circa 4,5 milioni di navi da pesca e cargo. I marinai al lavoro sui mercantili sono più di 1,5 milioni. Otre 400 milioni, invece, i passeggeri che ogni anno toccano i porti europei. Le minacce alla sicurezza marittima sono tante: la pesca illegale, i pirati (191 attacchi denunciati nel 2016), gli incidenti, i disastri naturali, l’inquinamento, la tratta degli esseri umani. Ma garantirla, avverte l’Ue, non è una sfida individuale: si può vincere solo con la cooperazione internazionale.

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