Vietare i social agli under 16? A Fucecchio la scuola sperimenta la “settimana offline”

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Giulia Floris

Giulia Floris

La proposta francese di limitare l'uso dei social network è rimbalzata anche in Italia. Ma per molti esperti la via del divieto non è percorribile, serve piuttosto un'educazione digitale. Nel comune toscano il professor Giani, per una settimana all'anno, prova con i suoi ragazzi la strada della "disintossicazione". E i risultati si vedono

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Vietare i social sotto i 15 anni di età. È la proposta francese a cui ha fatto seguito l’appello sulla stessa linea della Garante per l’infanzia italiana (che anzi propone di portare il limite a 16 anni). Al momento, infatti, anche se il Gdpr dell’Unione europea prevede già l’età minima dei 16 anni per iscriversi a qualsiasi servizio online, gli stati nazionali possono abbassarla, purché non si scenda sotto i 13 anni. In Italia, come spiega Brunella Greco di Save The Children, “il limite è di 13 anni con il consenso dei genitori e di 14 anni senza, ma il vero problema è che non esiste alcun sistema di Age Verification”. Per cui di fatto, nella realtà, sono moltissimi i bambini di 10-11 anni che hanno già un account Instagram o Tik Tok. Un terreno indubbiamente pieno di rischi: ma la via del divieto non convince tutti. Per molti esperti ed educatori, infatti, il “proibizionismo” non è una strada percorribile per limitare un fenomeno che permea già la nostra società.

L'educatore: "Vietare? Come cercare di fermare il vento con le mani"

Ne è convinto, tra gli altri, Tommaso Giani, insegnante di religione dell’istituto Checchi di Fucecchio che da due anni sperimenta con alcuni ragazzi della scuola la settimana offline.  “Sono scettico sul divieto e soprattutto sulla sua applicazione – dice a Sky TG24 - è come provare a fermare il vento con le mani”. “Ma – aggiunge - come per imparare a guidare serve la patente servirebbe anche la “Patente” per lo smartphone e i social network. Non si possono mettere in mano a ragazzini di 10-11 anni senza una guida. Spesso sono veicolo di bullismo, frustrazione, narcisismo esasperato. Serve l’affiancamento di un adulto, della scuola”.

 

La “settimana offline” dell’istituto Checchi di Fucecchio

E la scuola, in questo caso, ha provato a percorrere una strada che porti ai ragazzi maggiore consapevolezza sull’uso degli smartphone e dei social network. Da settembre 2021 (dopo il periodo più duro della pandemia) l’Istituto Checchi ha lanciato la proposta di una settimana senza smartphone per un piccolo gruppo di ragazzi che nella prima settimana di scuola lasciano i telefonini, custoditi sottochiave dalla preside, e passano una settimana diversa, che prevede anche la convivenza in un ostello, messo a disposizione dal Comune che diede i natali a Montanelli.  La proposta è rivolta a tutti i circa mille studenti dell’istituto ma ogni anno "si fa fatica a trovare il gruppetto di 8-9 ragazzi disposti a partecipare". “Le giornate si articolano così – racconta Giani - la mattina porto i ragazzi a scuola con un pulmino, poi pranziamo insieme in una trattoria convenzionata e il pomeriggio organizziamo delle gite per tutta la Toscana. La sera, quando si torna a dormire in ostello, è il momento più temuto: c’è chi teme di non riuscire ad addormentarsi senza 'la compagnia' del telefonino, ma i ragazzi imparano a riempire il vuoto lasciato dagli smartphone con la musica, i libri, le chiacchiere”. "La settimana - continua - finisce con una cerimonia in cui la preside restituisce il telefono ai ragazzi, che non vedono l’ora di riaverlo”. E una volta tornati a casa torna tutto come prima? “In realtà si torna quasi alla vita di prima – dice Giani - ma in quel quasi c’è qualcosa che fa la differenza: l’aver imparato a ritagliarsi delle finestrelle offline, come ad esempio non guardare il telefonino al cinema o mentre si sta parlando con qualcuno, lasciarlo per due ore in un’altra stanza mentre si studia”.

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Ce lo conferma Giulia, oggi 18enne, che usa i social da quando era in quinta elementare (all’inizio con la supervisione dei genitori) e ha partecipato all’edizione 2021: “Quell’esperienza per me è stata significativa. Quando sono arrivata avevo smesso di leggere, lì in quattro giorni ho fatto fuori un libro, nonostante avessi le giornate molto più piene del solito. Da allora ho ricominciato a leggere e non ho più smesso. Ho anche imparato a fare un uso più consapevole del telefono: quando dormo lo spengo sempre, se esco con gli amici lo lascio in borsa e mi godo la loro compagnia, se studio non lo guardo”. Anche Paolo, che frequenta la quinta superiore e ha partecipato alla settimana offline lo scorso settembre, racconta aver portato a casa qualcosa da questa esperienza: “Impari a dare più importanza a certi momenti, e sviluppi qualche capacità in più di gestire questi strumenti, anche a dare loro meno importanza. Più sei piccolo più dai importanza a quello che vedi, all’immagine di te che puoi dare sui social”. Infine una stoccata al mondo degli adulti: “Penso che tutto parta dalla famiglia, il punto non è vietare, ma se in casa i genitori sono i primi che si isolano  sui social, non c’è niente da fare”.

Il gruppo di ragazzi che ha partecipato alla "Settimana offline" lo scorso settembre con il professor Giani

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