Samsung accusata di pubblicità ingannevole in Australia: ecco perché

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Immagine di archivio (Getty Images)

La Commissione australiana per la concorrenza e i consumatori ha citato in giudizio il colosso di Seul per la diffusione di informazioni false sulla capacità degli smartphone della serie Galaxy di resistere all’acqua 

Samsung è stata citata in giudizio dalla Commissione australiana per la concorrenza e i consumatori (Accc), la quale accusa l’azienda sudcoreana di aver diffuso false informazioni sulla capacità dei propri smartphone di resistere all’acqua. In una nota, l’autorità a tutela dei consumatori imputa al colosso di Seul rappresentazioni false e ingannevoli nelle pubblicità diffuse sui vari media, in cui i dispositivi non solo vengono mostrati come waterproof, ma persino utilizzabili in piscina o sulla tavola da surf. Per l’Accc si tratta di una rappresentazione errata, in quanto gli smartphone non sarebbero adatti all’immersione nell’acqua salata o in quella addizionata di cloro. L’autorità ritiene che Samsung abbia danneggiato i consumatori, privandoli di una scelta informata e rifiutandosi di risarcire i proprietari di smartphone malfunzionanti in seguito all’esposizione con l’acqua. Un’accusa che l’azienda sudcoreana respinge, dichiarando di ottemperare a tutti gli obblighi di garanzia previsti dalla legge australiana.

La posizione di Samsung

La Commissione australiana per la concorrenza e i consumatori contesta oltre 300 spot pubblicitari di Samsung diffusi su varie piattaforme da febbraio 2016 in poi. Per l’Accc, le pubblicità sono ingannevoli, in quanto l’azienda non ha testato le conseguenze sugli smartphone dell’esposizione ad acque diverse da quella dolce e perché non fa valere la garanzia sui dispositivi danneggiati a causa dell’immersione. Sul proprio sito ufficiale, la stessa Samsung ammette che i dispositivi non sono resistenti a tutte le acque e sconsiglia l’uso del Galaxy S10 in spiaggia o in piscina. Generalmente, gli smartphone del colosso di Seul sono waterproof, ma non in tutti i casi rappresentati negli spot pubblicitari contestati dall’autorità a tutela dei consumatori. Ogni violazione segnalata dall’Accc potrebbe essere punita con una sanzione fino a 10 milioni di dollari o pari al 10% del fatturato. Samsung dichiara di aver operato in conformità con la legge australiana e che difenderà il caso davanti alla Corte Federale australiana. 

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