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Napoli e il ricordo di quel 29 aprile 1990, quando fu campione d’Italia per l’ultima volta

Sport
©Getty

Trentatré anni fa ci fu la seconda vittoria del titolo da parte dei partenopei, che festeggiarono il loro scudetto dopo una vittoria per 1-0 contro la Lazio siglata dal giovane Marco Baroni, oggi allenatore del Lecce, su assist di Maradona. Fu un campionato condito da mille polemiche, come la monetina che colpì Alemao a Bergamo, ma che vide vincere la squadra più continua del torneo

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Il 29 aprile del 1990 tutta Italia si sta ormai preparando alle “Notti magiche”, il Mondiale in casa che segnerà l’estate di tanti appassionati. A Napoli, però, prima di concentrarsi sulla Nazionale, c’è un solo pensiero nella testa di tutti i tifosi partenopei: il secondo scudetto. Basta infatti un solo punto contro la Lazio, al San Paolo, per festeggiare il titolo e staccare definitivamente il Milan, quello "degli olandesi" allenato da Arrigo Sacchi che, da lì a qualche settimana, sarebbe anche diventato campione d’Europa. A Fuorigrotta, per incitare i padroni di casa a bissare il successo di tre anni prima, erano giunti anche il ct della Nazionale argentina, Carlo Billardo, e alcuni calciatori, pronti a vedere il loro capitano, Diego Armando Maradona, fare di nuovo la storia in quello che allora era il campionato più bello del mondo, prima di dare l’assalto alla seconda Coppa del Mondo consecutiva. (IL NAPOLI VINCE LO SCUDETTO, GLI AGGIORNAMENTI - I FESTEGGIAMENTI)

L’atmosfera e il protagonista inaspettato

L’aria è quella di uno stadio impaziente di festeggiare, pronto a mettere da parte pure la scaramanzia: infatti, prima della partita, entra in campo una protagonista inattesa, Marisa Laurito, con una maglia azzurra e un numero 2 ben impresso. Con i compagni e il ct in tribuna, assieme alla moglie Claudia e alle figlie Dalma e Yanina, il Pibe suona subito la carica: al 7’, su una punizione dalla trequarti fischiata dall’arbitro Sguizzato di Verona, la palla tesa di Maradona trova la testa di un giovane difensore acquistato dal Napoli quell’anno, Marco Baroni, oggi allenatore in serie A con il Lecce. Il portiere della Lazio, Valerio Fiori, non può prenderla e la palla finisce in rete per l’1-0 dei padroni di casa. Una sfida priva di altri momenti iconici, con i partenopei incapaci di chiuderla (e infatti Fiori risulterà il migliore dei suoi) e la Lazio che da quella partita non ha più molto da chiedere, essendosi ormai ampiamente salvata. Diventa così ininfluente la larga vittoria del Milan sul Bari sul neutro di Bergamo per 4-0, con i tifosi rossoneri che portano comunque in trionfo mister Sacchi con un “Campioni siamo noi”, irreale, visto il momento, ma di buon auspicio visto che appena qualche settimana dopo, il 23 maggio, i rossoneri batteranno il Benfica per 1-0 al Prater di Vienna, diventando campioni d’Europa per la quarta volta ed entrando nella storia con un clamoroso back-to-back in Europa, rimasto un unicum a livello di club fino al Real Madrid di Zinedine Zidane, capace di vincere tre Champions di fila tra il 2016 e il 2018.

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Il film del campionato

“I calciatori e la gente di Napoli si meritano il titolo”. Nei complimenti a fine partita di Arrigo Sacchi si leggono molti dei veleni che hanno accompagnato quel campionato di Serie A. La prima parte di campionato è a forti tinte azzurre, con gli uomini di mister Bigon, che ha preso il posto di Ottavio Bianchi, mister del primo scudetto, in testa sin dalla settima giornata d’andata e in grado di vincere tutte le gare in casa perdendo il primo match di campionato soltanto il 30 dicembre, a Roma contro la Lazio. Dietro si afferma il Milan mentre l’Inter, campione d’Italia in carica perde terreno e la Juventus risente dello shock legato alla morte di Gaetano Scirea, storico capitano bianconero morto in auto in Polonia mentre visionava gli avversari dei bianconeri in Coppa UEFA. Il campionato vive un nuovo dramma proprio nell'ultimo turno d’andata: nella sfida tra Roma e Bologna Lionello Manfredonia, difensore capitolino, viene colto da un malore in campo ma gli infermieri lo salvano in tempo, con l'obbligo per lo stesso calciatore di ritirarsi. Più combattuto il girone di ritorno, con il Milan in grado prima di agguantare e poi di sorpassare il Napoli in campionato, approfittando dello scontro diretto perso dai campani per 3-0 a cui aveva fatto seguito un’altra sconfitta contro l’Inter. Il Napoli però effettua il controsorpasso alla quart’ultima giornata: mentre Il Milan pareggia a Bologna, i partenopei ottengono la vittoria a tavolino a Bergamo a causa di una monetina da 100 lire che colpisce il centrocampista brasiliano Alemao, con il massaggiatore Salvatore Carmando che suggerisce al calciatore di restare a terra. Una decisione contestatissima dal Milan che porta dritti al penultimo turno dei rossoneri al Bentegodi: qui gli uomini di Sacchi rivedono le streghe della “Fatal Verona” del 1973: i padroni di casa vincono per 2-1 e il Milan perde la bussola, con tre espulsi tra gli ospiti, Rijkaard, Van Basten e Costacurta, oltre allo stesso Sacchi. È stata in quella partita che il Napoli, che vince a Bologna per 4-2, ha avuto per la prima volta la quasi certezza di un titolo praticamente suo e ampiamente meritato, considerando soprattutto il gioco espresso tra le mura amiche del San Paolo.

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La festa

Incredibile anche il post-partita. Negli spogliatoi si canta “chi non salta rossonero è” e ad assistere alla scena c’è anche l’indimenticato “Bisteccone”, Gianpiero Galeazzi, che ha un colpo di genio: lasciare a Maradona il microfono. "Per la festa del Napoli Maradona speaker. Vai con le interviste. Vai. Vai!", gli grida l'inviato Rai. Diego si destreggia nello spogliatoio con il microfono in mano. La prima vittima è Ferlaino, poi ci sono Crippa, Carnevale, Alemao, il mister Bigon e perfino il massaggiatore Carmando. Il mister annuncia la sua firma per la prossima stagione, quella che vedrà il Napoli in Coppa dei Campioni; Carnevale medita l’addio e anche lo stesso Maradona sostiene di voler assolutamente restare per giocare la massima competizione europea, allora riservata soltanto ai campioni nazionali, un sogno che poi spezzerà nel gelo dei calci di rigore a Mosca. Per le strade, intanto, c'è un vero e proprio delirio, con petardi, balli per le strade e perfino le boccettine con “le lacrime di Berlusconi”, una fantasiosa trovata di uno psichiatra che, nel 1980, aveva inventato anche il referendum per l’abrogazione della Juventus. In cima allo Stromboli alcuni tifosi partenopei piantano una bandiera di 35 metri. La festa si estende in tutto il mondo: si celebra lo scudetto del Napoli nei quartieri italiani di New York; a Monaco di Baviera, dov’era nato un gemellaggio fra napoletani e tedeschi; a Buenos Aires, dove viene raccontato il secondo scudetto di Maradona, e anche nelle lontane Australia e Canada, dove i club Napoli sparano petardi per ore. Trentatré anni sono passati da quei giorni e l'attesa, ormai, è finita.

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