In Evidenza
altre sezioni
Altro

Per continuare la fruizione del contenuto ruota il dispositivo in posizione verticale

Succession 4, speciale elezioni. La recensione dell’episodio 8 della serie tv

Serie TV sky atlantic

Paolo Nizza

Nicholas Braun, Matthew Macfadyen Foto: Macall Polay/HBO

Tra incendi, cocaina, wasabi e dirette tv, in questa puntata della serie HBO (disponibile su Sky) scopriremo chi sarà il prossimo presidente degli  Stati Uniti e quale potrebbe essere il futuro dell’America e della Waystar Royco. ATTENZIONE: SPOILER

Condividi:

“È peggio di un crimine: è un errore”, diceva Joseph Fouché. E di sbagli marchiani ne commettono una schidionata i protagonisti dell’ottavo episodio della stagione finale di Succession, disponibile su Sky. Una puntata tutta incentrata sull’elezioni elettorali. L’ATN, il network della famiglia Roy, si appresta alla maratona notturna. L’America deve decidere chi sarà il prossimo Presidente. Ma la verità è che forse non contano soltanto i voti gli elettori. Tant’è che in un dialogo si  cita il celebre aforisma: “Chi fara la guardia ai guardiani? versione pop della nota locuzione di Giovenale “Quis custodiet ipsos custodes?, resa celebre negli States dalla Graphic Novel Watchmen. Perché il futuro degli Usa, immaginato da Jesse Armstrong potrebbe avere qualche somiglianza con il cupo capolavoro firmato da Alan Moore.

L'America decide, tra finzione e realtà

La grande fiction televisiva spesso e volentieri, anticipa la realtà e prevede il futuro. Sicché in questo episodio, intitolato in originale America Decides, si riscontrano similitudini con la causa intentata da Dominion Voting Systems contro Fox News per le affermazioni sui brogli delle elezioni del 2020 a favore di Joel Biden. E lo stesso Armstrong ha citato come fonti di ispirazione per la puntate le elezioni american del 1960, del 2000 e del 2016. Grazie alla consulenza di  Eric Schultz, l'ex vice addetto stampa della Casa Bianca, la verosimiglianza è assicurata. Ma la forza di Succession è trasfigurare un confronto politico in un viaggio al termine della notte in cui si palesano Re Lear, Macbeth, Amleto e le loro eterne tragedie.

approfondimento

Succession 4, è qui la festa? La recensione dell’episodio 7

Le informazioni sono come una buona bottiglia di vino

Il regista Andrij Parekh (che guarda caso aveva diretto un episodio della serie Watchmen) firma una puntata in cui il caos regna, ma nulla risulta inafferrabile. In un florilegio di grafici  exit poll, sushi, dati, numeri, voti, telefonate al cellulare si consuma l’ultimo atto di un’elezione che potrebbe cambiare per sempre il Paese. E la maratona elettorale negli ultimi 15 minuti si trasforma nei cento metri piani. Ma lo spettatore non perde mai l’orientamento, nonostante i tanti punti di vista. L’unico punto fermo è che forse Logan aveva ragione: i suoi figli non hanno le qualità per guidare la Waystar Royco, Tom deve coordinare la prima diretta televisiva elettorale senza la supervisione di Logan. E talmente teso da credere di non avere il tempo di andare in bagno. Suppone persino che alcuni dipendenti dell’ATN indossino per l’occasione dei pannoloni per adulti. Ma Darwin, l’analista del network (interpretato dall’attore inglese Adam Godley al suo debutto in Succession) lo rassicura. Tuttavia, la maratona si rivelerà insidiosa e piena di sorprese. A partire da Greg, il fool shakesperano di Succession. Tornato sconvolto dalla serata con Lukas, dove ha danzato con un vecchio e bevuto cose inconsuete, rivela al suo sodale l’alleanza segreta tra Shiv e Mattson. E Tom risponde con una battuta da antologia. “Le informazioni sono come una buona bottiglia di vino. La metti, via, la fai invecchiare, la tieni per un’occasione speciale e poi la spacchi sulla faccia di qualcuno”. Il sapere è potere. Ma questa strana coppia a cui viene affidata la parte più grottesca e sopra le righe (non a caso tirano cocaina per rimanere svegli) è la cartina di tornasole di un mondo che affida poteri illimitati a egotici sprovveduti. E sarà proprio lo svelamento del doppio gioco di Siobhan a determinare da che parte si schiererà la famiglia Roy. Il pulsante dell’ordigno di fine di Mondo, per citare metaforicamente Il Dottor Stranamore verrà premuto dal personaggio il più ottuso della serie.

approfondimento

Succession 4, la recensione dell'episodio 6 della serie tv

Se bruciasse la città

Roman tifa Jeryd Mencken (comparso per la prima volta nell'episodio 6 della terza stagione di Succession), repubblicano di estrema destra con simpatie fasciste. L’Ultraconservatore gli ha assicurato che annullerà l’accordo con GoJo e soprattutto perché gli ha promesso un incarico di prestigio sotto la sua presidenza, Kendall oscilla come un pendolo tra i due candidati, Shiv, invece, caldeggia il democratico Daniel Jiménez, preoccupata dalle idee e dalla morale di Daniel Jiménez, ma pure per interesse personale, visto che non ostacolerebbe l’acquisizione A decidere la sfida è un centro elettorale a Milwaukee dato alle fiamme, con migliaia di schede in fumo. Voti che probabilmente sarebbero andati a Jimenez dato l'elettorato a maggioranza liberale della contea. Shiv ricorda ai suoi fratelli che i voti degli assenti devono essere contabilizzati perché il voto del Wisconsin sia valido, Roman, invece vorrebbe confermare in anticipo, rispetto agli altri network la vittoria di Mencken. Ken, indeciso sul da farsi chiede alla sorella di telefonare all’ex fidanzato Nate per chiedere se Jiménez è disposto a bloccare la vendita di GoJo. Ma quando si accorge che ha finto la telefonata e soprattutto scopre che l’accordo tra Shiv e Mattson, Kendall ufficializza il suo sostegno ai repubblicani. Intanto PGN,  la tv vicina al partito democratico inizia a mandare in onda servizi in cui si accusa Tom della prematura convocazione del voto. L’election day è terminato. All’indomani ci sarà il funerale di Logan e forse si celebrerà pure la morte della democrazia.

approfondimento

Succession 4, la recensione dell’episodio 5 (SPOILER)

Il Wasabi negli occhi

Zero inquadrature di raccordo. Niente scene superflue, mentre le colpe dei padri (fu Logan a sponsorizzare Mecken) ricadono sui figli, ma pure i figli ci mettono del loro. Solo Succession riesce ad appassionare lo spettatore con un episodio in cui sostanzialmente i personaggi spesso si limitano a parlare di continuo al cellulare. 65 minuti si trasfigurano in una spietata analisi del mondo dell’informazione e della politica. Una puntata indimenticabile che brucia quanto del wasabi in un occhio, con l’aggiunta di acqua frizzante aromatizzata al limone. E al solito, basta un dettaglio per comprendere la genialità della serie come svedese che mescola il suo drink. O una battuta di Roman, volgarissima ma assai efficace. “Il Paese è una bella passera che attende di essere s******a e noi siamo eunuchi nella città del sesso“. E tra il sogno americano trasformato in un incubo e il paradosso del gatto di Schrödinger, ci dispiace molto che manchino solo due puntate alla fine della saga della famiglia Roy.

approfondimento

Succession 4, di padre in figlio. La recensione dell’episodio 4