Dal 17 gennaio arriva su Prime Video (visibile anche su Sky Q e tramite la app su Now Smart Stick) la nuova serie TV di Roan Johnson tratta dai romanzi campioni di vendite di Alessandro Robecchi, editi da Sellerio, sulle avventure di Carlo Monterossi, autore televisivo alle prese con vicende criminali dense di ironia e suspense
Dopo il successo de I Delitti del BarLume, la serie tratta dai romanzi di Marco Malvaldi arrivata alla nona a stagione e diventata così la più longeva serie in onda su Sky, Roan Johnson ritorna alla regia di una nuova serie, Monterossi, firmandone anche la sceneggiatura insieme a Davide Lantieri e Alessandro Robecchi, autore dei romanzi di Monterossi.
Fabrizio Bentivoglio veste i panni del protagonista Carlo Monterossi, insieme a lui nel cast Donatella Finocchiaro, Tommaso Ragno, Martina Sammarco. Monterossi andrà in onda in esclusiva su Prime Video(visibile anche su Sky Q e tramite la app su Now Smart Stick) a partire da lunedì 17 gennaio.
Monterossi, la trama della serie tv
Una sera come tante, mentre sorseggia un bicchiere del suo whisky preferito nella sua bella casa milanese, Carlo Monterossi viene disturbato dal suono di quel videocitofono che non ne ha mai voluto sapere di funzionare. Ma alla porta, invece di un fattorino, trova un tizio col volto coperto e una pistola. Piccola. Cromata. Con un buco nero rivolto verso di lui.
Iniziano così le avventure di Monterossi, da un incontro mancato con la morte, in cui viene salvato solo dal caso (e dalla pesantezza di quel bicchiere di cristallo che ha dimenticato di poggiare sul tavolino). È questa la chiamata del destino che lo spinge a indagare. Un po’ perché ha paura e deve capire chi lo vuole uccidere; un po’ perché è arrivato a un punto della vita in cui viene la tentazione di fare dei bilanci: l’amore è solo il ricordo di una donna che se n’è andata, il lavoro di autore tv gli porta soldi e un po’ di fama, ma molte crisi di coscienza e la voglia di andarsene. Un ironico infelice di successo. Gli restano solo l’amato Bob Dylan, l’unico che riesca a dar voce alla sua nostalgia, a trovare le parole; e un desiderio imprescindibile di giustizia. Lo stesso che muove Nadia e Oscar, i suoi due giovani aiutanti presi in prestito dal mondo della tv, e quel manipolo di piedipiatti che con il Monterossi finiranno per collaborare.
Detective per caso, per rabbia e per curiosità umana, sempre in bilico tra ironica indolenza e struggimento blues, nella sua ricerca della verità Carlo Monterossi dovrà confrontarsi con una coppia di killer colti e professionali, due zingari in cerca di vendetta, collezionisti e contrabbandieri di souvenir nazifascisti, incredibili scambi di persona, una donna che sembra vissuta più volte e un passato crudele che ritorna e lascia dietro di sé indecifrabili indizi.
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Monterossi, le parole del regista Roan Johnson
"Quando abbiamo iniziato a leggere i romanzi di Robecchi, a me e Davide Lantieri è apparso chiaro che il nostro lavoro sarebbe stato quello di esaltare il potenziale cinematografico dei libri. Dialoghi brillanti e taglienti, un altalenare fra l’olimpo degli attici della televisione e i bassifondi dei campi Rom e delle case popolari, una reinvenzione del genere crime grazie a un distacco ironico e autoironico, prima di tutto del suo protagonista.
Insieme a Robecchi abbiamo quindi approfondito il tema più importante del personaggio: questo scontro interno del Monterossi fra un tentativo di indagare e sporcarsi le mani con la modernità (con i suoi pregi e difetti – e quale altra città in Italia poteva raccontarlo meglio di Milano?), ma rimanendo attaccato, quasi in una posizione difensiva, arroccata e malinconica, al ventaglio di valori e lotte di un mondo passato dove Monterossi si è formato e fermato... fino a che non vengono a sparargli dentro casa.
Per questo abbiamo provato a massimizzare, intanto scendendo nel suo inconscio, attraverso i sogni che invadono le sue notti, poi portando in vita il rimpianto nostalgico più grande di Carlo: l’amore della sua vita (per citare una definizione che i nostri tempi sembrano aver spazzato via) e rendendo il divario con Nadia ancora più ampio – facendola di seconda generazione, e quindi ancora più una novità rispetto al mondo che Monterossi conosceva.
Durante la scelta delle location sapevamo da dove partire, e cioè dalla casa del nostro protagonista: doveva avere una personalità forte e di un tempo passato, ma che vedesse la nuova Milano dalle sue finestre, dando l’impressione che Monterossi quasi fosse assediato in una roccaforte, attorno alla quale la modernità sembra avanzare ogni giorno di più con le sue gru e le luci seducenti. Quel nemico lo spaventa e lo disorienta (è un testo che non riesce più a decifrare) ma anche che lo sorprende e lo arricchisce ogni volta che gli va incontro.
Questo lavoro è stato fatto anche durante il casting, la scelta dei costumi, il ragionamento sulla fotografia, e soprattutto nel lavoro con gli attori. Questo mescolamento del basso e dell’alto, del crime e dell’ironia, di un mondo contraddittorio e paradossale, è stato il faro che ci ha guidato per non perderci anche noi nel gioco di specchi del contemporaneo. Lo sguardo attraverso il quale si filtrava tutto questo era chiaro: quello di un Monterossi, il migliore fra i perdenti, che vive dentro di sé la fatica di essere se stesso, ma cercando un senso di giustizia seppur scivoloso che gli permetta di guardarsi allo specchio la mattina.
Mi ricordo il giorno quando ho conosciuto Alessandro Robecchi. Avevo solo letto i suoi romanzi, non sapevamo nemmeno se mai il progetto sarebbe andato in porto. Ma il momento in cui l’ho conosciuto ho avuto una piccola ma importante certezza: Monterossi era un suo alter ego (si era scritto più giovane solo per mescolare le carte) e c’era solo un attore che gli era cugino, se non fratello, con quello stesso DNA di milanese cresciuto negli anni Settanta, che poteva avere quello sguardo beffardo ma caldo, malinconico ma curioso, severo ma ironico: Fabrizio Bentivoglio."
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Fabrizio Bentivoglio è Carlo Monterossi
Un buon borghese, un agiato bon vivant che sa mischiare come in un cocktail ironia e malinconia, disposto a ridere di sé, e quindi di tutto quanto. Carlo Monterossi è un autore televisivo, pentito di quel che è diventata la sua creatura: aveva pensato di raccontare con tocco leggero le vite della gente normale, ma i meccanismi del mercato, il cinismo della Grande Tivù Commerciale e la diabolica bravura della conduttrice, Flora De Pisis, hanno trasformato tutto in tivù della lacrima facile, cinismo, pornografia dei sentimenti, tra corna rivelate in diretta e cronaca nera trasformata in spettacolo. Ascolti altissimi, ovvio. Carlo Monterossi si trova quindi ad essere invidiato e ammirato, molto ben pagato, per un lavoro che detesta, da cui tenta maldestramente di fuggire.
Lucia, il grande amore, che se n’è andata da qualche anno, proprio ora si riaffaccia in città, la malinconia è ai livelli di guardia. Carlo incappa nella sua prima indagine per caso, uno sconosciuto gli spara e lo manca per pochissimo, la polizia non capisce, e lui invece, vuole capire. Ma quelle di Carlo Monterossi non sono soltanto indagini, sono immersioni nelle vite degli altri. Vittime e colpevoli, investigatori, testimoni: ogni vita gli interessa, ogni sfumatura, ogni movimento in quella città multistrato che è Milano, dagli interni scintillanti della capitale della moda e del design alle periferie più lontane, ai bar malfamati. Lui, che è un vincente involontario, osserva la varia umanità che popola le sue indagini, con una predilezione per i deboli e i perdenti, con un senso di giustizia profondo. A volte scopre delle cose, altre no, ma la sua osservazione del mondo e degli eventi è già un’indagine, un’esplorazione ironica e umana, guidata dall’istinto, dai versi del suo poeta-consigliere Bob Dylan, e, se è il caso, da un buon whisky. Lui fa quel suo sorriso, perché capisce le cose, e perché contiene del blues.
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Monterossi: Donatella Finocchiaro è Lucia
Decisa, libera, coraggiosa. Lucia se n’è andata a Londra per fare “quello che qui non si può fare”, cioè giornalismo indipendente, sul campo, che sia un teatro di guerra o un’inchiesta scomoda in giro per il mondo. Una scelta di vita, mentre Carlo è rimasto qui, a vergognarsi delle sue storie pettinate per la tivù, il che aumenta malinconie e rimpianti. Da pochissimo, Lucia è tornata a Milano: la Rete le offre un programma, Carlo rischia di vedere in ogni istante nei corridoi dell’azienda quello che spesso vede in sogno, cioè Lucia che torna, le cose che si sistemano, tra gelosie assurde e speranze, forse altrettanto assurde. Lucia non raccoglie, si muove nel mondo di Carlo come una visione, ma molto concreta, avvolta dal suo fascino.
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Monterossi: Luca Nucera è Oscar Falcone
Passati i trent’anni, Oscar Falcone non saprebbe dire esattamente qual è il suo lavoro. Un po’ giornalista di cronaca nera, un po’ investigatore, un po’ esploratore urbano, raccoglitore di fatti e notizie, cacciatore di informazioni. È amico fraterno di Monterossi, che saltuariamente lo ingaggia a Crazy Love, la trasmissione-spazzatura di Flora De Pisis. Oscar Falcone è uno che sa dove guardare e a chi chiedere, che siano poliziotti o balordi, bravo a muoversi in quelle zone grigie della città dove si incontrano la Milano perbene e quella per male. Se c’è qualcosa o qualcuno da trovare, Oscar Falcone lo trova. Misterioso, riservato fino alla paranoia, di Oscar Falcone non si sa niente. Compare e scompare nella città, conosce ogni piega, ogni angolo, e torna sempre con qualche notizia, novità, punto importante per le indagini che conduce con Carlo e Nadia.
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Monterossi: Martina Sammarco è Nadia Fderici
Due lauree, più lingue parlate, l’intelligenza pronta e reattiva, eppure Nadia Federici è intrappolata nel manicomio televisivo di Crazy Love grazie ai buoni uffici di Carlo Monterossi. È a lui che deve quel lavoro che non le piace, dove è sprecata. La sua complicità con Carlo è spigolosa e genuina. Nadia Federici, con i suoi problemi di cuore – la fidanzata l’ha appena lasciata in malo modo – i suoi segreti e la sua abilità, è una perfetta esploratrice del presente. Con un computer in mano può sapere quasi tutto, trovare tutto, ricostruire vite e storie, dividendosi compiti operativi e visioni del mondo con Carlo e Oscar Falcone. Nadia è la generazione del precariato della conoscenza, veloce, connessa, rapida, così che le capita di guardare il Monterossi come un “boomer” di buon cuore, e glielo fa notare prendendolo in giro. Così ecco che in un modo un po’ strano sono amici sul serio, e di Nadia ci si può fidare.
Monterossi: Diego Ribon è Tarcisio Ghezzi
Poliziotto di basso rango, sbirro da appostamento, cane da polpaccio. Tarcisio Ghezzi vanta trent’anni in Polizia – è sovrintendente –, una grande esperienza che ne ha temprato la burbera umanità. È uno che capisce, che vuole guardare le cose da vicino, che sa intuire e comprendere le motivazioni dei delinquenti a cui dà la caccia, che ne conosce le vite e le angosce. Una passione per i travestimenti e le missioni sotto copertura e un’abilità straordinaria nel collegare fatti e indizi, Ghezzi ha un suo approccio per ogni indagine, sa che dietro ogni delitto c’è una motivazione e dietro quella motivazione, un uomo che ne è stato travolto. Come Carlo Monterossi, anche lui si occupa delle vite degli altri, ne è attratto, curioso, empatico con le vittime e capace di indagare nei cuori dei colpevoli, perché sa pensare come loro. Così, negli anni, ha maturato un suo codice etico, una legge morale che punta a raddrizzare le ingiustizie, ma non si fa troppe illusioni e può capitare che questo suo rigore lo porti a qualche frizione con i capi. La signora Rosa, che lo aspetta a casa con amore protettivo e spiccio, è il suo rifugio dalle brutture del mondo che vede fuori, anche se quando è lì con lei non vede l’ora di tornare alle sue indagini.
Monterossi: Tommaso Ragno è Pasquale Carella
Scontroso fino all’antipatia manifesta, rude, ruvido sempre, Carella è un lupo solitario che prende le cose sul personale, promette giustizia alle vittime, non si dà pace finché il caso non è risolto. Là dove Ghezzi è morbido e intuitivo, lui è rapido e velenoso, poco incline al perdono e alla comprensione. Carella sa di trovarsi in un punto scomodo della catena, quello dove si vede il sangue, il dolore, la ferocia, e tutto questo non è ancora diventato un faldone giudici e avvocati. Si sente sul campo, ogni indagine diventa una questione di principio, come se lo riguardasse da vicino, come se il delitto fosse un torto fatto a lui, cosa che non sempre facilita il lavoro. Succede che Ghezzi debba tenerlo a bada, ma anche Carella ha un sistema etico piuttosto rigido: lui vuole prendere i cattivi, anche a costo di scavalcare qualche regolamento, e va dritto al punto, non è facile imbrigliarlo.
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Monterossi: Maria Paiato è Katia Sironi
Se Carlo Monterossi medita continuamente di lasciare quell’impasto di cinismo e volgarità che è Crazy Love, Katia Sironi è la sua guardiana. Schietta e diretta, è l’agente di Carlo, la regina dei contratti e la maga delle percentuali. È lei che ha trasformato un’idea di Carlo in un portento di profitti per la tivù. Katia è la tivù vista dalla parte dei soldi: clausole, esclusive, trattative, curve degli ascolti. In più, ha Carlo da tenere a bada, perché non lasci la miniera d’oro. Burbera e spietata, Katia Sironi ha un debole per quel suo cliente così bravo a inventare storie, sa che è una brava persona, ma questo non la esime dall’esercitare tutto il suo cinismo commerciale, unito a lezioni di vita che Carlo subisce di malavoglia. Ma lei non si scompone più di tanto, sa che chi sventola numeri e soldi finisce spesso per avere ragione.
Monterossi: Carla Signoris è Flora De Pisis
Flora De Pisis, la conduttrice di Crazy Love, è una regina indiscussa e indiscutibile, troneggia senza rivali in cima alle curve degli ascolti guidando il suo circo di amori complicati, naufragi familiari, voyerismi e delitti in cui trovare – da qualche parte – un lato umano che faccia salire gli ascolti. Il suo motto è “Anche questo fa fare l’amore!”, a chiosare tutte quelle storie grottescamente false e “pettinate” per la tivù. Più spettatori, più spettacolo con il dolore degli altri, più popolarità: questi sono i fari che guidano Flora, che considera Carlo un campione nell’ammaestrare storie e vite da scaraventare davanti al pubblico, svariati milioni di persone. Amica, rassicurante, persino romantica durante la diretta, a telecamere accese, Flora diventa diabolica appena scende dal palco: una macchina da guerra, una iena che sa apprezzare solo certe frasi, come: “Sì, Flora”, “Certo, Flora”. Una regina, appunto.