Con 1994 la serie (in onda dal 4 ottobre) si conclude il viaggio al termine della Notte (nel senso di Leonardo). Abbiamo incontrato Stefano Accorsi che ci ha raccontato l'evoluzione del suo personaggio e il suo rapporto con gli altri personaggi del cast
“A tratti percepisco tra indistinto brusio. Particolari in chiaro.” Su questi versi, cantati dai CSI, si manifesta Leonardo Notte, l’uomo tornato dal regno dei morti. È risorto perché “ferita era la benda non il braccio”, per citare Macbeth. E c’è qualcosa di shakespeariano in questo personaggio magnificamente interpretato da Stefano Accorsi. In 1994, Leo termina il suo viaggio oltre la morale, la sua odissea al di là del bene e del male. Come il villain di un sofisticato videogame, Notte affronta livelli di difficoltà sempre più perigliosi e complessi, affronta boss implacabili e feroci e li sconfigge con le armi di Iago. Non a caso in una scena con un insolitamente affranto Silvio Berlusconi, Leonardo cita un passo del vangelo apocrifo copto del II secolo: "Se fai accadere quello che c'è in te, quello che farai accadere ti salverà. Se non fai accadere quel che c'è in te, quel che non avrai fatto accadere ti ucciderà". Cosi, affabile, acuto e affascinante, Stefano Accorsi, in abito scuro e camicia bianca, ci introduce alle atmosfere del capitolo finale della trilogia. È l’anno della restaurazione, E in questo senso Accorsi risulta talmente bravo, efficace e convincente sia nella serie 1994, sia nell’intervista, che potrebbe interpretare un meraviglioso Charles-Maurice de Talleyrand-Périgord, magari in un remake di “A cena col diavolo”.
Come ti sei preparato per questa ultima, splendida stagione di 1994?
Ogni capitolo della serie ha avuto una preparazione diversa. In 1994, Leonardo muore, risorge e vince su tutta la linea. Quindi può mostrare tutta la sua influenza e la sua capacità di gestire il potere in modo completamente amorale, ma senza più nascondersi. Quello che trovo molto interessante è che in questa stagione non vengono mai snaturati i personaggi. Arrivano al potere, ma non ne sentono il peso, sono svincolati da qualsiasi tipo di morale. L’unico loro scopo è che la coalizione regga ad ogni costo. Il loro ultimo fine è far approvare le leggi che rivoluzioneranno il Paese. In 1992 e in 1993, abbiamo lavorato molto sulla segretezza e sulla solitudine di Leonardo Notte. In 1994, invece, anche se resta un solitario, il mio personaggio porta finalmente a compimento se stesso.
Trovo che in Leo alberghi qualcosa dei grandi cattivi shakespeariani, oltre a essere un personaggio universale, che supera i confini dell’epoca in cui la serie è ambientata
È vero, con Leonardo Notte ho avuto il mio Iago. E, in effetti la serie assume una dimensione universale. La storia che raccontiamo si trasfigura in un’allegoria. Non a caso, è stata vista da tanti ragazzi giovani e venduta in molti Paesi all’estero. C’è qualcosa che prescinde dall’italianità.
Che ricordi hai del 1994?
Moltissimi, rammento il confronto televisivo tra Silvio Berlusconi e Achille Occhetto, l’abbraccio ad Arcore tra il Cavaliere e Umberto Bossi. Il primo comizio di Silvio a Milano. Ricordo che lo vidi insieme a una mia amica. Sapevo che non avrei mai votato per Berlusconi, ma ero allibito che tutto quel marketing avesse quella presa e al tempo stesso comprendevo l’importanza e la fascinazione di essere testimone di quello che stava accadendo.
A proposito di incontri, in questa stagione, per la prima volta interagisci con Pietro Bosco, il personaggio interpretato da Guido Caprino.
Sul set è stato fantastico, ci siamo divertiti con Guido, Paolo Pierobon, Marcello Mazzarella. Tra un ciak e l’altro, si continuava a lavorare, mettendo a fuoco i nostri personaggi, limando i dialoghi o aggiungendo delle battute in collaborazione con gli sceneggiatori. Certo, Leonardo Notte e Pietro Bosco non hanno nulla in comune. Quando si incontrano sono come due fiammiferi che iniziano a strofinarsi e fare scintille. A Bosco uno come Notte non può che stare sulle scatole, mentre Leo vede Guido come un poveraccio che non sa ottenere ciò che vuole perché è succube dei suoi demoni, dei suoi fantasmi.
E invece la relazione con Veronica Castello?
Il personaggio interpretato da Miriam Leone è fondamentale in 1994. In questa stagione tra i due si instaura un rapporto particolare, sono davvero “Partner in Crime”. In realtà Leonardo e Veronica sono molto simili e hanno tante cose in comune.
Come è stato, lavorare con Paolo Pierobon che intrepreta uno straordinario Silvio Berlusconi creando, credo, un cortocircuito tra finzione e realtà?
Personalmente sono stato contento che in 1994 sia stato molto sviluppato il personaggio del Cavaliere. Sul set Paolo era il nostro capo e lo vivevamo come tale. Possedeva quel carisma, quell’autorevolezza. E’ esaltante lavorare con attori così bravi.
Usciresti una sera con Leonardo Notte?
Certamente. Mi farei grasse risate insieme a Leo. Mi affascina sempre chi ha una visione così disincantata del mondo. È un uomo cinico, ma intelligente. Io poi non sopporto la retorica, i luoghi comuni, il benpensantismo.
Infine, perché guardare 1994?
È un modo divertente di riscoprire la nostra storia e leggerla in filigrana. Le vicende che raccontiamo in questa serie sono all’origine di quello che sta accadendo oggi. All’epoca c’era solo Silvio Berlusconi che utilizzava i media di sua proprietà per amplificare la propria voce, il proprio pensiero. Oggi con i social lo fanno quasi tutti i politici.