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Perché 51 anni fa il White Album dei Beatles finì nel processo per omicidio di Sharon Tate

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Camilla Sernagiotto

©Getty

Il 19 gennaio '71 il White Album fu ascoltato per il processo dell'omicidio della moglie di Roman Polanski, l’attrice massacrata all'8° mese e mezzo di gravidanza dai seguaci della setta di Manson. Piggies, Helter Skelter, Happiness Is a Warm Gun e Revolution 9 avrebbero ispirato il delirio omicida. Ma coincidenze strane potrebbero gettare ombre misteriose su un altro famoso monumento dello spettacolo: il Dakota Building. Residenza di NY in cui fu girato Rosemary’s Baby di Polanski e in cui fu ucciso Lennon

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Il 19 gennaio del 1971, esattamente 51 anni fa, alcune tracce del disco The Beatles (noto anche come White Album) vennero ascoltate in tribunale durante il processo dell'omicidio di Sharon Tate, l'attrice moglie del regista Roman Polanski che fu brutalmente uccisa all'ottavo mese e mezzo di gravidanza dai seguaci della setta di Charles Manson.

Lo stesso Manson ha dichiarato di essere stato ispirato da quel disco, motivo per cui trascinò i suoi idoli, i Beatles, in uno dei processi più tristemente celebri della storia degli Stati Uniti.

Piggies, Helter Skelter, Happiness Is a Warm Gun e Revolution 9 sono le quattro canzoni facenti parte della tracklist del White Album da cui Manson sarebbe stato ispirato. In Revolution 9 pare che abbia addirittura udito i Beatles sussurrargli la frase «Charlie, Charlie, mandaci un telegramma», come racconta Ed Sanders nel saggio La “Famiglia” di Charles Manson - Gli assassini di Sharon Tate.

Helter Skelter fu invece ciò che i seguaci della Family scrissero sulle pareti della casa di Sharon Tate dopo averla massacrata, utilizzando il sangue di lei.

“Death to Pigs” ed “Healter Skelter” (quest’ultima scritta riportava un errore ortografico, Healter con una "s" in più, rispetto al brano dei Beatles) rimandavano a Piggies e all’altra celebre hit del gruppo.

Everywhere there's lots of piggies/Playing piggy pranks/You can see them on their trotters/At the piggy banks/Paying piggy thanks/To thee pig brother”. (Dovunque ci sono tanti porci/Che fanno scherzi da porco/Puoi vederli, coi loro zoccoletti/Ai salvadanai/Che rendono grazie porcine/Al loro Grande Porcello), recita il testo di Piggies.

Inoltre il cadavere di Leno LaBianca - una delle vittime degli omicidi seriali della Family di Manson - fu ritrovato a Los Angeles il giorno dopo l’eccidio di Cielo Drive, il 10 agosto 1969, con una forchetta conficcata nello stomaco e la scritta death to pigs dipinta con il sangue della stessa vittima su una parete dell'appartamento. La circostanza sembrerebbe alludere all'ultimo verso della canzone Piggies, che recita «Clutching forks and knives to eat their bacon», (ossia: forchetta e coltello in pugno per divorare il bacon).

Benché durante il processo si sia parlato del disco dei Beatles come possibile molla che ha fatto scattare il delirio omicida, ci sono parecchie coincidenze strane di cui mai è stata fatta menzione che potrebbero gettare ombre misteriose su un altro famoso “monumento” dello spettacolo: il Dakota Building.

Si tratta della residenza newyorkese in cui fu girato il film Rosemary’s Baby di Roman Polanski e in cui dodici anni dopo fu assassinato John Lennon. L’ex Beatle si era trasferito proprio lì, nel lussuosissimo Dakota Building, assieme alla moglie Yoko Ono.
Sono innumerevoli e assai strane le coincidenze, che analizzeremo nei prossimi paragrafi. Dal set di Rosemary’s Baby situato proprio nel Dakota fino a una scena del film in cui si vede un party in cui la protagonista Mia Farrow, nei panni di Rosemary incinta, invita nell’appartamento del Dakota alcuni amici (tra cui compare Sharon Tate, non accreditata) fino al fatto che durante il processo a Manson si scoprì che nella sua lista nera c’erano molte altre star, tra cui Frank Sinatra (che era il marito di Mia Farrow mentre questa recitava in Rosemary’s Baby e che le chiese il divorzio proprio a causa di quella pellicola, come vi spiegheremo di seguito), i punti oscuri in cui il tassello mancante di un suggestivo puzzle risulterebbe essere proprio il Dakota sono parecchi.
Non da ultimo, un dettaglio relativo alla moglie di Leno LaBianca, uccisa assieme al marito da Manson e dalla sua setta il giorno dopo il massacro di Cielo Drive a casa di Sharon Tate: la signora LaBianca si chiamava Rosemary.

Il Dakota Building

La palazzina Dakota è una delle costruzioni più celebri della New York musicale e cinematografica non solo perché dimora di artisti e set di film famosi, ma purtroppo anche (e soprattutto) per una sorta di maledizione che spesso la vide al centro della cronaca nera americana.
Uno dei fatti che la resero nota risale all’8 dicembre 1980, giorno in cui John Lennon fu ucciso dai cinque colpi di pistola di Mark David Chapman proprio di fronte all’ingresso del Dakota in cui l’ex-beatle abitava assieme a Yoko Ono.
Nonostante ciò, il Dakota rimase un palazzo in cui vivere divenne un fatto alla moda per l’alta società newyorkese, tanto da renderlo la dimora di alcune tra le più celebri star mondiali come Paul Simon, Bela Lugosi, Bono, Judy Garland e Lauren Bacall.
Chiunque desideri traslocare in uno degli appartamenti della palazzina neo-gotica, infatti, è convinto che l’omicidio dell’ex cantante dei Beatles sia stata una sfortunata coincidenza nonché un caso isolato, lontano dalla diceria riguardante il destino “maudit” di chi vi fa’ il proprio ingresso. Questo fato maledetto è attribuibile alla posizione del condominio che pare giaccia su un antico cimitero indiano.
Benché tutto ciò che appare anche lontanamente macabro e sinistro negli USA si dice sia stato costruito sopra le rovine di un cimitero indiano, il Dakota è indubbiamente l’edificio che si ricollega a due tra le più note tragedie americane: direttamente all’assassinio di John Lennon, indirettamente alla strage compiuta dalla Family di Charles Manson nella villa del regista Roman Polanski.

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Il film Rosemary’s Baby

Il 1968 vide l’uscita del film del regista polacco naturalizzato francese dal titolo Rosemary’s Baby la cui trama è incentrata sulla nascita dell’Anticristo, il figlio del diavolo di cui Rosemary è inconsciamente gravida.
La protagonista, interpretata da una giovanissima Mia Farrow, si è appena trasferita con il marito in un appartamento del “Branford”, nome fittizio con il quale il Dakota viene designato. Nonostante il miglior amico di Rosemary le consigli vivamente di non trasferirsi in quella che chiamavano “la casa del diavolo” per via di un inquilino ottocentesco esperto di stregoneria che annunciò di aver evocato Satana, la coppia decide ugualmente di stabilirvisi; di lì a poco il marito della donna prometterà alla setta satanica composta dagli inquilini del palazzo il proprio figlio in cambio del successo, suggellando il leggendario “patto del diavolo” di derivazione goethiana.

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L’inquietante parallelo tra Sharon Tate e Rosemary

Rosemary’s Baby uscì il 12 giugno del 1968. Quasi un anno più tardi un terribile fatto è destinato a gettare oscure ombre sulla pellicola: il 9 agosto del 1969 la moglie del regista, Sharon Tate, viene torturata e assassinata assieme agli ospiti di un party indetto nella sua villa di Cielo Drive da una delle sette più note della storia, ossia la Family di Charles Manson.
Ciò che appare inquietante è il parallelo tra la vicenda e una delle scene di Rosemary’s Baby: nel film la protagonista, già incinta di alcuni mesi, organizza una festa nel proprio appartamento del Dakota invitando vecchi amici; tra gli ospiti, compare la moglie del regista, l’attrice Sharon Tate, benché non accreditata nei titoli di coda.
La strana coincidenza rimanda alla scena purtroppo reale del massacro indetto da Manson: la Tate, non più invitata ma padrona di casa, organizza un party nella propria abitazione con alcuni amici di vecchia data e viene assassinata da una setta satanica, incinta all’ottavo mese.
L’unica differenza, oltre al fatto che Rosemary non verrà uccisa dalla setta del film, è che alla festa di Sharon Tate non presenzia suo marito, mentre John Cassavetes (che interpreta il marito di Rosemary) partecipa al party. Il regista Roman Polanski non era presente la notte degli omicidi perché si trovava a Londra per cercare le location di un film che avrebbe dovuto produrre e dirigere, Il giorno del delfino.

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Le scritte “Death to Pigs” e “Helter Skelter” che rimandano ai Beatles

Quando la polizia fece irruzione nella villa di Polanski, trovò uno scenario raccapricciante che si componeva di cadaveri e di inquietanti scritte sui muri che recitavano due frasi: “Death to Pigs” ed “Helter Skelter”. La prima suona come un insulto rivolto alle vittime, considerate dalla Family alla stregua di maiali da macellare, con riferimento a un brano del White Album dei Beatles, Piggies (anche se la frase che rimanda ai Pigs - come venivano chiamati i poliziotti - potrebbe essere stata scelta con l’intento di far ricadere la colpa dell’eccidio sulla comunità afroamericana). La seconda, trovata sullo specchio della camera da letto e sul frigorifero, scritta con il sangue di Sharon Tate, è il titolo ben più riconoscibile di uno dei brani del suddetto celebre disco dei Beatles. I seguaci di Manson però lo scrissero male, con un errore: Healter Skelter.

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Manson incolpa i Beatles

Quando Charles Manson venne arrestato come mandante degli omicidi, spiegò di essere stato ispirato proprio da quel disco (The Beatles, alias il White Album) e, in particolare, dalla canzone Helter Skelter; dichiarò di aver scoperto un messaggio profetico a lui indirizzato che gli ordinava di diffondere il caos, dunque pianificò l’uccisione della Tate al fine di far ricadere la colpa sulla comunità afroamericana e dare così l’avvio a una guerra di razze.


Manson vide i Beatles come i Quattro Angeli dell’Apocalisse menzionati nel libro Rivelazione del Nuovo Testamento, credendo che le loro canzoni dicessero a lui e ai suoi adepti di prepararsi (“Look out, cos’ here she comes!”), quindi chiamò la guerra che stava per scatenare proprio “Helter Skelter”, traducibile in “caos, finimondo”.

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Una vendetta per il film Rosemary’s Baby?

Il motivo per il quale Charles Manson intendeva uccidere Roman Polanski e la moglie apparve al processo estremamente banale: perché erano star milionarie che meritavano di morire come maiali, nel delirio di Manson.  
Nessuno pensò di cercare altri moventi, essendo chiara la fragilità psichica del soggetto in questione, tuttavia alcune coincidenze particolari farebbero sospettare una specie di vendetta ai danni del regista proprio a causa di quel suo film: Rosemary’s Baby.

Anche se Manson non si professò mai satanista, ma anzi la reincarnazione di Gesù Cristo, le sue idee e le azioni della sua cerchia sono sempre state giudicate quelle tipiche di una setta satanica simile a quella del film di Polanski.
Inoltre alcuni membri della Family credevano che Manson fosse la reincarnazione di Gesù Cristo e di Satana insieme, come riporta Ed Sanders nel libro La "Famiglia" di Charles Manson. Gli assassini di Sharon Tate.
Nel caso ci si soffermasse sul presunto sentimento cattolico di cui la Family si dichiarava animata, gli omicidi potrebbero apparire come una punizione inferta a chi commette il peccato di adorare Satana.

Polanski collaborò con Anton Lavey, fondatore della Chiesa di Satana

A questo proposito è interessante sapere che Polanski durante le riprese di Rosemary’s Baby si avvalse della collaborazione di Anton Lavey, fondatore della Chiesa di Satana nel 1966; questo famoso satanista americano si era avvicinato all’occultismo nel 1951 attraverso le teorie di Aleister Crowley, dopodiché aveva maturato proprie idee che stanno alla base della sua Chiesa.
Benché non risulti facile crederlo, questa Chiesa godeva della simpatia da parte dei media grazie al supporto di alcune star dello spettacolo tra cui spiccavano i nomi di Jayne Mansfield e, guarda caso, di Roman Polanski.
Soltanto dopo le stragi di Charles Manson i media americani iniziarono una crociata anti-satanista che spinse Anton Lavey a ridimensionare la sua Chiesa di Satana (la cui attività riprenderà a pieno regime negli anni ’80 grazie alla nomina a reverendo di Marilyn Manson).

Il nome di un’altra vittima di Manson: Rosemary

Questa nostra ipotesi, relativa a una punizione inferta dalla Family ai danni di chi aveva creato una pellicola satanica come quella di Rosemary’s Baby, è certamente troppo azzardata. Ma altri due particolari concorrano a renderla suggestiva; il primo risale al 10 agosto 1969, giorno seguente la strage in casa Polanski in cui Charles Manson ordina ai suoi seguaci un altro massacro, stavolta ai danni di Leno La Bianca e di sua moglie; non si tratta di star milionarie del cinema o della musica, tuttavia Pasqualino (detto Leno) era un facoltoso dirigente d'azienda, così facoltoso che nel 1967 lui e la moglie comprarono una casa precedentemente appartenuta a Walt Disney (sempre per rimanere a tema star milionarie del cinema). I coniugi La Bianca rivendettero quella casa poco dopo, nel 1968, per trasferirsi in quella ipresso cui poi vennero assassinati.
Una grande coincidenza? La donna assassinata, la moglie di Leno LaBianca, ha un nome significativo: Rosemary.

Headshot of Sharon Tate (1943-1969), US actress, circa 1965. (Photo by Silver Screen Collection/Getty Images)

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Frank Sinatra nella lista nera di Manson (sposato con Mia Farrow durante Rosemary’s Baby)

La seconda coincidenza emerge in occasione del processo, nel momento in cui emersero le identità di tanti altri personaggi famosi che comparivano sulla lista nera di Charles Manson: tra questi, spicca quello di Frank Sinatra.
Ciò potrebbe apparire insignificante, ma non se calato nel contesto di quell’anno: “The Voice” aveva da poco sposato una ragazza di vent’anni più giovane, creando uno scandalo di proporzioni considerevoli nell’America di quel tempo. A causa dello scalpore che ne era nato, Sinatra decise di chiedere il divorzio alla sua giovane moglie, portandole di persona i documenti di separazione sul set del film in cui la consorte stava recitando.
Le carte del divorzio vennero così firmate da Mia Farrow nell’appartamento del Dakota, proprio sul set di Rosmary’s Baby.
Pare inoltre che Sinatra decise di divorziare dalla moglie “perché, quando le chiese di abbandonare le riprese di Rosemary's Baby dopo che tre quarti del film erano stati girati per recitare con lui in The Detective, lei si rifiutò“, ha dichiarato Darwin Porter, biografo di Sinatra, al The Express nel 2013.

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Charles Manson, John Lennon e i Beach Boys

Se da un lato questi indizi non bastano a fornire una prova circa il peso che Rosemary's Baby può aver avuto nella vicenda della morte della moglie del regista, dall’altro Manson potrebbe essere collegato alla palazzina Dakota almeno per un altro omicidio: quello di John Lennon.

È risaputo che Manson fosse un appassionato fan dei Beatles al punto di voler diventare non solo una rockstar, ma quasi il quinto membro del suo gruppo preferito.
A tal pro nel 1967 imparò a suonare la chitarra e nell’estate del 1968 registrò alcuni suoi pezzi in uno studio di Los Angeles. I soldi per le incisioni li ottenne da Dennis Wilson, batterista dei Beach Boys conosciuto tramite due seguaci della Family; i brani registrati non ottennero però il successo sperato, facendo precipitare Manson nello sconforto. A ciò si aggiunse la rabbia causata dal rifacimento della sua canzone, Cease to Exist, da parte dei Beach Boys che, a sua detta, si sarebbero limitati a modificare il titolo in Never Learn Not to Love e a cambiare qualche verso e bridge per poi inserirlo nel loro disco 20/20 del 1969.

Il produttore musicale che Dennis Wilson dei Beach Boys presentò a Manson

Inizialmente colpito dal talento musicale di Manson, è da notare che Wilson lo presentò alla sua cerchia di amici del music business, incluso Terry Melcher, produttore musicale della Columbia (figlio di Doris Day) la cui casa a Cielo Drive sarebbe stata in seguito affittata al regista Roman Polański e a sua moglie, l'attrice Sharon Tate.

Manson ha dichiarato dopo gli omicidi che il suo obiettivo era quello di far penetrare i seguaci nella villa di proprietà di Terry Melcher, l’artista e produttore musicale che aveva inizialmente espresso interesse per la sua musica ma che poi si era rifiutato di scritturarlo per la Columbia Records. Eppure Manson si era recato in quella villa in precedenza sperando di incontrare nuovamente Melcher ma era stato allontanato da un fotografo amico di Sharon Tate che gli aveva fatto sapere che la villa era abitata da Roman Polański e Sharon Tate, attrice e moglie del regista. Quindi Manson sapeva che nella villa di Cielo Drive i suoi seguaci non avrebbero trovato Terry Melcher bensì Polanski e sua moglie.

Un altro fan dei Beatles che si macchia di sangue: Mark David Chapman

È strano che sulla lista nera di Manson non siano mai apparsi i nomi dei Beach Boys da un lato e quelli dei Faboulous Four dall’altro, anche se nel secondo caso a qualcuno potrebbe sembrare strana una considerazione di questo tipo: i Beatles erano gli idoli indiscussi di Manson, dunque sarebbe stato improbabile pianificarne anche solo la torsione di un capello.
Eppure quella che si rivelò molto più della torsione di un capello, ovvero l’omicidio di John Lennon, ebbe come protagonista proprio un fan animato dal medesimo ardore che Manson nutriva per i Beatles: Mark David Chapman.
Anche lui, esattamente come il capo della Family, sognava di diventare famoso, ma il suo desiderio non si “limitava” alla volontà di essere uno dei Beatles: innanzitutto la sua idolatria aveva come totem in particolare Lennon e, in secondo luogo, Chapman non sperava di diventare semplicemente come il suo mito, bensì voleva trasformarsi in John Lennon stesso, arrivando nella sua ossessione al punto di sposare una sosia di Yoko Ono.

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Diventare famosi uccidendo persone famose

Esattamente come Manson, pure Chapman aveva architettato l’omicidio di una star in previsione dell’attenzione che avrebbe attirato su di sé e delle luci della ribalta di cui sarebbe stato finalmente protagonista. Per un attimo l’ex guardia giurata, tossicodipendente e malato di mente Mark David Chapman avrebbe potuto tramutarsi in John Lennon, solamente nel momento in cui avrebbe premuto il grilletto contro di lui.
In tribunale tentò di giustificarsi dicendo che si era accorto che Lennon stava tradendo gli ideali della sua generazione e che quindi, sentendosi investito della missione di punirlo, gli sparò. Anche Chapman voleva punire qualcuno, qualcuno che aveva peccato.
Ma di cosa si era macchiato Lennon? Se si decidesse di analizzare il caso dal punto di vista di un fan dei Beatles, l’elenco dei peccati occuperebbe con ogni probabilità decine di pagine, ma per quanto concerne il parallelo tra la punizione inflitta a Polanski e quella a John Lennon, si potrebbe nuovamente parlare di satanismo.

C’entra il satanismo?

Esistono numerosi elementi che collegano i Beatles al lato oscuro, primo tra tutti uno dei loro album più importanti dal punto di vista storico: Sergent Pepper’s Lonely Hearts Club Band del 1966.
Non è il disco in sé ad avere tracce di occultismo ma la sua famosa copertina, che mostra le facce di molti personaggi “fondamentali per l’evoluzione artistica del gruppo”, come i Beatles stessi dichiararono. In mezzo alle tante effigi che vanno da Marx a Edgar Allan Poe, compare un viso allora poco noto che Lennon volle inserire ad ogni costo. Avendogli già impedito l’inserimento di Adolf Hitler, McCartney e gli altri permisero al cantante di attaccare quel volto; si tratta di Aleister Crowley, uno stregone esperto di occultismo che ispirò negli anni Cinquanta proprio quell’Anton Lavey di cui Polanski si servì per rendere credibili i rituali satanici presenti in Rosmary’s Baby.
Nello stesso anno in cui uscì Sergent Pepper, Lennon dichiarò in un’intervista: “Siamo più importanti di Gesù Cristo, chissà se dureremo più noi Betales o il Cristianesimo”, mentre Ringo aggiunse: “Noi siamo antipapisti e anticristiani”.
Queste parole provocarono un’insurrezione da parte degli integralisti americani e l’etichetta di satanisti venne apposta sulla grancassa della band; le scuse che Lennon fu costretto a porgere pubblicamente non bastarono a debellare l’alone diabolico di cui ormai il quartetto era ammantato, inoltre i Beatles iniziarono a essere coinvolti in un altro fatto oscuro, ossia dell’inserimento di messaggi subliminali nascosti nei loro dischi, intelligibili solo ascoltando i solchi a rovescio.

Il messaggio subliminale della canzone Revolution n. 9

Tra questi, quello ritenuto più di tutti un’evidente prova del satanismo del gruppo venne scoperto nel pezzo “Revolution n. 9” in cui una voce nasale continua a ripetere “number nine, number nine, number nine”: se la frase viene ascoltata al contrario, diventa “Turn me on, Dead Man” (eccitami, uomo morto); alcuni esegeti dotati di una fervida fantasia sono arrivati a sostenere che l’uomo morto in questione sarebbe proprio Gesù Cristo e che quindi la frase suonerebbe blasfema e satanica. E comunque quel "nine", 9, se capovolto cosa diventa? Un 6. E se ripetuto a oltranza, almeno per tre volte, a cosa rimanda? Ebbene sì, a Satana...
A prescindere da tutte le interpretazioni affibbiate a qualunque nota, gesto o parola dei Beatles, l’unico legame con il satanismo che sia mai stato provato sarebbe quello che unisce John Lennon a Charles Manson.
Il capo della setta arrivò a far convocare il cantante al banco degli imputati, accusato di averlo spinto a uccidere per mezzo di alcune sue canzoni come Helter Skelter.
Nonostante quel pezzo sia stato scritto da Paul McCartney (anche se riporta la firma sia sua sia di Lennon), colpe e onori furono tributati solo al cofirmatario, così come dodici anni dopo fece Chapman. Però nel 1980 il suo fan, dimentico degli onori, si soffermò esclusivamente sulle colpe del cantante, a suo avviso traditore della sua generazione. Però, se vogliamo continuare ad azzardare ipotesi, si potrebbe anche considerare Lennon quale vittima castigata dal folle religiosissimo Chapman proprio a causa della piega satanica che il musicista stava prendendo (benché c’è chi sostiene che Chapman non fosse un fervente religioso prima di finire in carcere).
L’omicida di John Lennon si è però sempre dichiarato un fervente cristiano evangelico.

Il romanzo Il giovane Holden

Mentre Charles Manson ha dichiarato di essere stato spinto a uccidere dal White Album dei Beatles, Mark David Chapman ha invece dato “la colpa” a un libro. Durante il processo, rivelò di essere stato fortemente influenzato dal romanzo di Salinger “Il giovane Holden”, di cui aveva una copia con sé al momento dell’uccisione (quando la polizia arrivò sulla scena del crimine, Chapman si trovava ancora lì a leggere le pagine del romanzo).

Chapman confessò di essersi recato a New York un’altra volta, in passato, con l’obiettivo di uccidere Lennon, ma di non esserci riuscito. Solo davanti al Dakota ce la fece.

Probabilmente tutto ciò che è stato detto in questo articolo fino a ora è semplicemente legato da piccole coincidenze di poco valore, ma se Manson ha commesso ciò che ha commesso forse per colpa di un film girato nel Dakota, ha detto di essere stato ispirato da Lennon e Lennon dodici anni dopo è stato ucciso proprio davanti a quel palazzo da un mitomane munito di una copia de “Il giovane Holden” da cui dice di aver tratto ispirazione, siamo proprio sicuri che Salinger il 27 gennaio del 2010 sia morto a Cornish, nel New Hampshire, e non al Dakota di New York? Chiaramente questa è una boutade.

Invece non è affatto una boutade un’ultima cosa: ne Il giovane Holden il sedicenne Holden Caufield girovaga per le strade di New York. Una delle frasi più celebri del libro è: “Sa le anatre che stanno in quello stagno vicino a Central Park South? Mi saprebbe dire per caso dove vanno le anatre quando il lago gela?”

Fino ad ora non abbiamo sottolineato dove si trova il Dakota Building: per chi non lo sapesse, si affaccia proprio su Central Park.

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