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Nina Simone moriva 20 anni fa. Da Mississippi Goddam a Four Women, le 10 canzoni simbolo

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Leggenda della musica jazz, soul, blues e non solo, è morta in Francia il 21 aprile del 2003. Nata il 21 febbraio del 1933 in North Carolina, il suo vero nome era Eunice Kathleen Waymon. Eccellente pianista oltre che cantante, voce della comunità afroamericana, è stata anche un’attivista per i diritti civili. La ricordiamo ripercorrendo 10 dei suoi brani più famosi

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Il 21 aprile del 2003 si spegneva in Francia Nina Simone, leggenda della musica jazz, soul, blues e non solo. Voce della comunità afroamericana e attivista per i diritti civili, eccellente pianista oltre che cantante, è nata il 21 febbraio del 1933 in North Carolina. Il suo vero nome era Eunice Kathleen Waymon, ma ha scelto di diventare sul palco Nina Simone: Nina come niña in spagnolo, il nomignolo con cui la chiamava un vecchio fidanzato, Simone come Simone Signoret. A vent’anni dalla scomparsa, ricordiamo quest’artista senza tempo ripercorrendo 10 delle sue canzoni più famose.

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My Baby Just Cares For Me (1958)

Partiamo da quella che è considerata una delle canzoni più belle di Nina Simone: My Baby Just Cares For Me del 1958. Si tratta di una cover di un brano degli anni Trenta, ma quella di Nina Simone è sicuramente la versione più conosciuta. Fa parte dell’album di debutto dell’artista, Little Girl Blue - Jazz as played in an exclusive side street club. Ma la canzone è rimasta quasi sconosciuta fino al 1987, quando la stilista Coco Chanel l’ha scelta come colonna sonora della campagna pubblicitaria televisiva del profumo Chanel No. 5. Lo spot ha avuto un successo enorme e il brano è entrato nelle classifiche di diversi Paesi, diventando uno dei maggiori successi di Nina Simone. È stato realizzato anche un video musicale diretto da Peter Lord. In molti, in quegli anni, hanno riscoperto la musica di quest’artista, diventata un’icona del jazz. Tanto che, dopo un periodo di pausa, Nina Simone è partita per un tour mondiale: alla fine di ogni spettacolo cantava proprio questo brano, che l’aveva aiutata a tornare in pista.

I loves you Porgy (1958)

Fa parte del primo album di Nina Simone anche I loves you Porgy. Anche in questo caso si tratta di una cover: la canzone arriva da Porgy and Bess, opera di George Gershwin degli anni Trenta che racconta la storia d’amore tra Porgy e Bess. Con questo brano Nina Simone vince il Grammy Hall of Fame Award nel 2000.

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Mississippi Goddam (1964)

Tra le canzoni più incisive di Nina Simone, diventata un inno per i diritti civili, c’è Mississippi Goddam. Il brano fa parte dell’album Nina Simone in Concert in 1964, nel quale ci sono le registrazioni di alcuni concerti tenuti dall’artista qualche mese prima alla Carnegie Hall. La canzone, ha raccontato Nina Simone, è stata scritta in meno di un’ora e rappresenta la sua reazione, furiosa e lucida, dopo l’omicidio nel 1963 dell’attivista e politico statunitense afroamericano Medgar Evers in Mississippi e l’attentato a sfondo razziale che ha ucciso quattro bambine nere avvenuto nello stesso anno alla 16th Street Baptist Church di Birmingham, in Alabama. Il brano, con parole crude, denuncia le violenze che la comunità nera americana sopporta da secoli. Un linguaggio talmente esplicito che diverse stazioni radio decidono di non trasmetterlo. Per Nina Simone è un momento cruciale: diventa amica diMartin Luther King e di Malcolm X e la sua carriera, come la sua vita, ha una svolta attivista.

Don’t Let Me Be Misunderstood (1964)

Altra canzone celebre di Nina Simone, che nel corso degli anni è stata reinterpretata da diversi artisti, è Don’t Let Me Be Misunderstood, presente nell’album Broadway-Blues-Ballads del 1964. Il brano è stato scritto da Bennie Benjamin, Gloria Caldwell e Sol Marcus. Racconta la complessità delle emozioni umane, la paura dell’artista di essere fraintesa dal suo amante, il suo bisogno di essere compresa. Ancora una volta, mette in mostra lo stile vocale unico di Nina Simone, con una melodia lenta e profonda che si abbina perfettamente alla sua voce roca.

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I Put a Spell on You (1965)

Nel 1965 esce l’album I Put a Spell on You. La prima traccia è la canzone omonima. Si tratta della cover di un brano di Screamin' Jay Hawkins del 1956 diventato un classico: nel corso degli anni è stato interpretato da diversi artisti, con la versione di Nina Simone che è una delle più celebri. La voce potente ed emotiva della cantante è accompagnata da una melodia lenta e sensuale. Il testo parla di una donna che cerca di riconquistare il suo amato.

Feeling Good (1965)

Altra canzone famosissima di Nina Simone è Feeling Good. Il brano è stato scritto da Anthony Newley e Leslie Bricusse per il musical del 1964 The Roar of the Greasepaint - The Smell of the Crowd. Ma la versione di Simone, pubblicata nel 1965 nell’album I Put a Spell on You, è diventata l'interpretazione definitiva della canzone, tanto che spesso viene accreditata a lei e molte delle cover degli anni successivi si ispirano a questa versione e non all’originale. La voce dell’artista, che alterna sussurri a suoni potentissimi, è accompagnata da un'orchestra jazz. Il testo racconta di un senso di liberazione ed emancipazione, con frasi come: “It’s a new dawn, it’s a new day, it’s a new life for me, and I’m feeling good” (“È una nuova alba, è un nuovo giorno, è una nuova vita per me e mi sento bene”).

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Four Women (1966)

Altra celebre canzone è Four Women, scritta da Nina Simone e pubblicata nel 1966 nell’album Wild Is the Wind. Il testo è una denuncia contro il razzismo, il sessismo e le altre lotte affrontate dalle donne nere in America. È anche un atto d’accusa contro il modo troppo semplificato con cui le donne di colore sono descritte nell’arte e sui media. Parla infatti di quattro donne afroamericane, ognuna delle quali rappresenta uno stereotipo afro-americano nella società. C’è Sarah, costretta a sopportare i lavori più pesanti e umili; Saffronia, che ha la pelle più chiara perché suo padre è un uomo bianco ricco e potente che ha stuprato sua madre; Sweet Thing, che vende il proprio corpo; Peaches, la ribelle che non vuole accettare la condizione delle donne nere e urla il suo nome come un grido di battaglia. Nina Simone ha raccontato di aver scritto il brano dopo alcune conversazioni con donne nere. “Sembrava che tutte soffrissimo di odio verso noi stesse. Odiavamo la nostra carnagione, i nostri capelli, i nostri corpi. Mi resi conto che quei sentimenti su noi stesse erano frutto del lavaggio del cervello che ci avevano fatto qualche uomo nero e molti uomini bianchi”, ha detto. La canzone costò all’artista diverse critiche e alcune radio si rifiutarono di passarla.

I Wish I Knew How It Would Feel To Be Free (1967)

Altro inno per i diritti civili, scritto da Billy Taylor e Dick Dallas, è I Wish I Knew How It Would Feel to Be Free. La canzone è stata registrata da Nina Simone nel 1967 ed è presente nel suo album Silk & Soul: la sua versione è subito diventata un classico. La voce dell’artista, piena di sentimento, si adatta in modo perfetto alla melodia ispirata al gospel. Il testo parla del desiderio di libertà e uguaglianza, insieme alla speranza che prima o poi tutti potranno vivere in un mondo senza discriminazioni.

Ain’t Got No, I Got Life (1968)

Un classico del repertorio di Nina Simone è Ain't Got No, I Got Life, singolo del 1968 tratto dal suo album Nuff Said. Per scriverlo, l’artista ha mescolato due canzoni: Ain't Got No e I Got Life, dal musical Hair. Un’interpretazione audace e potente, che ha fatto guadagnare a Simone popolarità anche tra un nuovo pubblico più giovane. Con una melodia allegra e orecchiabile, attraverso questo brano la cantante celebra le cose semplici della vita ed esprime il suo rifiuto per i beni materiali e le convenzioni sociali.

To Be Young, Gifted and Black (1969)

Una delle canzoni più famose di Nina Simone è To Be Young, Gifted and Black: scritta insieme a Weldon Irvine, è dedicata all’amica, scrittrice e attivista Lorraine Hansberry (la sua opera più celebre è A Raisin in the Sun). La cantante l’ha eseguita per la prima volta nel 1969 durante l'Harlem Cultural Festival che poi è stato al centro del film documentario del 2021 Summer of Soul. Anche questo brano è diventato un inno del movimento per i diritti civili: celebra la bellezza, il talento e la resilienza delle persone di colore, sottolineando l’importanza di essere orgogliosi del proprio retaggio.