“Alambre PúA”: Bad Bunny e il dolore che graffia l’amore

Musica
Giuditta Avellina

Giuditta Avellina

©Getty

Con Alambre PúA, Bad Bunny inaugura una nuova fase della sua carriera: più intima, cruda e personale. Il brano, presentato a sorpresa a Porto Rico e già diventato l’inno d’apertura dei suoi concerti, racconta un amore tossico e totalizzante, usando il filo spinato come potente metafora emotiva. Tra wrestling, sensualità ferita e produzione minimale, l’artista portoricano firma una delle sue confessioni più viscerali.

Nessuna hit estiva, nessun reggaeton da playlist. Solo una frase che taglia come una lama: “Me amarraste el corazón con alambre de púA”“Mi hai legato il cuore con filo spinato”. Così Bad Bunny ha aperto, l’11 luglio al Coliseo di Puerto Rico, il suo nuovo show. Nessun annuncio, nessun singolo promozionale. Solo una canzone inedita, cupa, sensuale e dolorosa che ha lasciato il pubblico in silenzio.
Alambre PúA è più di un brano: è una ferita trasformata in musica, un atto d’amore che graffia, stringe, non lascia scampo. È l’inizio — e forse il manifesto — della fase più personale dell’artista portoricano.

Il testo: tra legami tossici e sensualità malinconica

Il titolo è già una ferita aperta: l’alambre de púA, il filo spinato, diventa la metafora di un amore che non si limita a stringere, ma graffia, lacera, lascia il segno. Bad Bunny canta di una relazione che lo ha “arrotolato” su se stesso, che ha lasciato cicatrici, ma anche un’attrazione che non si riesce a spezzare. I versi sono scarni, quasi sussurrati, eppure densi di immagini: “Contigo yo me arrebato sin fumar”, “No sabía que aquella iba a ser la última ve’” (“Con te mi sballo senza nemmeno fumare. Non sapevo che quella sarebbe stata l’ultima volta”). C’è tenerezza, rimpianto, ma soprattutto una sensualità ferita, che vibra senza mai esplodere.

Il wrestling come simbolo: la cultura portoricana che ritorna

Non è un caso che l’immagine del filo spinato abbia radici precise: richiama l’estetica del wrestling estremo portoricano degli anni ’90, un mondo che Bad Bunny conosce bene, e che ha sempre usato come specchio narrativo per parlare di sé. I combattimenti con filo spinato non erano solo violenti: erano teatrali, crudi, emotivamente totali. Proprio come questa canzone. Anche la cover di Alambre PúA, con la sua gamba nuda stretta da un filo spinato, rafforza l’associazione tra corpo, ferita e passione.

Produzione minimale, impatto emotivo massimo

Prodotta da Tainy, la traccia abbandona ogni orpello. Niente ritornelli catchy, nessun climax: c’è solo un andamento circolare, ipnotico, quasi ossessivo. È musica da ascolto più che da ballo, pensata per accogliere — non per distrarre. E in questo senso, segna una continuità con le atmosfere cupe e introspettive di Nadie Sabe Lo Que Va a Pasar Mañana, ma con un’immediatezza ancora più spiazzante. Qui non c’è bisogno di costruire un concept: basta un’immagine, una ferita, un’emozione da lasciare fluire. Alambre PúA apre tutti i concerti della nuova residency a San Juan (No Me Quiero Ir De Aquí) e sta già diventando un inno tra i fan più devoti. Non per la melodia, ma per l’onestà nuda con cui Bad Bunny mette a nudo il cuore. È una canzone che non cerca di piacere a tutti, ma che parla direttamente a chi ha vissuto un amore che stringe troppo forte. Il filo spinato non è solo una metafora romantica: è il simbolo di un artista che sceglie di non essere più accomodante. E che continua a raccontare sé stesso senza paura di graffiare.

Da “Un Preview” a “Alambre PúA”: il filo scuro di un’evoluzione

Alambre PúA rappresenta un nuovo stadio nell’evoluzione emotiva di Bad Bunny. Se Un Preview (2023) era un addio malinconico alle atmosfere solari e reggaeton di Un Verano Sin Ti, con toni soft e vagamente romantici, DTMF ha invece tracciato la prima vera discesa nell’ombra: ego, paranoia, fama, identità. Un disco cupo, elettronico, senza compromessi. Alambre PúA nasce da lì, ma taglia ancora più in profondità, rinunciando del tutto alla forma canzone radiofonica per lasciare spazio a una confessione cruda, diretta, visiva. In questo senso, è come se Un Preview fosse stato il saluto all’esterno, DTMF la guerra interiore, e Alambre PúA la cicatrice rimasta. Non serve un album per dirlo: basta un'immagine. E quella del filo spinato, oggi, parla più di mille ritornelli.

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