
Rolling Stone pubblica la classifica dei 200 cantanti migliori di sempre. Ecco la top 20
La rivista ha stilato la classifica delle 200 migliori voci ascoltate nell’ultimo secolo di musica pop. Come spesso accade anche questa volta non sono mancate le polemiche per delle inevitabili assenze e delle inattese presenze. Rolling Stone ha tuttavia fatto sapere che il suo è un elenco fatto tenendo presente “i migliori cantanti e non le migliori voci”. Vediamo ora quali sono gli artisti che, partendo da questo presupposto, hanno occupato le prime venti posizioni

Difficile non tributare il giusto “respect” a una voce come quella di Aretha Franklin. Devono averlo pensato anche nella redazione di RS dove hanno dato alla regina del soul la sua corona, senza troppe discussioni. La leggendaria cantante di classici come Chain of Fools e Think, colei che aveva coltivato il suo talento a bottega dalla leggendaria Mahalia Jackson, oggi è la numero uno di tante classifiche. Un risultato quasi ovvio perché lei in fondo, come dice Mary J. Blige, è “la ragione per cui le donne vogliono cantare”
80 anni fa nasceva Aretha, i duetti indimenticabili
Whitney Houston è inevitabilmente uno dei primi nomi che vengono in mente subito dopo Aretha Franklin. Anche lei con una vita non sempre facile (eufemismo) e dotata di un talento esploso precocissimo, Houston è cresciuta con una madre cantante gospel e come Aretha anche lei ha iniziato a mettere subito a frutto il suo talento cantando anche in chiesa. Un ascesa cui seguirà un declino altrettanto rapido che però non cancelleranno quella voce straordinaria, destinata a rimbombare ancora anche a più di dieci anni dalla sua morte
Whitney, una nuova clip dal film
Sam Cooke sapeva cantare con la sua voce praticamente qualsiasi cosa. Provate a mettere in bocca a un altro versi come “Don't know much about a science book, don't know much about the French I took. But I do know that I love you” e avrete una banale canzonetta d’amore non al livello della sua Wonderful World. Cooke è stato tuttavia anche un artista impegnato, attento alle tematiche sociali e ai diritti civili, una voce in grado di cantare capolavori come A Change Is Gonna Come del 1964
Un decennio senza Whitney, i cinque grandi successi
Billie Holiday ha saputo dar voce alla sofferenza meglio di tutte e tutti, forse perché quelle sofferenze le ha subite sulla sua pelle. Il suo collaboratore Tony Scott disse di lei: “Billie Holiday è stata e sempre sarà un simbolo della solitudine: una vittima dell'american way of life come donna, come nera e come cantante jazz”. Lady Day ha subito le angherie di una società non pronta a lei e al suo messaggio, esemplificato da quella Strange Fruit che era un inno anti-razzista in un periodo storico in cui non era semplice cantare di certe tematiche
Gli Stati Uniti contro Billie Holiday, la recensione del film
Mariah Carey ha preso il Natale e lo ha trasformato nel suo regno: ha fatto l’impossibile, aggiungendo un nuovo classico a un canzoniere delle feste che sembrava ormai immutabile. Limitarsi però a parlare di All I Want for Christmas Is You sarebbe quantomeno ingiusto, visto che Mariah ha prestato la sua ugola a svariate hit che hanno fatto la storia dell’r&b. Impossibile ascoltarla e restare indifferenti di fronte a una voce capace di raggiungere con naturalezza le cinque ottave
Quanto guadagna Mariah Carey con "All I Want For Christmas Is You"
Nei suoi 73 anni di vita Ray Charles pubblicò 104 dischi e 51 album. Una carriera prodigiosa, iniziata nel 1949 e terminata a un passo dalla morte. La sua storia è quella di un uomo in grado di andare ben oltre la sua disabilità, esplorando con la sua musica confini che altri si ostinavano a vedere e che per lui evidentemente non esistevano. Jazz, blues, country… tutto entrava nel suo repertorio, rielaborato e riletto nel suo modo unico. Oggi la sua Georgia of my Mind è l’inno dello stato dove è nato. Un riconoscimento che forse vale più di mille parole

Dopo Ray Charles è il turno di Stevie Wonder, quasi a confermare come per fare grande musica non serva per forza una vista da lince. L’autore di Living for the City era un musicista ma anche un cantante straordinario, in grado di modulare la sua voce in maniera assolutamente versatile. Wonder è stato capace di comprendere i problemi del mondo attorno a lui e si è impegnato perché il mondo cambiasse, anche grazie alla sua arte. Pezzi come Sir Duke evidenziano infine come Stevie Wonder abbia avuto sempre l’umiltà di tirare fuori il meglio da ciò che ascoltava

Alzi la mano chi, ai tempi delle Destiny Child, avrebbe pensato che Beyoncé sarebbe diventato ciò che è oggi. Nel 2023 Queen Bee è più di una grande cantante: è un simbolo, un’icona globale in grado di sopravvivere in un mondo musicale che mastica e sputa fuori gli idoli nel giro di un paio di dischi. Con la sua voce sa fare tutto ma Beyoncé Knowels oggi è troppo oltre il concetto di cantante: è una regina capace di creare spettacoli completi e di cui ancora forse non abbiamo esplorato tutto il potenziale

Il potenziale di Otis Redding era ancora enorme e fa specie pensare come l’autore di capolavori come (Sittin' on) The Dock of the Bay sia riuscito a lasciare tanti rimpianti dietro di sé in così poco tempo. Senza quel maledetto incidente aereo quanta musica avrebbe potuto ancora regalarci, con la sua inconfondibile voce ruvida eppure caldissima. Quando volete coglierne la grandezza ascoltate le sue cover di Beatles e Rolling Stones: è facile dimenticarsi che certe canzoni siano state cantate da altri prima quando è lui a riporporle

Esiste una voce più morbida di quella di Al Green? Difficile non lasciarsi abbracciare dalla sua meravigliosa tonalità, in grado di cantare tutte le sfumature dell’amore dal più delicato a più carnale senza perdere un briciolo di eleganza

Little Richard è sempre andato al limite: con la sua voce, con il suo modo di suonare e anche con il suo modo di vivere. Non si diventa d’altronde per caso uno dei padrini del rock

Difficile ricordarsi John Lennon per la voce. Quel ragazzo di Liverpool era “larger than life” , come si diceva dalle sue parti, e quello che era e voleva trasmettere forse ha fatto dimenticare in parte il suo talento più puro: inni come Imagine però non sarebbero arrivati al nostro cuore così direttamente se certe parole non fossero state veicolate da una tale voce

Patsy Cline è un nome magari meno famoso dei precedenti a queste latitudini, essendo sostanzialmente il simbolo di quel country che vive e prospera soprattutto negli Stati Uniti. Un bel peccato, soprattutto se si considera la voce melodiosa di questa ragazza che non siamo riusciti mai a veder diventare matura. Un altro incidente aereo, alla soglia dei trent’anni, ci ha privato di un talento che era forse troppo cristallino per questa terra

Freddie Mercury è “il” cantante. Gli stessi Queen hanno provato mille volte a rinascere senza avere sul palco la trascinante carica del performer nato a Zanzibar, fallendo più o meno fragorosamente. Questo perché Freddie non aveva limiti: qualunque cosa la sua mente immaginasse la sua voce era in grado di cantarla. Una grande ugola nel corpo di uno showman completo. Tutti hanno provato a essere Freddie Mercury ma nessuno ci è riuscito

“Io sono le mie parole”, diceva Bob Dylan quasi a voler togliere lui stesso importanza alla sua voce. Eppure quella timbrica unica, che va oltre qualunque concezione di “bel canto” oggi viene rivalutata. Forse un artista così unico e anticonformista non poteva che essere valutato attraverso nuovi parametri

Rolling Stone fa giustamente notare come i cori di Prince siano unici. Qui invece ci limitiamo a constatare quanto l’artista di Minneapolis fosse in grado di mantenere la sua straordinaria voce sempre al massimo, in una carriera che tante volte è arrivata a flirtare con l’iperattività. Prince creava canzoni con la facilità con cui respirava e mai la sua ugola ha rinunciato a stare al passo

Frank Sinatra era “The Voice”, la voce. Basterebbe questo per spiegare la sua inclusione in questa classifica. Era una sineddoche che camminava. Lo strumento che lo ha reso famoso è diventato così iconico da fruttargli un soprannome con cui ci si riferisce immediatamente a lui. Un po’ come se si fosse soprannominato Pelé “A pena” (la gamba) o Michael Jordan “The arm”

Marvin Gaye entrò alla Motown di Detroit e la rivoluzionò: soul e r&b potevano essere con lui la base per autentici inni pacifisti come What’s Going On o per canzoni perfette per fare da sottofondo a un amore passionale come Let’s Get It On