Måneskin spaccano gli strumenti sul palco al concerto di Las Vegas: è polemica sui social

Musica

Camilla Sernagiotto

©Getty

La band romana ha concluso il proprio tour statunitense con un live a Las Vegas in cui hanno spaccato tutto quanto: chitarre, basso, batteria. "Gesti profondamente fuori tempo", si legge in rete. E ancora: "Si vede che si sono dimenticati di quando suonavano per strada e non potevano permettersi strumenti di un certo livello”. Questi sono alcuni dei commenti apparsi sui social network in queste ore

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I Måneskin hanno concluso ieri il loro tour statunitense con un concerto a Las Vegas in cui hanno spaccato tutto quanto: chitarre, basso, batteria, tutto.

L’indignazione in rete si è levata praticamente nell'immediato, non appena la band stessa ha postato su Instagram video e foto che documentano il momento in cui gli strumenti musicali sono stati fatti a pezzi.
"Gesti profondamente fuori tempo",  si legge in un commento. "Si vede che si sono dimenticati di quando suonavano per strada e non potevano permettersi strumenti di un certo livello”, recita un altro messaggio. Questi sono solo alcuni dei commenti apparsi sui social network in queste ore.

 

In fondo a questo articolo potete guardare il post su Instagram pubblicato ieri dai Måneskin.

Le parole dei Måneskin

"Questo non era affatto previsto e forse abbiamo un po' esagerato, ma ci è piaciuto!”, con queste parole inizia la didascalia del post dei Måneskin.  

“Caos e distruzione a Las Vegas a parte, il nostro viaggio nordamericano è appena finito e già ci manca tutto. Non potremmo essere più felici del tempo trascorso con voi e dell’amore che ci avete dimostrato! L’energia che avete portato a ogni singolo concerto ha reso questo tour semplicemente memorabile. Contando i giorni fino al nostro ritorno. Vi amiamo, grazie", hanno scritto Damiano e soci su Instagram a corredo di scatti e video.

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In rete tante reazioni critiche

Sono numerosi i commenti di sdegno che stanno comparendo sotto il post di Damiano, Victoria, Ethan e Thomas.

"Anni 70/80, il rock era cultura e cambiamento. Crisi e frattura con il passato. Quei gesti erano simbolici. Perdonatemi, ho imparato ad apprezzare la vostra musica ma questi gesti sono profondamente fuori tempo, irrispettosi verso chi si fa debiti per acquistarne uno strumento e rigorosamente non rock se poi mi taggate Gucci. Fate musica, sapete farla. Lasciate perdere l'esibizionismo stupido. Non ne avete bisogno”, scrive un utente.

"Dear Maneskin, mio figlio a Babbo Natale ha chiesto una chitarra perché come voi vorrebbe 'essere rock e far ballare la gente'. Vederla in frantumi è uno schiaffo ai sogni e alla miseria, non è rock, non è ribellione, è pure un deja vu vecchiotto e banalotto. Se vi avanzano, regalatele ai bambini. Costruite sogni, non rompeteli!”, si legge in un altro commento su Instagram.
E un altro recita: “Questa cosa la trovo penosa. Si vede che si sono dimenticati di quando suonavano per strada e non potevano permettersi strumenti di un certo livello. Bisognerebbe non dimenticarsi mai da dove si è partiti”.
Ancora: “È uno schiaffo in faccia a chi non può permettersi uno strumento e soprattutto irrispettoso nei confronti di chi ha realizzato lo strumento".

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Le critiche si levano in rete

“Ma perché? State scendendo un po' in basso, prima vi stimavo, ma il successo (purtroppo) vi ha dato alla testa”, si sfoga così un utente di IG.

"Cosa avete voluto dimostrare? Lo facevano i grandi del rock, ok, ma non va imitato proprio tutto, soprattutto i comportamenti riprovevoli. È stato un gesto stupido e profondamente irrispettoso che merita l'unfollow. E mi dispiace, ma l'intelligenza viene prima di tutto. Non dimostrate di essere rock, ma di essere superficiali e volgari. Magari in Via del Corso c'è qualche ragazzino come voi che sta suonando mentre sogna di sfondare, cercando di raggruppare pochi euro per comprarsi una chitarra migliore e voi, che fate? Spaccate tutta la strumentazione per poi, tra l'altro, taggare Gucci? Cosa siete diventati? Il rock è decisamente un'altra cosa", afferma un altro ex follower.

Non solo su Instagram la band romana dei record è nel mirino delle polemiche: anche sull'altro social network, quello dove le polemiche viaggiano a velocità incontrollata (Twitter), ne stanno venendo fuori.

"I Måneskin che spaccano tutto a un concerto. Mamma mia che disagio. Regalateli a chi non può comprarseli e ha davvero voglia di suonare, piuttosto che spaccarli", questo è un altro dei tantissimi tweet che in queste ore si stanno stratificando in rete.

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La tradizione rock del rompere le chitarre

Se si pensa che esattamente un mese fa una chitarra spaccata di Kurt Cobain è stata venduta all'asta per mezzo milione di dollari, si può ben intuire come la tradizione di rompere gli strumenti musicali sia radicata nella cultura rock.

Ma già ai tempi di chi ha fatto per primo il rock (e il grunge) questa era una pratica talvolta criticata, soprattutto da chi nutre un intenso amore per la musica e per i suoi strumenti e che quindi rabbrividisce al solo pensiero di fargli un graffio.
Il 16 novembre 2022 una chitarra Fender Mustang del 1973 appartenuta al compianto frontman dei Nirvana è stata battuta per quasi 500.000 dollari, superando la stima iniziale di 400.000 dollari. È stata utilizzata nel primo tour della leggendaria band grunge, la primissima tourneé negli Stati Uniti. Cobain l’ha distrutta al concerto presso il Sonic Temple di Wilkinsburg, in Pennsylvania, il 9 luglio 1989, spaccandola durante l'esibizione finale di Blew.
Kurt Cobain aveva il pallino di fare a pezzi le chitarre sul palco mentre si esibiva con i Nirvana. Interrogato da un giornalista su questa sua propensione a distruggere gli strumenti durante gli show, Cobain avrebbe risposto: "Perché lo faccio? Perché no? È bello. Qualcuno ha già abbattuto un bel vecchio albero per fare quella fottuta chitarra. Distruggilo! Lo facciamo solo se la sensazione è giusta; non importa dove siamo".



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L'antica "arte" di spaccare le chitarre ha come padre putativo Pete Townshend

Comunque Kurt Cobain non è stato certo l'unico con l'ossessione di spaccare le chitarre sul palco. L’uomo che ha trasformato quel gesto in un'arte è stato Pete Townshend degli Who. “È un gesto che nasce sul momento. È una performance, è un atto, è un istante e quindi non ha senso”, ha dichiarato il chitarrista degli Who durante una chiacchierata che fece con il fondatore di Rolling Stone, Jann Wenner, alle fine di un concerto del 1968 al Fillmore di San Francisco.

Alla domanda relativa l’inizio di quel rito, Pete Townshend ha risposto: “La prima volta è successo per caso. Quella sera, come ogni martedì, ci esibivamo in un club. Suonando, la chitarra è andata a sbattere contro il soffitto. Si è rotta ed è stato uno shock, non volevo buttarla, era uno strumento prezioso, ma è andata così. Mi aspettavo che tutti pensassero ‘oh ca**o, ha rotto la chitarra’ e invece nessuno ha detto nulla. Allora mi sono inca**ato e mi sono messo in testa di fare qualcosa affinché il pubblico notasse quel che era accaduto. Ho trasformato quell’incidente in un evento. Sono andato avanti e indietro sul palco con la chitarra rotta, ho disseminato i pezzi un po’ dappertutto. Poi ho preso la chitarra di riserva e ho continuato come se fosse stata una cosa voluta”.


Quando Jann Wenner gli a chiesto se così facendo fosse contento, Pete Townshend ha risposto: “No, la chitarra era rotta, dentro di me ero infelice. La voce però si è sparsa e la settimana dopo la gente è venuta a dirmi che era ora che qualcuno glielo facesse vedere alle chitarre, robe del genere. La faccenda si è ingrossata e quando andavamo in una nuova città la gente sapeva che eravamo quelli che avevano distrutto la chitarra. Finché un giorno qualcuno di un grosso quotidiano si è fatto avanti. ‘Ci dicono che spaccate le chitarre. Speriamo che lo facciate stasera, perché siamo del Daily Mail. Finirebbe in prima pagina’.
Sono andato dal mio manager Kit Lambert e gli ho chiesto se potevamo permetterci di distruggere una seconda chitarra, per farci pubblicità. ‘Se è per il Daily Mail, vale la pena’, mi ha risposto. L’ho fatto e ovviamente il Daily Mail non ha comprato la fotografia, non ha proprio voluto saperne della storia. Ma a quel punto ci ero dentro e da allora lo faccio di continuo”.

Di seguito potete guardare il post su Instagram pubblicato ieri dai Måneskin.

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