Il cantautore romano ha portato il suo tour all'Arcimboldi di Milano. Uno spettacolo che va oltre l'idea del concerto trasformandosi in un'esperienza immersiva nella quale lo spettatore è partecipe del processo creativo. Tra toccanti omaggi e momenti di puro gioco, per uno show indimenticabile
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Condivisione. Se c’è una parola che mi frulla in testa per tutte le tre ore del concerto di Daniele Silvestri al Teatro degli Arcimboldi di Milano (sarebbero poi quasi quattro, al lordo di canonica attesa iniziale, piccolo inconveniente tecnico mirabilmente gestito dagli artisti sul palco, intervallo lungo, applausi e richieste di bis, eppure non c’è alcuna fatica nel sostenerle) è questa. Daniele Silvestri diventa crooner, cantante confidenziale in senso letterale, si offre al suo pubblico e lo fa entrare all’interno del suo processo creativo.
COSÌ NASCE UNA CANZONE
Lo fa mettendo in scena la nascita di un brano del prossimo album, Scrupoli, e attraverso le storie: le sue storie, quelle della sua famiglia, quelle di chi lotta per un briciolo di dignità, quelle dei grandi uomini che fino al loro ultimo giorno di vita hanno combattuto per rendere l’Italia e il mondo posti migliori. E quelle del suo pubblico, come Vera e Paolo, che si amavano e ora non più, ma ogni 5 di aprile si scambiano su WhatsApp una foto di pane alle olive, o quella di una bambina e del suo cane Monet.
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LE STORIE
Le storie sono il filo conduttore utilizzato da Silvestri per il suo tour Teatro 2022. Comincia da quelle più recenti, partendo da un singolo non ancora uscito e da uno fresco fresco, Tik Tak, poi, dopo un problema tecnico che diventa l’occasione perfetta per una jam session di percussioni, riparte dagli inizi. Da quando “ancora scrivevo storie in modo piuttosto scolastico, iniziando con un C’era”, per raccontare L’Uomo intero che, spiega, “mi sono reso conto essere mio padre” e viene naturale chiedersi se anche dopo tutti questi anni, a questo punto della carriera brillante di uno dei migliori esponenti che il cantautorato italiano abbia mai avuto, Silvestri abbia conservato almeno un po’ di quella paura di essere “invece che intero, parzialmente scremato”.
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L'UOMO COL MEGAFONO
Di certo c’è che canta "in un modo dolcissimo", malgrado non abbia affatto "l’aspetto feroce". A 54 anni compiuti ad agosto Silvestri non sembra aver perso la voglia di giocare coi generi, dal folk al jazz, dal rock-n-roll al flamenco, con la sua musica che è colta senza volerlo sembrare, che è alta e popolare al tempo stesso. Ha la stessa identica leggiadria del ragazzo che nel 1995, non ancora trentenne, portava sul palco dell’Ariston uno dei brani meno sanremesi che si possano immaginare, L’Uomo col megafono, che fa cantare l’Arcimboldi col pugno sinistro chiuso rivolto al cielo, mentre sullo schermo alle spalle del cantautore scorrono le immagini delle proteste di ieri e oggi.
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VALORI E IDEALI
Non c’è da sorprendersi. Amare Silvestri è sempre stato condivisione. Di valori e ideali, prima di tutto. Il più politico tra i cantautori contemporanei porta ancora sul palco i temi di sempre: il rispetto per la vita, per la dignità dell’essere umano, i diritti degli immigrati, dei carcerati, dei lavoratori, la lotta alle mafie. Canta canzoni che “a un certo punto dovrebbero scadere, e invece…” come Che bella faccia, e altre che invece non dovrebbero scadere mai, come L’Appello.
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L'APPLAUSO A SALVATORE BORSELLINO
Fuori dal teatro, i volontari del Movimento delle Agende Rosse distribuiscono cartoncini vermigli, dentro al teatro Salvatore Borsellino è seduto in prima fila, a guidare una platea e due gallerie che si tingono della tonalità dell'agenda scomparsa del fratello Paolo, prima di alzarsi, avvicinarsi al palco, consegnare a Silvestri un quaderno dello stesso colore e tornare al posto abbracciato dal più lungo applauso di tutta la serata. Sono passati 30 anni da quel 19 luglio, da quella bomba in via D’Amelio, ma non si può dimenticare.
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PIETRANGELI, DALLA E GINO STRADA
La commozione inonda il teatro anche sugli omaggi a Paolo Pietrangeli, a Lucio Dalla di cui Silvestri canta Cara, a Gino Strada, al quale viene dedicato l’inno contro la guerra Il mio nemico, “perché ci manca tanto, e questo tour è dedicato a lui”. Si condividono le emozioni e si condivide la gioia della musica, come quando sul palco salgono i Selton, gruppo folk brasiliano che fa base a Milano e si gioca coi colori e con le note, tra le trombe di Ramon Caraballo Armas, le tastiere di Gianluca Misiti e Duilio Galioto, la batteria di Piero Monterisi, le chitarre di Daniele Fiaschi, il basso di Gabriele Lazzarotti e il fagotto di Marco Santoro.
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UNA FESTA CHE VORREMMO NON FINISSE MAI
La risacca sembra portar via lo spettacolo quando Silvestri rimane solo sul palco con Duilio Galioto per suonare Le Navi, ma levate le ancore c’è ancora qualche lega marina da percorrere per cantare insieme A bocca chiusa, e fare un tuffo indietro di oltre 20 anni con Sono io. Silvestri e la band lasciano il palco cantando “continuare, continuare”, e sembra impossibile che si fermino qui. La mezzanotte è passata da un pezzo, la metro è chiusa, qualcuno sarà rimasto a piedi. Ma nessuno se n’è andato nonostante l’artista avesse avvisato in apertura: “Fatelo, se volete, durante l’intervallo, sarà l’unica occasione, non mi offendo. Anzi, ve lo consiglio”.
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IL BIS
Stanno tutti lì, ad aspettare un bis. Silvestri torna sul palco per raccontare ancora una storia, una delle tante storie dimenticate di chi muore tra le mura di una cella, la storia di chi da una vita vive solo per un’ora d’Aria. E ancora non basta, in molti chiedono Cohiba, lui si fa portare la telecaster, poi sembra voler accogliere la richiesta e per un attimo esita, pronto a cambiare ancora la chitarra. Ci pensa Gianluca Misiti a rompere gli indugi: “Ha deciso lui, fidatevi”. E parte Salirò, nessuno sta più seduto, sono tutti in piedi a ballare. Eppure ancora non basta, Silvestri allora si offre di accompagnare la gente all’uscita, c’è tempo per un ultimo omaggio. Stavolta si ride, però, non si piange, mentre sullo schermo appare Gigi Proietti e partono le note e le parole di Testardo e insieme si canta di quei baci che prendono l’anima… non quella ma quell’altra…
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UN SENSO DI PROFONDA GRATITUDINE
Stavolta è finita davvero, le luci si accendono, gli applausi riempiono la sala. Silvestri ringrazia i musicisti, i Selton, le scenografeFederica Luciani e Lisa Lelli, il produttore sonoro Daniele "il Mafio" Tortora. Stringe le mani alla gente sotto il palco e mentre si esce si rimane piacevolmente pervasi da un senso di profonda gratitudine. Consapevoli che quello a cui si è assistito non era un semplice concerto ma qualcosa di più. Un esperimento di condivisione e di intrecciarsi di storie, un atto di generosità e altruismo in un momento in cui sembra essercene un disperato bisogno.
la SCALETTA del concerto
SCRUPOLI
TIK – TAK
L’UOMO INTERO
MI PERSI
ACROBATI
LA COSA GIUSTA
(IO FORTUNATAMENTE)
PRECARIO È IL MONDO
LA MIA CASA
A DISPETTO DEI PRONOSTICI
LA CLASSIFICA
CHE BELLA FACCIA
DESAPARECIDO
MONOLOCALE
__________FINE PRIMO TEMPO
IL TALENTO DEI GABBIANI
L’UOMO COL MEGAFONO
STRADA DI FRANCIA
L’AUTOSTRADA
CARA
L’APPELLO
IL MONDO STRETTO IN UNA MANO / SAMPLEANDO DEVENDRA
IL FLAMENCO DELLA DOCCIA (+ GIOCO DI COLORI)
IL MIO NEMICO
LE NAVI
A BOCCA CHIUSA
SONO IO
__________FINE SECONDO TEMPO
ARIA
SALIRÒ
TESTARDO