In una rara intervista al quotidiano inglese l'artista statunitense che voleva diventare attrice ha raccontato il successo e le difficoltà degli esordi nel mondo della musica, la forza della personalità delle sue interpretazioni e la lotta contro i convenzionali canoni di bellezza femminili
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«Ricordo che camminavo in direzione del club indossando un’antica veste dal negozio dell’usato e vecchie scarpe anni Venti che ancora oggi conservo nel mio guardaroba. Sulla strada, mi ricordo di aver pensato “questo potrebbe essere l’inizio di un grande cambiamento nella mia vita”». In una rara intervista rilasciata al The Guardian l’icona musicale Barbra Streisand ha descritto così la sera del 9 settembre 1960 in cui, appena diciottenne, ha raggiunto il piccolo club Bon Soir nel Greenwich Village di New York per esibirsi nel primo spettacolo pagato della sua lunga carriera. Nei successivi due anni le performances al Bon Soir hanno forgiato uno dei percorsi musicali più rigogliosi e duraturi della storia della musica popolare.
MUSICA E RECITAZIONE
I primi ricordi di Streisand sul canto risalgono a quando l’artista aveva solo cinque anni. «Sono sempre stata la bambina dell’isolato che non aveva il papà ma una bella voce» ha dichiarato (il padre Emanuel era scomparso per un attacco epilettico quando lei aveva appena un anno). «Amavo cantare nel mio corridoio a Brooklyn, perché aveva un soffitto alto e quando cantavo, risuonava». Tuttavia, da bambina Streisand non possedeva giradischi e non ha ascoltato musica fino ai 16 anni. I primi vinili jazz e pop, in particolare di Billie Holiday e di Johnny Mathis, hanno riecheggiato con l’acquisto del primo Victrola. Streisand però non nutriva grande interesse per la carriera musicale: folgorata a quattordici anni da Il diario di Anna Frank (condivideva età e religione con la protagonista), la ragazza voleva diventare un’attrice. Senza pensarci due volte, Streisand ha iniziato a frequentare classi di recitazione e a lavorare in un teatro estivo. «Impersonare i personaggi era la mia vita, la mia ambizione, il mio sogno».
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ESORDI E SUCCESSO
Nel frattempo la forza, la profondità e la bellezza della voce di Streisand non sono passate inosservate. La grande collezione di dischi dell’amico Barry Dennen, ricca di musiche di Broadway e di cantanti d’epoca, ha fatto il resto. Da lì l’artista ha infatti tratto gran parte dei contenuti delle sue prime scalette. «Che regalo!» ha ricordato. Tra i brani più significativi, A sleepin’ bee (tratto dal musical del 1954 House of flowers, con la musica di Harold Arlen e i testi di Truman Capote) ha risuonato nella competizione canora del bar gay The Lion a Greenwich Village. La vittoria ha aperto a Streisand le porte del Bon Soir, e in breve tempo la cantante ha scalato le classifiche con brani che, pur risalendo a decenni prima, hanno manifestato uno spirito rivoluzionario, sfidando persino artisti come i Beatles e Bob Dylan, invece concentrati su sonorità nuove. Due anni dopo il debutto al Bon Soir la Columbia Records, che aveva da poco firmato con Dylan, ha quindi scommesso su Streisand. La scalata al successo non è stata sempre facile: il jazz club Village Vanguard ha respinto alle audizioni la cantante, che è stata inoltre rimproverata dallo straordinario musicista jazz Miles Davis. Un amico di Streisand, che lavorava al Vanguard, ha infatti irritato il jazzista rivolgendo alla sua band la richiesta di accompagnare la cantante nell’audizione. «Gli ha detto, “non farlo mai più! Hai preso i miei ragazzi e hai chiesto loro di suonare per questa ragazza? Non me lo dimenticherò mai» ha raccontato Streisand.
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LA RISTRUTTURAZIONE DELL'ALBUM DEL BON SOIR
L’album di debutto di Streisand con la Columbia Records avrebbe dovuto contenere le registrazioni dei live del Bon Soir, ma il progetto è fallito. «Quando le ho ascoltate, sono stata molto delusa. Non mi piaceva la qualità. Quella stanza non funzionava come studio di registrazione». Un vero studio di registrazione ha invece generato The Barbra Streisand Album, protagonista della top ten e disco di platino conquistatore di due Grammy, incluso il premio per l’album dell’anno. Tuttavia, i fans più sfegatati hanno bramato per decenni il leggendario album del Bon Soir. Grazie all’intervento dell’ingegnere del suono Joachim Van Der Saag, che ha ristrutturato la qualità dei quattro strumenti originali, l’atteso disco sarà pubblicato a novembre, dopo trent’anni. «Le vocalità di Barbra sono state lasciate intatte. Ciò che si sente è esattamente ciò che ha cantato» ha dichiarato il co-produttore dell’album Jay Landers.
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I BRANI DEL BON SOIR
La registrazione del Bon Soir inizia con l’introduzione di David Kapralik, che distorce il nome della cantante in Barbra «Strei-zand». «È Strei-sand» ha protestato lei. «Per me la cosa più divertente è che le persone ancora non sembrano in grado di pronunciare il mio nome correttamente. Ancora oggi, devo correggere il mio nuovo assistente». La registrazione evidenzia poi il talento di Streisand nello scovare rare curiosità musicali, inclusi i brani del 1938 I’ll tell the man in the street di Rogers e Hart e la canzone per bambini della Disney (mai rivisitata prima in una versione per adulti) Who’s afraid of the big bad wolf?. Alcuni brani, come Lover, come back to me del 1928, hanno messo alla prova le tecniche di respirazione dell’artista, ma «non ho mai pensato al controllo del respiro. Non ho mai pensato a nulla! Non sapevo tecnicamente come cantare dal diaframma o qualsiasi altra diavoleria di cui parlano». L’abilità di Streisand è sempre stata innata. «Sostengo le note perché voglio farlo!». Allo stesso modo, Streisand non ha mai fatto troppo caso alla dizione. «Voglio enfatizzare l’emozione con un suono». La cantante ha piuttosto concentrato l’attenzione sui personaggi protagonisti dei brani. «Penso sempre, “cosa sta attraversando questa persona?». Un esempio significativo è il brano Cry me a river, sette anni prima interpretato con sensualità da Julie London e al Bon Soir reinterpretato da Streisand con un focus sul desiderio di vendetta del personaggio, che pronuncia ogni parola come una pugnalata al cuore. «Sto ricreando il volto di qualcuno che mi ha fatto piangere fiumi di lacrime. Ora sto dicendo, “tu piangerai un fiume di lacrime per me!”. È molto personale».
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STILE INNOVATORE
Al Bon Soir Streisand ha anche innovato il brano Happy days are here again, uno dei pezzi più amati del suo repertorio, trasformato da vivace dichiarazione a lenta e triste ballata colma di ironia. Il “bashert”, il destino ebraico, ha suggerito all’artista la canzone prima dell’apparizione nel tv show di Gary Moore. «Ogni settimana sceglievano un anno e poi la cantante doveva cantare una canzone di quell’anno. Hanno scelto il 1929. Allora, ho pensato, perché non scegliere Happy days e rallentarla? Poi avrei potuto parlare del crollo della Borsa grazie alla canzone». Per ottenere lo scopo, Streisand ha arricchito il testo con la storia di donna caduta in disgrazia che in un bar scambia i suoi gioelli per un drink. Molto apprezzata anche la cover di A taste of honey, brano poi registrato dai Beatles. Di loro e di Dylan, che suonava a pochi isolati di distanza nel Greenwich Village, Streisand ha detto: «Li apprezzo ora, ma non li capivo allora. Non erano parte della mia vita».
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UN'ICONA DI BELLEZZA NON CONVENZIONALE
Streisand non ha sfidato solo i trend musicali tradizionali, ma ha anche le convenzionali nozioni di bellezza femminile, una rarità all’epoca. Inconsapevole della bellezza del suo volto, l’artista ha riempito la cover di Vogue per volontà della leggenda della moda Diana Vreeland. Lo scatto, che ha evidenziato il naso prominente della cantante, ha definitivamente stroncato le derisioni dei critici che ne paragonavano il profilo a quello di un formichiere e della regina d’Egitto Nefertiti. «Ho pensato, ma davvero? Forse sono entrambi!».
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INNOVAZIONE MUSICALE
L’audacia di Streisand ha riguardato anche l’approccio musicale. Nello speciale per la TV del 1973 Barbra Streisand and other musical instruments l’artista ha coinvolto musicisti dall’Africa, dalla Turchia e dalla Spagna, assurgendo a pionere della “world music” ben prima di Paul Simon. La popolarità del new rock e del pop, ormai troppo evidente per essere ignorata, ha però indotto il capo della sua etichetta, Clive Davis, a suggerirle di registrare canzoni scritte da artisti come John Lennon, Paul McCartney e lo stesso Paul Simon. Per Streisand la transizione è stata «molto difficile» e, inizialmente, «sfortunata», fino alla «meravigliosa sorpresa» di Stoney end, una delle sue hit di maggiore successo. Tuttavia, l’artista ha proseguito la lotta contro il new pop. Nonostante il picco della carriera raggiunto nel 1980 con l’album Guilty, prodotto dal fondatore dei Bee Gees Barry Gibb e venduto in oltre dodici milioni di copie in tutto il mondo, l’artista ha esternato alcuni dubbi. «Non era un testo a cui ero abituata, che aveva continuità. Era astratto. Non mi piace l’astratto». Tornata ai classici nel 1985 con The Broadway album, (osteggiato dalla casa discografica perché considerato poco commerciale), Streisand ha venduto più di quattro milioni di copie solo negli Stati Uniti. «Molto di quello che faccio è semplicemente qualcosa che sento nella mia testa. Devo prendere ciò che sento. Non posso spiegare come e quando. Viene fuori dalla mia testa o dalla mia gola e poi, improvvisamente, è semplicemente...qui».