Chi era Miles Davis, il ricordo del musicista jazz a trent'anni dalla morte

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Il 28 settembre 1991 il trombettista dell'Illinois moriva in un ospedale in California per un attacco polmonare. La scuola di musica classica a New York, la tossicodipendenza, il bebop, il jazz e le volte in cui "cambiò la musica": la storia del principe delle tenebre dalla voce rauca

Trent’anni fa, il 28 settembre 1991, moriva Miles Davis, ucciso da un attacco di polmonite in un ospedale di Santa Monica, California. Poco prima si era esibito nella sua ultima performance all’Hollywood Bowl di Los Angeles. Si dice che, ricoverato dopo la crisi polmonare, Davis si svegliò mentre i medici lo stavano intubando. Si ribellò contro lo staff dell’ospedale, chiedendo di essere lasciato stare. Lo sforzo fisico provocò un secondo attacco polmonare, quello che si rivelò fatale. Aveva 65 anni. Centodue album pubblicati tra registrazioni in studio e live, la rivoluzione bebop, il jazz che si mischia al rock e all’elettronica: ecco la storia del trombettista "principe delle tenebre".

L’infanzia e gli inizi della carriera

Miles Dewey Davis III nasce ad Alton, Illinois, il 26 maggio 1926, figlio di padre odontoiatra e madre pianista e violinista. Da lei, amante di pellicce e gioielli, Davis disse di aver ereditato il gusto per lo stile e l'eleganza. Cresce in uno dei luoghi più difficili per gli afroamericani negli Stati Uniti, East St. Louis, teatro di linciaggi e violenza contro i neri d’America. Quando Davis ha 18 anni, in città arriva a suonare Billy Eckstine insieme alla sua band -Charlie Parker e Dizzy Gillespie. Il terzo trombettista si ammala e Davis viene chiamato a sostituirlo. Poco dopo si trasferisce a New York, dove studia musica classica alla Juilliard. Lezioni di giorno, esibizioni di notte: nel 1945 pubblica il suo primo disco con Rubberlegs Williams. Lo stesso anno lascia gli studi e si unisce al quintetto di Charlie Parker.

Quando iniziò a “cambiare la musica”

Arriva poi l’eroina, da cui Davis è dipendente quando pubblica quello che in seguito fu considerato una pietra miliare del jazz, ‘Birth of the Cool’ (1948). Più avanti nella sua carriera, durante una cena alla Casa Bianca, si disse consapevole di “aver cambiato la musica cinque o sei volte”. La seconda fu con ‘Walkin’’(1954), album che getta le basi per la rivoluzione bebop che sarebbe scoppiata tra la fine degli anni ’50 e i primi ’60. 

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Quintetti, rock, tempeste elettriche

La tromba di Davis accompagna diverse band durante la sua carriera. Nel 1955 è in un altro quintetto, insieme a John Coltrane. Due anni dopo, l'incidente che gli regalò la voce roca con cui tutti lo ricordano. Dopo un’operazione di rimozione di alcuni noduli dalle corde vocali, i medici gli intimano di non sforzare la voce per un po’ di tempo. Si dice che, pochi giorni dopo, Davis litigò con un agente discografico. La discussione fu così animata che le urla gli danneggiarono per sempre le corde vocali, cambiando la sua voce. Il timbro graffiante, il carattere tempestoso e le atmosfere ‘notturne’ della produzione musicale gli sono valse il soprannome di ‘principe delle tenebre’. Negli anni’60 si esibisce in un altro quintetto, con Ron Carter, Herbie Hancock Wayne Shorter e Tony Williams. Arrivano poi le amicizie con Jimi Hendrix e Sly Stone, qualche inghippo con la legge – fu arrestato per resistenza a pubblico ufficiale- e la dipendenza da eroina che si trasforma in quella da cocaina. Davis fa la sua incursione prima nel rock e poi, dal 1970, si getta nelle tempeste elettriche di ‘Bitches Brew’, e riesce a disintossicarsi.

Il ritiro nel 1975 e la morte

Nel 1975 Davis si ritira per cinque anni a Manhattan. Nella sua autobiografia ricorda questi anni come “cupi quanto quelli da tossico”. Una lesione all’anca e alla gamba non gli permettono più di esibirsi come un tempo. Nel 1980 torna a suonare, con un nuovo album –‘The man with the horn’- e una nuova band. Fino all’ultimo concerto, fino al ricovero al St. John’s Hospital and Health Center di Santa Monica.

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