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Sottotono in concerto all'Alcatraz: "Una festa intima per il nostro ritorno"

Musica

Gabriele Lippi

Foto Umberto Nicoletti

Il duo riunitosi dopo 20 anni, torna a suonare dal vivo con due date speciali, a Milano e Roma. "Sarà una festa intima", garantisce Fish. E Tormento promette "un live enorme che racconta tutta la nostra storia, con tante chicche per chi ama l'hip hop"

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Un concerto hip hop in un club. Non ci sarebbe niente di più naturale se non venissimo da due anni di pandemia e se il duo in questione non fosse stato sciolto per vent’anni, prima di riunirsi per un nuovo album e due live evento per cui è stato necessario attendere un anno ulteriore. I Sottotono sono pronti a tornare davanti al loro pubblico dopo avergli regalato Originali, un disco che forse è un po’ il riassunto di ciò che potranno ascoltare i fortunati che saranno presenti all’Alcatraz mercoledì 11 maggio. Un mix di classici riarrangiati e nuovi brani, il tutto con il solito stile inconfondibile di Tormento e Fish, quel rap melodico che strizza l’occhio alla West Coast americana e che a metà degli Anni ’90 diede una grossa mano a favorire la crescita dell’hip hop italiano. La scaletta? Quella è top secret, una sorpresa da scoprire un brano alla volta.

A un anno dalla reunion tornate a suonare dal vivo, che effetto vi fa? Anche perché avete dovuto aspettare un po’ più del previsto.
Tormento: C’è stato un po’ questo problema generale, sì. L’anno scorso i live erano solo seduti e noi volevamo festeggiare come si faceva in passato. È stata una lunga attesa per i fan ma anche per noi è stata praticamente infinita. Abbiam provato tanto coi musicisti per preparare questo live enorme che racconta tutta la nostra storia, dal passato fino a Originali, e dentro questo percorso c’è stata un sacco di emozioni, dagli arrangiamenti alle prove generali. Non vediamo l’ora di vedere le facce della gente, siamo sicuri che toccheremo delle corde importanti. Domenica scorsa è stata la Festa della Mamma, e immaginare di suonare Amor de mi vida dal vivo con la band…

Suonerete in un club, forse i luoghi più colpiti dalla pandemia, e in un club che ha fatto la storia della musica a Milano, l’Alcatraz. Che è stata un po’ la casa dell’hip hop a Milano per tanti anni. Io ricordo che ci vidi il primo concerto italiano di Kanye West.
Fish: C’ero anche io a quel concerto, poi lo incontrai a New York, parlando gli dissi che vivevo a Milano e lui mi disse “bellissimo”. Era il posto giusto per ricominciare. Potevamo prendere spazi anche un po’ più grossi, ci abbiamo pensato ma ci siamo detti che doveva essere una festa intima, relativamente perché ci saranno migliaia di persone, ma doveva essere il nostro ritorno, il ritorno ai concerti, non volevamo tirar dentro più gente possibile che magari non apprezzerebbe e viene tanto per. Volevamo che fosse una cosa mirata a chi ci ascoltava, ci ascolta e chi ha voglia di conoscerci. Quei pochi che non ci conoscono ancora.
Tormento: Nel live ci saranno un sacco di citazioni dell’hip hop con cui siamo cresciuti. Si parla di Snoop Dogg, Biggie, della musica R&B, di Timbaland. Gente che ha segnato la strada. Più lo spettatore avrà conoscenza del genere, più noterà un milione di chicche inserite nei brani. Sono stati la nostra ispirazione, ci veniva naturale mischiare i nostri pezzi con brani che in Italia sono meno mainstream.

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Ecco, parliamo del vostro stile. A metà degli Anni 90 in Italia c’era una scena hip hop consolidata, ma era quella dei Sangue Misto, di Kaos One, delle Posse. Voi avete portato qualcosa di diverso, di nuovo, mischiando il rap della West Coast americana, l’R&B, portando un rappato melodico che in Italia non faceva nessuno all’epoca e al mondo forse solo i Bone Thugs-n-Harmony. Fu un bell’azzardo.
Fish: Non abbiamo mai fatto le cose calcolando quello che potesse essere il risultato ai fini commerciali, abbiamo fatto sempre quello che ci piaceva nel bene e nel male. Eravamo tra virgolette degli scissionisti dell’hip hop nonostante fossimo fan dell’hip hop. I più grandi di noi, in Italia, ci vedevano come quelli che facevano musica commerciale, poi si sono ricreduti dopo anni capendo che era solo un altro tipo di hip hop rispetto a quello che ascoltavano loro. La cosa entusiasmante del lavoro dell’epoca con Tormento è che ci ascoltavamo i pezzi americani, ci venivano delle idee, e scrivevamo. Solo lei ha quel che voglio, Tormento l’ha scritta su una mia base ma non è che ha pensato “mi metto a fare il singolo”, ha scritto una canzone. Mi pare che ora, invece, siamo un po’ troppo calcolatori. Credo bisognerebbe tornare un attimo agli istinti, alla volontà di fare della musica che in primis ti piaccia. Mi sembra che questo oggi un po’ manchi.
Tormento: È bellissimo che abbia citato i Bone Thugs perché oggi molti fanno qualcosa di simile ma sono inconsapevoli che derivi da lì. In America è riconosciuto che hanno rivoluzionato i generi. Noi abbiamo intercettato chi ha segnato cambiamenti epocali.

La vostra è un’operazione particolare, tra tradizione e innovazione. Come avete trovato l’equilibrio tra questi due elementi?
Tormento: Il bello della musica è che tu sai da dove parti ma non sai dove arrivi. Il risultato di una canzone si viene a creare da solo, è un’unione di energie, non puoi pensare di scriverla a tavolino. Per assurdo pezzi come Mastroianni o Poco male non sono nati dalla ricerca di un equilibrio ma facendo canzoni, da una ventina di pezzi sono uscite delle perle. Se ti lasci andare accade questa magia.

Il ponte tra passato e presente emerge anche nelle tante collaborazioni del disco. Cosa pensate della scena hip hop italiana attuale?
Fish: Penso che ci sia stato un grosso cambiamento con l’avvento della trap. Chi per primo ha portato in Italia questo genere è stato un genio. A me ha iniziato a colpire quando i dj italiani hanno iniziato a suonare i pezzi italiani in discoteca. Questi artisti sono riusciti a parlare il linguaggio dei giovani, rendendolo mainstream ma partendo dal basso. La trap è un genere che è partito ed è andato diretto ai ragazzi perché parlava la lingua dei ragazzi contrariamente alla musica pop di allora che era basata su schemi più nazionalpopolari, su un codice meno diretto e street. C’è da dire che poi, per tantissimi originator bravi, ci sono un po’ di followers che sono meno bravi. Ma magari l’avessimo avuta noi una scena così grossa, con così tanta gente interessata all’hip hop. Noi eravamo mosche bianche, emarginati.

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Non avete fatto nemmeno una canzone con l’autotune. Siete matti?
Tormento: È vero. E guarda che a me un po’ dispiace, noi siamo cresciuti col vocoder e il talkbox, questi strumenti ed effetti che alterano la voce. Siamo sempre stati molto funky. Certo, poi magari sentire che lo usano tutti uniforma un po’ il mercato…

Siete rimasti originali nelle sonorità ma siete anche cambiati, cresciuti, siete più maturi e anche le vostre canzoni lo sono. In Ti bacio ancora mentre dormi, tu racconti la tua paternità, Tormento. Come ti ha cambiato?
Tormento: Se parliamo nello specifico della paternità, mi ha aiutato ad apprezzare anche altri generi musicali. Quando mio figlio era piccolo era esploso il fenomeno Gangnam Style, una cosa che qualche anno prima sarebbe stata la musica del diavolo, per me. Ora attraverso di lui riesco a capire un linguaggio che è molto lontano da me. Vedere come lui si rapporta con la musica fa per me da traduttore, da interprete. In generale, invece, devo dire che oggi che siamo un po’ più adulti possiamo presentare diversi contenuti con maggiore credibilità, ma già se ascolti In Teoria c’erano dei concetti filosofici che io già iniziavo a studiare e volevo mettere nei pezzi, solo che la faccia da cattivi e la nostra immagine un po’ da gangster lo rendeva poco credibile. Un po’ noi ci giocavamo, ma la gente ci vedeva solo così.

Intanto avete fatto uscire un nuovo singolo e un nuovo video (bellissimo). Continuate a stuzzicare i vostri fan sui social. Dobbiamo aspettarci altre novità a breve?
Tormento: Oh sì, siamo in super produzione e veramente gasati. In giro riceviamo un sacco di amore. Qualsiasi artista ci fa i complimenti per la qualità, per quello che proponiamo che è fuori dal coro, rispecchia i canoni musicali con cui siamo cresciuti e cerca di spingere la musica italiana un po’ più in là. Anche cantanti big che non ci conoscevano, ora ci dimostrano amore. Così come il pubblico.

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Ci promettete che siete tornati per restare? Perché ci siete mancati e la sensazione è che abbiate ancora qualcosa da dire.
Fish: 
Ma certo, assolutamente sì. Speriamo di vivere ancora qualche anno, dai.
Tormento: Che bello, è un piacere, noi ci sentiamo così speriamo il pubblico ci supporti. Noi non abbiamo mollato neanche nei momenti bui.

Prendo in prestito il titolo di uno dei brani più belli e intensi di Originali per farvi l’ultima domanda: avete mai desiderato di essere portati Altrove? Dove?
Tormento: 
Per quel che mi riguarda, il sogno dell’Africa rimane fortissimo. Non ci sono mai stato e sento che mi chiama.
Fish: Io vengo da Altrove, vengo dalla provincia e adesso ancora per qualche anno starò a Milano e poi chissà. Sarebbe bello andarsene anche un po’ via dall’Italia per qualche tempo, per rinfrescarsi le idee. Per ora siamo qui e ben contenti di essere qui a esprimerci al nostro meglio.

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