La chitarra dei Beatles & Co: in un libro la storia della Rickenbacker, la 1° elettrica

Musica

Camilla Sernagiotto

©Getty

È uscito (per ora solo in inglese) “Rickenbacker Guitars - Out of the Frying Pan Into the Fireglo”, il libro pubblicato da Phantom Books che celebra un’icona intramontabile della storia della musica, protagonista assoluta del capitolo dedicato al rock. Resa famosa da John Lennon e George Harrison e poi anche da Pete Towshend, Peter Buck dei R.E.M e da tanti altri mostri sacri delle sette note targate XX secolo, ecco tutto quello che bisogna sapere di questo mito intramontabile

È appena uscito un libro che omaggia uno degli strumenti più iconici della storia della musica, protagonista assoluto del capitolo dedicato al rock: si tratta della Rickenbacker, la chitarra che è entrata nel mito come prima elettrica del rock.

Il libro (per ora solo in inglese) si intitola Rickenbacker Guitars - Out of the Frying Pan Into the Fireglo, è stato appena pubblicato da Phantom Books ed è una chicca che di certo farà gola ai musicofili.


Questo nuovo volume ripercorre step by step - ma soprattutto riff by riff - la storia della chitarra resa leggendaria da John Lennon e George Harrison ma anche da Pete Towshend, Roger McGuinn, Peter Buck dei R.E.M e da tanti altri mostri sacri delle sette note targate XX secolo.


Il libro ne racconta vita, morte e miracoli (in realtà è una chitarra ancora viva e vegeta, attualmente in produzione, come scriveremo di seguito).

Un viaggio emozionante che parte dalle origini, quando negli anni ’30 Adolph Rickenbacker produsse la primissima chitarra elettrica. In quel decennio il rock era ante litteram, non ancora nato e nemmeno concepito. Tuttavia l'invenzione di Rickenbacker - da cui appunto la chitarra prende il nome - ha cambiato radicalmente la storia della musica popolare in generale.

Il suono di questa chitarra è inconfondibile, un vero e proprio marchio di fabbrica che subito si fa riconoscere nei riff di parecchie canzoni dei Beatles, così come in quelli di brani dei R.E.M., degli Smiths, dei Radiohead, di Jeff Buckley, Eddie Vedder eccetera eccetera. Potremmo andare avanti all'infinito, scrivendoci un libro… Ma visto che il libro c’è già, tuffiamoci nella lettura di questo.

La nascita della chitarra più mitica della storia

La nascita della chitarra Rickenbacker coincide con la nascita della Rickenbacker International Corporation, conosciuta anche solo come Rickenbacker.

Si tratta dell'azienda statunitense fondata nel 1931 e tuttora attiva.
Il nome originario della ditta era Electro String Instrument Corporation, fondata da Adolph Rickenbacker e George Beauchamp. Oggi questa azienda è tra le leader della produzione di strumenti musicali, con particolare attenzione per bassi e chitarre elettriche. La produzione è totalmente made in USA: gli strumenti escono dalla sede di Santa Ana, in California.

Nel 1931 l'azienda vendeva soprattutto chitarre elettriche di tipo hawaiano, progettate da uno dei due soci, ossia Beauchamp.

Venne scelto come marchio il nome Rickenbacher (cognome di uno dei due soci con una lettera di differenza, la h al posto della k), successivamente modificato nell'attuale Rickenbacker.

Le chitarre che incominciarono a produrre venivano chiamate frying pans (padelle) perché il corpo circolare della chitarra e il manico lungo le facevano assomigliare appunto a delle pentole per friggere.

Vengono considerate le prime chitarre elettriche a corpo solido, ovvero prive di cassa di risonanza e dotate di pick-up elettrico.

Si trattava di chitarre elettriche del tipo lap steel, ossia da suonare con il metodo slide (con il bottleneck).
Erano caratterizzate da grossi pick-up con due magneti a forma di ferro di cavallo che coprivano le corde.
La produzione di questo tipo di strumento cessò nel 1939.

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Roger McGuinn come consulente tecnico

Per la produzione della Rickenbacker il costruttore si avvalse della collaborazione di un mostro sacro del rock: Roger McGuinn, il chitarrista dei Byrds (che negli anni Sessanta-Settanta spopolavano).

 

McGuinn si prestò perfino come consulente tecnico perché adorava queste chitarre, al punto da dare di volta in volta suggerimenti ai produttori perché ne apportassero migliorie. Addirittura vennero commercializzate alcune chitarre elettriche Rickenbacker in edizione limitata firmate proprio da Roger McGuinn.

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Chi usava le chitarre Rickenbacker

I Beatles erano grandi estimatori delle chitarre Rickenbacker. John Lennon suonava una Rickenbacker 325 a sei e a dodici corde mentre George Harrison aveva una Rickenbacker 360 a dodici corde.


Anche Roger McGuinn usava una Rickenbacker 360, come George Harrison. Proprio a questo modello si deve il caratteristico sound dei Byrds.


Un altro chitarrista che usò lo stesso modello di Rickenbacker è stato Johnny Ramone, membro del mitico gruppo punk, i Ramones. Johnny si servì di una Rickenbacker 360 durante il 1977, anno prolifico nonché assai simbolico per la sua leggendaria band.

Susanna Hoffs, chitarra e voce delle Bangles, ha sempre preferito le chitarre Rickenbacker, di cui si è rivelata per l'intera carriera una fedelissima. Per ringraziarla della preferenza accordatele, l'azienda nel 1989 le dedicò un modello di chitarra a sei corde, mettendo in commercio la 350 SH Susanna Hoffs Signature in edizione limitata.

Anche Tom Petty ha utilizzato svariati modelli di Rickenbacker, tra cui la 335 e la 660. Di quest'ultima anche per lui è stata commercializzata in limited edition una versione a dodici corde con firma del chitarrista nel 1991.

Peter Buck dei R.E.M. ha sempre e solo suonato una Rickenbacker 360, chitarra che quindi ha caratterizzato fin dei primi anni ’80 il suono della band. Purtroppo però c'è anche un brutto capitolo per Peter Buck nella sua storia d’amore con la Rickenbacker: il 9 settembre del 2008 l'adorata chitarra che lui stesso aveva ribattezzato Sadly gli fu rubata alla fine di un concerto tenuto a Helsinki in Finlandia. Per lui fu un vero choc ma non fu il solo: anche tutti i fan dei R.E.M., che fin dal 1982 avevano sentito il suono di Sadly, rimasero molto rattristati da quel furto.

Invece la 330 in versione 12 corde viene utilizzata da The Edge degli U2 per suonare Mysterious Ways durante i live del gruppo irlandese, questo perché il suo suono risulta un po' mistico e orientaleggiante.
Sempre per quanto riguarda Bono & Co., anche in brani come Even Better Than The Real Thing e Sometimes You Can't Make It on Your Own si può ascoltare il suono inconfondibile della 330 versione 12 corde.

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La nascita della chitarra elettrica: la "Frying pan"

Come racconta Gianni Sibilla, il caporedattore di Rockol che ci offre un viaggio emozionante nella storia della Rickenbacker, la nascita della chitarra elettrica la si deve a un problema annoso: nei ruggenti anni ’20 i chitarristi suonavano nelle “big band” però la chitarra non si sentiva.

“Una prima soluzione fu quella di costruire le cosiddette ‘resonator’ (chitarra resofonica, in italiano), strumenti con casse metalliche, in grado di suonare più forti: vennero chiamate anche 'National' o 'Dobro', dai nomi delle prime due compagnie che le produssero. A fornire i materiali c’era Adolph Rickenbacker, svizzero trapiantato in California. In quel periodo iniziava a girare l’idea di elettrificare la chitarra, per aumentarne il volume: la produzione del primo modello venne iniziata proprio da Rickenbacker nel ’32, che nel ’34 fondò la sua compagnia assieme a colleghi usciti dalla National”, scrive Sibilla su Rockol.

Ed ecco che vide la luce la cosiddetta “Frying pan”, la padella per friggere. La prima chitarra elettrica della storia a essere prodotta sul larga scala. Per capire l'importanza di questo strumento, basti pensare che un esemplare è esposto al MOMA di New York.

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Il merito di aver consacrato a mito la Rickenbacker va ai Beatles.
Gianni Sibilla continua con il suo avvincente racconto spiegando che John Lennon aveva visto la Rickenbacker sulla copertina di un album jazz, imbracciata dal grande Toots Thielemans.

Così ad Amburgo, nel 1960 ,ne acquistò una: il modello 325 Capri. Proprio quella è diventata poi la sua storica chitarra, entrando direttamente nel mito.
Qualche anno più tardi, quando i Fab Four arrivarono negli Stati Uniti per un'ospitata all’Ed Sullivan Show, la casa di produzione della Rickenbacker raggiunse la band di Liverpool nell'albergo in cui alloggiava organizzando una presentazione di chitarre e bassi.
“George Harrison era malato e gliela portarono in camera: anche lui poco dopo iniziò a usare la 12 corde, pensata per avere un suono più scintillante grazie alle corde raddoppiate. La ‘Rick’ entrò così nelle case di milioni di spettatori, grazie ai Beatles”.

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Poi arrivò Pete Towshend

Dopo i Beatles, a fare da “testimonial” di questa chitarra ci furono gli Who.

Pete Townshend inizio a suonare una Rickenbacker poco dopo l'innamoramento dei Fab Four. E per capire quanto questo strumento abbia influenzato e determinato il successo della rock band, provate ad ascoltare I can’t explain. Provate davvero, adesso, aprendo Spotify oppure mettendo il disco sul piatto del giradischi o il CD nel lettore CD e via dicendo. Il suono inconfondibile con cui si apre una delle canzoni più iconiche degli Who è proprio quello di una Rickenbacker.


L'8 settembre del 1964, durante un concerto presso la stazione Harrow and Wealdstone ad Harrow, in Inghilterra, Pete Townshend incominciò a percuotere la sua chitarra sugli amplificatori al fine di ottenere particolari sonorità.

Ma involontariamente la Rickenbacker si ruppe e qualcuno tra il pubblico incominciò a ridere. Pete Townshend la prese malissimo e dalla rabbia distrusse ciò che rimaneva della sua chitarra. Quello diventò poi una sorta di rito per lui, una scena a cui i fan degli Who hanno assistito innumerevoli volte.

Nonostante sia ritenuta parte integrante della filosofia rock, del culto e del rito del rock, c'è da scommetterci che tra il pubblico qualche musicofilo che nutre un profondo amore per la musica a partire dai suoi strumenti ne abbia sofferto assai… Perlomeno chi scrive.

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Roger McGuinn e i Byrds

“Se i Beatles resero popolare la Rickenbacker, a renderla immortale fu Roger McGuinn dei Byrds, che con la sua 12 corde elettrificò il folk, avvicinandolo al rock e portandolo in classifica  - contemporaneamente rendendo popolare pure Bob Dylan”, scrive Sibilla.

I Byrds scalarono le charts americane nel 1965 con Mr Tambourine Man, il singolo di debutto. La canzone di Dylan fu poi parzialmente riscritta e suonata con l’elettrica a 12 corde.

Da quel momento in poi nacque quel genere che va sotto il nome di “Folk Rock”.

Roger McGuinn dei Byrds, come Pete Townshend degli Who, aveva scoperto quella chitarra grazie ai Beatles.
“Nel libro si racconta di un pomeriggio psichedelico assieme a Los Angeles nel ’65, in cui erano presenti anche i responsabili della Rickenbacker che volevano convincere Paul McCartney a usare il loro basso”, aggiunge Gianni Sibilla nel suo articolo su Rockol.

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Tom Petty, Mike Campbell e gli Heartbreakers

Arrivarono poi gli anni ’70 e, con essi, Tom Petty e gli Heartbreakers.

“Volevo una Rickenbacker a 12 corde come George Harrison e Roger McGuinn. Lessi un annuncio di rivenditore che ne vendeva una per 200 dollari, presi la macchina e andai ma poi ne tirò fuori una piccola. Il mio cuore si spezzò, ma la comprai e la usai nel secondo album You're Gonna Get it: si sente in Listen to your heart. Petty mise la Rickenbacker in copertina sui suoi dischi e la suonò fino alla fine della carriera: la sua canzone più iconica con questo suono è The waiting”, si legge pronunciare da Mike Campbell, chitarrista degli Heartbreakers di Tom Petty.

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Peter Buck e i R.E.M.

Negli anni ’80 l'onere - ma soprattutto l'onore - di rivitalizzare il sound della Rickenbacker spettò a Peter Buck dei R.E.M. e a Johnny Marr degli Smiths.

"Come molti ragazzi della mia età, la prima band che ho davvero amato erano i Beatles! Li ho visti all’Ed Sullivan Show nel febbraio del 1964. Era difficile non notare il fatto che praticamente la maggior parte dei miei musicisti preferiti sembravano usare un Rickenbacker: i Beatles, Roger McGuinn, Pete Townshend. Ma il motivo per cui ne ho comprata una è stato perché la mia Telecaster venne rubata e il negozio di Athens ne aveva una”, racconta Peter Buck, intervistato nel libro.

Buck ha suonato la sua mitica Jetglo 360 nera a 6 corde in ciascuno dei dischi dei R.E.M., ibridando il folk rock fatto di arpeggi con quel suono nervoso tipico del post-punk e della new wave.
Anche oggi nei suoi tanti progetti da solista Peter Buck continua a utilizzare la sua Jetglo 360 a sei corde.


Ma non solo Buck: oggi la chitarra Rickenbacker è viva e vegeta, imbracciata com’è dai Radiohead, da Eddie Vedder, da The Edge degli U2 così come dai Tame Impala, giusto per citarne alcuni.

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Il basso Rickenbacker, una storia a parte (che vogliamo leggere al più presto)

Se il volume appena uscito intitolato Rickenbacker Guitars - Out of the Frying Pan Into the Fireglo si sofferma sulle chitarre del marchio, aspettiamo in trepidante attesa anche un secondo libro che ci racconti di un altro strumento mitico che da decenni esce dalla medesima fabbrica: il basso Rickenbacker.

Da Cliff Burtob dei Metallica a Nicky Wire dei Manic Street Preachers, da Mike Mills dei R.E.M. a Lou Barlow dei Dinosaur Jr., questo basso ha scritto la storia della musica tanto quanto (quasi) la sua sorella chitarra.
Perfino Paul McCartney lo usò per suonare in Get Back, anche se poi rimase fedele al suo inseparabile Hofner.

Scelsero un basso Rickenbacker in tantissimi: Roger Glover (Deep Purple), Chris Squire (Yes), Mike Rutherford (Genesis), Simon Gallup (The Cure), Joey DeMaio (Manowar), Cliff Burton (Metallica), Geezer Butler (Black Sabbath), Chris Wolstenholme (Muse) e Roger Waters (Pink Floyd, anche se non c’è bisogno di specificarlo, dai) sono solo alcuni dei moltissimi bassisti che hanno optato per un Rickenbacker.


Tra gli italiani, ricordiamo Aldo Tagliapietra (il bassista e cantante de Le Orme), Red Canzian dei Pooh, Roberta Sammarelli (la bassista dei Verdena) e Roberto Paladino (Mr White Rabbit).

Ma il testimonial numero uno del basso Rickenbacker è senza dubbio Ian Frazer Kilmister, meglio conosciuto come Lemmy.

Nel libro c’è anche una citazione del bassista dei Motörhead, che afferma di aver scelto quel basso per la sua forma. "Faccio di tutto per l'immagine, sempre. Prendi un basso bello, e se non suona bene puoi sempre giocare con i pickup. Prendevo bassi Rickenbacker e cambiavo i pickup: ne misi uno della Gibson dentro il mio primo Rickenbacker e suonava come un fo**uto bulldozer”, queste le parole di Lemmy.

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