
Da “Ricomincio da Tre” a “Il Postino”: i migliori film di Massimo Troisi. FOTO
Il 4 giugno 1994, a soli 41 anni, si spegneva uno dei volti più noti della comicità partenopea. Attore, autore e regista: con il suo stile inconfondibile ha portato alla ribalta nazionale un modo diverso di essere napoletano. Lontano dal cliché e dai luoghi comuni e proprio per questo autentico. Ecco le sue migliori interpretazioni. LA FOTOGALLERY
A cura di: Massimiliano de Cesare

L'accento napoletano sincopato. La gestualità impacciata. Ma, soprattutto, un umorismo che traeva la sua forza dirompente dalla perfetta gestione dei tempi comici. Nel corso della sua intensa - seppur breve - carriera, Troisi ha impresso un marchio inconfondibile sulla comicità italiana, lasciando in eredità gag fulminanti, ma anche personaggi dalla grande profondità (Foto: © Cecchi Gori)
Massimo Troisi e Pino Daniele: storia di un'amicizia
L'esordio sul grande schermo arriva nella triplice veste di attore-regista-sceneggiatore. È il 1981 e Troisi è già un volto noto della televisione, merito soprattutto del successo ottenuto con il trio “la Smorfia”. Il produttore Mauro Berardi gli propone di scrivere, dirigere e interpretare un film tutto suo. In nemmeno un anno Troisi completa la sceneggiatura di “Ricomincio da tre” (Foto: ©IIF)

Nella pellicola interpreta Gaetano. Un giovane, introverso e impacciato, partito da Napoli per trovare il suo posto nel mondo. Non un emigrato – come più volte precisa durante il film – ma un esploratore. In lui si intravedono già, in filigrana, alcuni aspetti che saranno ricorrenti nei suoi personaggi: l'insicurezza, la sensazione di inadeguatezza, ma anche una spiccata lucidità (Foto: ©IIF)

Il film è un successo clamoroso. Incassa oltre 14 miliardi al botteghino e vale a Troisi diversi premi, tra cui due David di Donatello, tre Nastri d'Argento e due Globi d'oro, ma anche l'accostamento a grandi nomi della comicità napoletana come Totò ed Eduardo. Paragoni che Troisi rifiuta, cui la storia renderà però giustizia (Foto: ©IIF)

Tra l'uscita del primo e del secondo film passarono ben due anni. Il titolo, “Scusate il ritardo”, è allo stesso tempo un'autoaccusa e un manifesto. Fa infatti riferimento alla lunga attesa intercorsa tra una pellicola e l'altra, ma anche al difficile rapporto tra amanti, i cui tempi non sempre combaciano (Foto: © CINERIZ)

La pellicola ruota infatti intorno alla tormentata storia d'amore tra Vincenzo, interpretato dallo stesso Troisi, e Anna (Giuliana De Sio). Ma racconta anche le sofferenze di Tonino (Lello Arena), migliore amico di Vincenzo, appena lasciato dalla fidanzata (Foto: © CINERIZ)

Il personaggio di Vincenzo è simile a quello di Gaetano. Per scriverlo, Troisi trae libero spunto dalla sua autobiografia, attinge a piene mani dai suoi dubbi personali, ma anche dagli affetti a lui più cari. Una delle principali fonti di ispirazione delle sue opere è infatti la famiglia, da lui ribattezzata “la mia compagnia stabile” (Foto: © CINERIZ)

Dall'incontro con Roberto Benigni nasce il film culto “Non ci resta che piangere”. La pellicola racconta la storia di Mario e Saverio, due amici che, per uno strano scherzo del destino, si trovano catapultati indietro nel tempo nell'anno 1492

Gran parte del film si basa sulle prove attoriali di Benigni e Troisi. I due scrissero la sceneggiatura a sei mani, con la collaborazione di Giuseppe Bertolucci. Più che un vero e proprio copione, però, si trattava di un canovaccio che illustrava a grandi linee lo svolgimento della trama (Foto: © Cecchi Gori)

Su questa base Troisi e Benigni improvvisarono a ruota libera. La grande alchimia sul set valse loro l'accostamento ad un altro grande duo del passato: Totò e Peppino. Merito anche della celebre “lettera a Savonarola”, un chiaro omaggio alla scena probabilmente più famosa del classico “Totò, Peppino e la... malafemmina”

Dopo un piccolo ruolo nel film Hotel Colonial, girato in Colombia, Troisi torna al cinema nel 1987 con “Le vie del Signore sono finite”, da lui scritto, diretto e interpretato (Foto: ©Columbia Pictures)

La storia è ambientata in epoca fascista. Troisi veste i panni di Camillo Pianese, un invalido psicosomatico che ha perso l'uso delle gambe, probabilmente a causa della fine della sua relazione con Vittoria (Jo Champa). (Foto: ©Columbia Pictures)

Al consueto riconoscimento di pubblico, si affiancò anche quello della critica. Dopo avere incassato quasi dieci miliardi di lire al botteghino, il soggetto valse a Troisi un Nastro d'argento per la miglior sceneggiatura (Foto: ©Columbia Pictures)

A cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta, collabora come attore a tre film diretti da Ettore Scola: “Splendor”, “Che ora è?” e “Il viaggio di Capitan Fracassa”. Nei primi due recita al fianco di un gigante come Marcello Mastroianni, di cui diventerà grande amico anche fuori dal set

Dopo il poco convincente “Splendor”, nel 1989 esce al cinema “Che ora è?”. Il film è incentrato sul rapporto conflittuale tra Michele, un giovane laureato in lettere che sta per terminare il servizio di leva, e suo padre, un affermato avvocato romano, a lungo assente dalla sua vita e per questo “estraneo”

Grazie alle loro interpretazioni nella pellicola, nel 1989, Mastroianni e Troisi vinsero ex aequo la Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile alla Mostra del Cinema di Venezia nel 1989

L'ultima collaborazione con Ettore Scola è “Il viaggio di Capitan Fracassa”, film ispirato al romanzo di Théophile Gautier “Capitan Fracassa”. Qui gli viene offerta l'occasione di interpretare Pulcinella dopo un'intera carriera passata a raccontare Napoli e i suoi cortocircuiti

Nel 1991 realizza quello che passerà alla storia come il suo ultimo film da regista. Si intitola “Pensavo fosse amore... invece era un calesse” e tratta la complicata relazione tra Tommaso e Cecilia. Della pellicola è anche autore e protagonista, insieme a Francesca Neri (Foto: ©Cecchi Gori)

Il film è interamente dedicato al tema dell'amore. Un argomento già centrale nei precedenti lavori, che qui viene affrontato in maniera ancora più personale e intima. Proprio per la sua capacità di analizzare in profondità i legami tra uomo e donna, Troisi è stato anche soprannominato il “comico dei sentimenti” (Foto: ©Cecchi Gori)

La colonna sonora del film venne scritta da Pino Daniele, che aveva già firmato le musiche di “Ricomincio da tre” e “Le vie del Signore sono finite”. Per l'occasione, il cantante compose il brano “Quando”, presto diventato un grande classico della musica napoletana
Pino Daniele, le canzoni più famose
L'ultima interpretazione è quella de “Il Postino”. Probabilmente il film più intimo e meno comico della sua carriera. Una sorta di testamento artistico. Troisi si spense poche ore dopo l'ultimo ciak, ma già durante le riprese le sue condizioni erano critiche e lo costrinsero a farsi sostituire da una controfigura in alcune scene
L'omaggio a Pablo Neruda
A dirigere la pellicola fu il regista britannico Michael Radford, che già dai tempi di “Scusate il ritardo” coltivava il sogno di lavorare con Troisi. Nel 1983 gli offrì il ruolo di protagonista della pellicola “Another Time, Another Place”, proposta che l'attore declinò per non allontanarsi dall'Italia (Foto: © Cecchi Gori)

Da quel rifiuto nacque un rapporto di stima e amicizia, che sfociò in una collaborazione. L'occasione si presentò a dieci anni di distanza dal primo tentativo. Dopo aver letto il libro “Ardente Paciencia” di Antonio Skàrmeta, Troisi acquistò i diritti per realizzarne una versione cinematografica (Foto: © Cecchi Gori)

Offrì il ruolo di regista allo stesso Radford che prese tempo. Per convincerlo Troisi dovette bluffare: disse di aver fatto la stessa offerta a Tornatore. Una mossa che si rivelò vincente. Nel 1993, il cineasta britannico diede il via alle riprese a Pantelleria. La troupe si spostò poi a Salina e infine a Procida, l'isola cui Troisi aveva pensato sin dal primo momento (Foto: © Cecchi Gori)

Il film racconta la nascita dell'amicizia tra un giovane postino e il poeta Neruda. La sceneggiatura - scritta da Troisi, Radford e Scarpelli – stravolse però gran parte della storia del romanzo da cui era tratta. Il film ha ottenuto 5 candidature agli Oscar del 1996, tra cui quella come Miglior attore protagonista, ma si è aggiudicato solo la statuetta per la Miglior colonna sonora drammatica
I 50 anni di Maria Grazia Cucinotta