Da Fight Club a Mank, i 6 migliori film di David Fincher, candidato agli Oscar 2021

Cinema

Paolo Nizza

Il biopic su Herman J. Mankiewicz, sceneggiatore di “Quarto Potere”, ha ottenuto 10 nomination tra cui quella per la miglior regia. Nell'attesa di scoprire se Fincher riuscirà a vincere la sua prima statuetta, ecco le migliori pellicole dirette dal cineasta americano

"Cosa mi aiuta nel mio lavoro? Una certa aggressività sicuramente serve. Ma ci vuole anche una quota di paranoia. Poi la paura - la paura di fallire - e una travolgente necessità di piacere agli altri."

La frase è di David Fincher. Ma potrebbe averla pronunciata anche uno dei protagonisti dei suoi film. In fondo violenza, paura e desiderio attraversano tutte le opere del regista nato a Denver il 28 agosto del 1962. E dopo due nomination, rispettivamente per Il curioso caso di Benjamin Button (nel 2009) The Social Network (nel 2011), Fincher, forse con Mank, riuscirà a piacere anche a tutti i componenti dell'Academy e a conquistare la dorata statuetta.

 

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MANK (2020)

Mank è come tuffarsi in un Martini gelato, tra lizard girls e dattilografe con i copricapezzoli, tra Dulcinea e Don Chisciotte tra una citazione di Pascal ("Se avessi avuto più tempo, avrei scritto una lettera più breve") e l'inutilità di pisciare contro vento, il film di David Fincher rimanda ai romanzi di Budd Schulberg. La cronaca del naufragio di un manipolo di disincantati, mentre Sam corre sempre più veloce. E non è necessario credere alla tesi del film avvalorata da Pauline Kael, ovvero che sia lo sceneggiatore, Mank, l’autentico genio dietro quel capolavoro assoluto che è “Citizen Kane” Al cinema e nella vita tutto è molto più sfumato, confuso. contraddittorio. Il triangolo formato da Quarto Potere, Herman Mankiewicz e Orson Wellles resterà un mistero. Quello che rimane è un sontuoso dolente e nubiloso biopic su uno scrittore morto alcolizzato a 55 anni. Uno scrittore che si descriveva così "Mi sento sempre di più come un topo in una trappola costruita da me e che riparo ogni volta che trovo un'apertura che mi permetterebbe di scappare”. Gary Oldman è il solito Titano e meriterebbe la seconda statuetta, dopo quella vinta per “L’Ora più buia”.

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L'AMORE BUGIARDO-GONE GIRL (2014)

Delitto e castigo al tempo dei social network. David Fincher firma un multiforme thriller, dal coté hichtcockiano, sull’ (in)felicità coniugale. Tratto dall'omonimo best-seller di Gillan Flynn, e ispirato a una storia veral'opera è un crescendo rossiniano di scatole cinesi, in cui vittima e carnefice, innocente e colpevole, moglie e marito giocano a rimpiattino. Con la perizia di un demiurgo cattivo, il regista orchestra una spettacolare danza macabra, avvolta in una bianca nuvola di zucchero.

La fine di un amore, il matrimonio come manicomio, per citare uno slogan in voga nei seventies, coabitano con una satira feroce e amara di uno pseudo- giornalismo capace di oltrepassare qualsiasi pornografia dei sentimenti.
Grazie a due star, Ben Affleck e Rosamund Pike, in stato di grazia, L'amore bugiardo riesce nel miracolo di raccontare il nostro presente, attraverso gli stilemi di un thriller che cambia pelle, al pari di un serpente. Un film che dribbla la stereotipata guerra dei sessi, il corrivo conflitto maschi contro femmine, per parlarci, invece del caos emotivo, della perdita di identità, della deriva dell'io, che ci travolge tutti.

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THE SOCIAL NETWORK (2010)

"Non arrivi a 500 milioni di amici senza farti qualche nemico". Con questo slogan il film racconta la nascita di Facebook. Fincher in realtà, non era convinto di dirigerlo, fu la sceneggiatura di Aron Sorkin (premiata con l'0scar a fargli cambiare idea).
A proposito della pellicola, il regista ha dichiarato: "In qualche modo The Social Network è una vecchia storia, un classico scontro per cui è necessario valutare i vari punti di vista. Quello che però è molto interessante è che nella storia si evita di schierarsi con qualcuno. Non lo facciamo cercando di ricreare ogni dettaglio, ma ricreando gli eventi dalle diverse prospettive. La cosa importante era che il film parlasse di un gruppo di persone che si danno da fare per fare qualcosa di buono, partendo da un'idea e come alla fine decidono che non possono farlo insieme, che non sarà così, non possono completare il percorso insieme. Il nostro compito era quello di assemblare i fatti e trarne una verità, o meglio tre”.

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ZODIAC (2007)

Ispirato ai libri di Robert Graysmith Zodiac uscì al cinema nel marzo del 2007 (10 mesi prima dell’annuncio delle nomination. E forse per questo motivo non ricevette alcuna candidatura. Tuttavia, la precisione cartesiana della messa in scena, la cura certosina delle inquadrature, l’attenzione alla psicologia dei personaggi avrebbe meritato di essere gratificati almeno con una candidatura. Certo, in un Paese come gli Stati Uniti dove loser (perdenti) è uno dei più infamanti epiteti che si possono attribuire a un essere umano, la storia di un fallimento (il serial killer noto come Zodiac non fu mai né identificato, né tanto meno arrestato) può non risultare gradita agli americani. Detto ciò. le performance attoriali di Mark Ruffalo (il detective Dave Toschi), Robert Downey Jr (il giornalista Paul Avery), Jake Gyllenhaal (vignettista Robert Graysmith) restano epocali.

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FIGHT CLUB (1999)

Per David Fincher, essere riuscito a girare un film come “Fight Club” nel 1999, fu un autentico miracolo, soprattutto dopo che la pellicola venne rifiutata dalla 20th Century Fox. Certo, a distanza di più di vent’anni di si continua a parlare di questo club, anche se la regola imporrebbe di non parlarne mai. Quel mix esplosivo di boxe, taekwondo e lotta libera rappresenta ancora un pugno nello stomaco dello spettatore. Anzi, oggi, grazie ai social, e non solo per merito televisione, continuiamo a cresciamo convinti che un giorno diventeremo diventati miliardari, miti del cinema, rock star. E se la pellicola quando usci, fu un mezzo flop, con l’home video e con le parole di Chuck Palahniuk. “il film è migliore del mio libro”, Fight Club è diventato un cult. Dalle superbe performance di Brad Pitt, Edward Norton ed Helena Bonham Carter, alla travolgente colonna sonora firmata dai Dust Brother, un’opera che continua a ricordarci che “le cose che possiedi alla fine ti possiedono.”

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SEVEN (1995)

“Non sono speciale. Non sono mai stato eccezionale. Questo sì, lo è. Quello che sto facendo, il mio lavoro." Così parlo John Doe, lo Zarathustra criminale, il maniacale moralista che dopo aver costretto un obeso a mangiare sino a morire cita il Paradiso Perduto di John Milton: "Lunga ed impervia è la strada che dall'inferno si snoda verso la luce." In una New York in cui piove sempre, il serial killer della porta accanto trasfigura i sette peccati capitali in uno strumento di morte e di sofferenza. Gola, Avarizia, Accidia, Superbia, Lussuria, Invidia, Ira diventano i carnefici dei nostri vizi in un mondo dove la gente vuole mangiare cheeseburger, giocare al lotto e guardare la televisione. Il giustiziere compie i suoi articolati omicidi in una metropoli dove prima lezione è "mai gridare aiuto ma sempre al fuoco”. Nessuno risponde a una richiesta di aiuto. Tu urla al fuoco e arrivano di corsa."

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