25 anni fa a New York la prima di "Seven", il thriller più nero degli anni 90

Cinema

Giuseppe Pastore

Il 15 settembre 1995 nella Grande Mela fu presentato in anteprima il thriller capolavoro di David Fincher, con Brad Pitt, Morgan Freeman e Kevin Spacey. Ecco alcune curiosità, per l'esattezza sette...

25 anni fa a New York il mondo del cinema fece la conoscenza di uno dei noir più cupi, pessimisti e inquietanti della storia, in totale controtendenza con l'ottimismo degli anni Ottanta e Novanta che imponeva il lieto fine alla stragrande maggioranza del genere (anche un capolavoro come Il silenzio degli innocenti, decisamente il thriller migliore del decennio). Anche a venticinque anni di distanza il finale di Seven resta un esempio memorabile di regia e scrittura e non è l'unica perla di una pellicola ricca di curiosità nascoste. Eccone appunto sette, con la solita avvertenza: occhio agli SPOILER!

Effetto noir

Uno degli elementi più affascinanti del film è la fotografia curata dall'iraniano Darius Khondji, uno dei motivi per cui Seven ebbe grande successo a Teheran e dintorni. Fincher gli aveva chiesto una fotografia "in bianco e nero, ma con un film a colori": insomma qualcosa di retrò, ispirato ai grandi noir anni '40 e '50, che Khondji impreziosì con trovate ricercate sporcando per esempio la pellicola con le cosiddette "bruciature di sigaretta" (purtroppo scomparse nella rimasterizzazione digitale), oppure con questi splendidi e inquietanti titoli di testa.

I quaderni del SERIAL killer

 

Tutti i quaderni del serial killer John Doe, ritrovati in un oscuro bugigattolo dal Detective Somerset (Morgan Freeman) e i suoi uomini, furono scritti appositamente a mano. Un lavoraccio che richiese oltre due mesi di fatica, che curiosamente è lo stesso periodo di tempo indicato da Somerset: "Anche avendo cinquanta uomini divisi in turni di ventiquattr'ore per leggere tutto, ci vorrebbero due mesi".

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Manca qualcuno?

In nome dell'effetto sorpresa, per salvaguardare una delle entrate in scena più memorabili della storia, Kevin Spacey non compare nei titoli di testa. In compenso compare due volte nei titoli di coda che scorrono "al contrario", sulle note di The Heart's Filthy Lesson di David Bowie.

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Che città è?

Non è mai rivelato il nome della città dove piove eternamente in cui è ambientato il film: anche sui distintivi dei poliziotti c'è scritto solo "Metropolitan". Eppure un indizio ci viene mostrato negli ultimi minuti, quando Mills (Brad Pitt) e Somerset stanno accompagnando John Doe sul luogo della scena finale: un cartello che fa riferimento a Vernon Avenue e a una 51^ strada, che si trovano a Los Angeles.

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Morto che parla

L'unica vittima di John Doe che viene trovata ancora viva, per quanto ridotta proprio male, è uno spacciatore tenuto incatenato al letto per un anno e per questo accusato di "accidia". Fincher non informò della cosa l'attore che interpretava il poliziotto che lo stava ispezionando credendolo morto: così, quando nel film la vittima tossisce improvvisamente, la sua reazione di paura risultò più autentica.

UN SOLO DELITTO

Pur essendo uno dei più efferati serial killer della storia del cinema, per tutto il film John Doe non è mai raffigurato "in diretta" nell'atto di uccidere qualcuno. Ironicamente, con tutto lo humour nero di cui è provvisto Fincher, l'unico omicidio mostrato lo commette un poliziotto...

AND THE OSCAR GOES TO...

Nonostante sia diventato un film-cult, Seven fu quasi totalmente snobbato agli Oscar 1995, guadagnando una sola nomination per il montaggio di Richard Francis-Bruce. Curiosamente, nella stessa edizione degli Oscar Kevin Spacey e Brad Pitt erano in lizza per l'Oscar come miglior attore non protagonista rispettivamente per I soliti sospetti e L'esercito delle 12 scimmie. Ricordate chi vinse?

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