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The Room Next Door, l'eutanasia nel film di Almodovar in concorso a Venezia. La recensione

Cinema

Paolo Nizza

Tilda Swinton e Julianne Moore amiche per la vita e per la (dolce) morte nel primo lungometraggio girato in lingua inglese dal regista spagnolo. Un’opera sobria e dolente ma non privo di speranza che affronta con tatto il tema del fine vita e lancia un grido di allarme a difesa del pianeta in cui viviamo

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“Proprio come sceglierò la mia nave quando mi accingerò ad un viaggio, o la mia casa quando intenderò prendere una residenza, così sceglierò la mia morte quando mi accingerò ad abbandonare la vita.” La frase è del filosofo Seneca morto nel 65 dopo Cristo. Nonostante la siderale distanza temporale queste parole potrebbe essere riportate nei titoli di testa di The Room Next Door, presentato in concorso alla 81.ma edizione della Mostra del cinema di Venezia (SEGUI LA DIRETTA). Per la sua prima pellicola girata in lingua inglese. Pedro Almodovar sceglie di portare sul grande schermo il romanzo “Attraverso la vita”, scritto da Sigrid Nunez. Il risultato è  un melodramma contenuto, ma altresì emozionante. Un kammerspiel girato tra Madrid, New York e il New England.  la pellicola è un esempio cinema fatto di parole, silenzi e sguardi. Mandati da tempo in soffitta, gli sgargianti stilemi di Pepi, Lucy, Boom e le altre ragazze del gruppo, Almodovar affronta temi delicati, complessi e rischiosi, senza mai cadere nella pornografia dei sentimenti o nelle scene madri, seguite dal corrivo “ preparate i fazzoletti”. Se sei un regista dall’immenso talento, non è necessario usare la cipolla o le gocce di glicerina per far piangere gli spettatori.

The Room Next Door, la trama del film

Ingrid è una scrittrice di successo di autofiction. Alla libreria Rizzoli di New York si sottopone volentieri al rituale del firmacopie. Tutti i partecipanti alla presentazione andranno a casa con una copia autografate del volume. Il libro affronta il tema della morte. La scrittrice non accetta che ciò che nasce debba un giorno finire. La donna scopre per caso che Marta, sua grande amica in gioventù e stimata cronista soffre di un tumore ormai in fase terminale. La tragica situazioni riunisce le due donne, che insieme affronteranno estremi e difficoltà. E comprenderanno che la morte non è la fine di tutto.

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Un pianeta malato e in agonia

Una comica in bianco e nero di Buster Keaton trasmessa in tv, basta per dimenticare solo per un attimo il calvario della malattia. Soprattutto se la visione con un’amica sincere. Una delle poche persone che sa soffrire senza far sentire in colpa l’altro. Perché ci sono molti modi di vivere una tragedia. Con accuratezza e rigore Almodovar orchestra un dramma da camera al quale è impossibile restare indifferenti. Senza trucchi od orpelli, ci parla della paura di morire e di soffrire che accomuna ogni essere umano. E la sofferenza dell’ex reporter di guerra è la stessa che prova il pianeta terra, come avverte il personaggio interpretato da John Turturro nel film, ovvero Il giorno in cui neoliberismo ed estrema destra avanzeranno insieme inizierà il conto alla rovescia, e oggi estrema destra e neoliberismo si tengono già per mano. Il 

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Tilda Swinton e Julianne Moore da Oscar

Sono sufficienti le performance attoriali di Tilda Swinton e Julianne Moore per precipitarsi a vedere The Room Next Door quando uscirà nelle sale cinematografiche. La pellicola si regge tutta sulle loro possenti spalle. I dialoghi tra le due star dovrebbero essere oggetto di studio nelle scuole di recitazione. Ma pure la loro mimica, la loro postura, perché si recita pure con il corpo.  Tra reminiscenze delle notti selvagge nella  New York degli anni Ottanta, la tragedia della guerra in Bosnia e il ricordo di un amore tra due carmelitani nella Baghdad abbandonata Croce Rossa  e dalle ONG, il film ha eleganza e il mistero di un quadro di Hopper. E come sovente accade sono i capolavori senza tempo a indicarci la via. Come un metronomo, la fine di Gente di Dublino, il romanzo di James Joyce trasportato al cinema da John Houston è l’elogio funebre per questa storia di perdita e rinascita

" La neve cadeva su ogni punto dell’oscura pianura centrale, sulle colline senza alberi, cadeva lenta sulla palude di Allen e, più a ovest, sulle onde scure e tumultuose dello Shannon. Cadeva anche sopra ogni punto del solitario cimitero sulla collina dove era sepolto Michael Furey. Si ammucchiava fitta sulle croci contorte e sulle lapidi, sulle punte "