Diabolik – Chi sei? Le origini del re del terrore. La recensione del film dei Manetti Bros

Cinema
Paolo Nizza

Paolo Nizza

Arriva al cinema dal 30 novembre il terzo e ultimo capitolo della trilogia dedicata al personaggio dei fumetti, creato nel 1962 da Angela e Luciana Giussani. Sulle note di una ipnotica colonna sonora, un’opera che mescola il poliziottesco, il giallo alla Dario Argento con il bianco e nero dell’espressionismo e che svela la giovinezza del genio del crimine

“Essere o non essere” è un dilemma che si poneva già il principe Amleto nella tragedia di Shakespeare. Solo che qui non siamo nella Danimarca del XVI secolo, ma nell’immaginaria città di Clerville negli anni Settanta. E questo il palcoscenico in cui si muovono i protagonisti di Diabolik – Chi sei?. La pellicola arriva nelle sale cinematografiche italiane a partire giovedì 30 novembre dopo l’anteprima alla Festa del Cinema di Roma. Parimenti ai due precedenti film, con la perizia virtuosa di due monaci amanuensi, i Manetti Bros trasfigurano sullo schermo le pagine del fumetto creato dalle sorelle Giussani. Nello specifico si tratta del centosettesimo albo, uscito nelle edicole nel marzo del 1968. Una storia che narra l’infanzia, la vocazione e le prime esperienze del re del terrore e in cui la parte sentimentale si manifesta con maggior rilievo D’altronde ogni epopea ha un inizio e anche i criminali si innamorano.

Tra Mario Bava, Dario Argento e  Fernando Di Leo

L’incipit di Diabolik – Chi sei? è uno splendido viaggio a ritroso nel tempo. Un omaggio alla golden age del cinema di genere made in Italy. Il giallo all’italiana, i guanti del killer, la morte al lavoro, l’impermeabile e il cappello a tese larghe abitano una sequenza che parte da Sei donne per l’assassino di Mario Bava e arriva a Profondo Rosso di Dario Argento. In un crescendo rossiniano si passa a una concitata rapina in banca. Pare di trovarsi in un lungometraggio di Fernando Di Leo (la mente corre subito a Milano Calibro 9). Eppure non è una corriva fotocopia, ma un emozionato ed emozionante omaggio a un genere che i Manetti Bros. conoscono e amano, sin da quando hanno iniziato a fare cinema. Ed è questa sincera e financo autorevole passione a segnare ai la differenza rispetto ai tanti, anonimi e slavati epigoni del poliziottesco all’italiana.

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Miriam Leone e Monica Bellucci alla riscossa

Si sa, in Diabolik, nel fumetto come nei film, il crimine paga e paga bene. Ma come in ogni saga che si rispetti è d’uopo l’incontro tra l’antieroe mascherato e la sua nemesi, ovvero l’ispettore Ginko. Incatenati da una da una feroce gang di rapinatori, i due si trovano uno di fronte all’altro. Reclusi in un’angusta cella, senza alcuna via di uscita e consci di andare incontro a una morte inevitabile, Diabolik racconta all'ispettore il suo oscuro passato. Nel frattempo Eva Kant e Altea sono alla disperata ricerca dei loro uomini. Sicché le strade delle due rivali confluiscono. Perché in questo capitolo finale sono le figure femminili a determinare il destino dei loro rispettivi compagni. Volitive amazzoni, si destreggiano con stile e tempra. Come diceva Laforgue: “Sarà la donna a salvare il mondo”.

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Whisky e  Lingerie

Come nei precedenti Diabolik (2021) e Diabolik - Ginko all'attacco! (2022), sono la cura e l’amore per i dettagli a trasfigurare il film in un’opera vintage dal fascino abbacinante. La voluttuosa lingerie retrò (un florilegio di négligé e collant velati), il night sordido e fumoso, le basette puntute, le bottiglie di Whisky consumate come se non ci fosse un domani sono solo alcuni degli elementi che contribuisco a rendere il lungometraggio un sublime sussidiario illustrato degli anni Settanta. Girata tra Bologna, Trieste, Milano e scorci del litorale laziale, con la località di Praia a Mare,  in Calabria trasformata nell'isola misteriosa in cui Diabolik ha trascorso la sua peggio gioventù, la pellicola pare davvero trasportarci in un'epoca lontana, feroce e fascinosa  il E in questo senso il cameo dell’inobliabile Barbara Bouchet (protagonista di un florilegio di cult movie di quella stagione irripetibile del cinema di genere made in Italy,  è come la ciliegia di maraschino in un cocktail Manhattan.

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Una pantera nera chiamata Diabolik

Friedrich Nietzsche, il filosofo con il martello, scriveva che "in virtù della musica le passioni godono di se stesse". E in Diabolik - chi sei? la colonna sonora è una sorta di personaggio aggiunto. Curata da Pivio & Aldo De Scalzi, la soundtrack vede la presenza di Calibro 35 , Alan Sorrenti, Mike Patton, Mario Biondi, Raiz e Franco Ricciardi. Tra il funky e il rhythm and blues, si manifestano i camei di Carolina Crescentini, Max Gazzé, Paolo Calabresi (indimenticabile nel ruolo del malevolo villain King. Un valore aggiunto che impreziosisce la pellicola interpretata da Giacomo Gianniotti, Miriam Leone, Valerio Mastandrea, Monica Bellucci e Pier Giorgio Bellocchio. E come la letale pantera nera a cui il re del terrore si ispirerà per il suo nome di battaglia, il film dei Manetti Bros. intriga con le sue movenze feline e sinuose. Tra il bianco e nero espressionista, contagiato da un rosso sangue che ricorda Sin City e L’odio e l’amore scritta da Francesco Bianconi, la pellicola è l’incisivo epilogo di una trilogia originale che ha cercato una via europea per trasportare una storia a fumetti sul grande schermo. Un tentativo assolutamente lodevole. Quindi tra un bacio rubato e un colpo di pistola, non resta che immergersi in questo ultimo capitolo, mentre  rieccheggiano le note dei virtuosi Calibro 35 e le parole del figlio delle stelle Alan Sorrenti: "Liquida scende la tua ombra sulla città teatro di una fuga dove tu sei il re, l'artista del crimine. Abile nell'inventare maschere. Inafferrabile, sai nasconderti ovunque. Ti chiami Diabolik, Basta il tuo nome a ipnotizzare chiunque ti fissi negli occhi."

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