"Una gran voglia di vivere", l’intervista a Michela Andreozzi. VIDEO
CinemaUna storia d'amore si trasforma, sempre, prima ancora di finire. Con leggerezza e delicatezza Michela Andreozzi lascia per un attimo la commedia ed esplora il "romance" nel film "Una gran voglia di vivere" con Fabio Volo e Vittoria Puccini. Disponibile su Prime Video (visibile anche su Sky Glass, Sky Q e tramite la app su Now Smart Stick)
Un film sull’amore e più in generale una pellicola sulla donna e sull’uomo.
Michela Andreozzi cambia e sperimenta un nuovo registro, quello romantico, in un film che si intitola “Una gran voglia di vivere” liberamente tratto dall’omonimo romanzo di Fabio Volo che della pellicola è protagonista insieme a Vittoria Puccini. Una coppia in crisi, dopo anni di matrimonio e piccole routine: nessun tradimento, nessun grande scossone, nessun apparente problema.
Eppure qualcosa non va o meglio, non va più come prima.
Forse un viaggio, in questo caso nella bellissima Norvegia, potrebbe aiutare a mettere a fuoco il problema o semplicemente ad accettare che siamo sempre in trasformazione. Disponibile su Prime Video (visibile anche su Sky Glass, Sky Q e tramite la app su Now Smart Stick) , ecco che cosa ci ha raccontato Michela Andreozzi sul film, sull’amore e non solo.
Michela Andreozzi, regista di “Una gran voglia di vivere” o “regissa” come so che a volte ti piace definirti?!
“Mi sento sempre “regissa” questo non cambia mai, anche se qui ho cambiato un po' il genere perché questo film è più romantico rispetto ai miei precedenti che erano più commedia. Il film, che non è ambientato a Roma, è tratto dal libro di Fabio (Volo), anzi è liberamente tratto nel senso che nel libro troviamo un uomo in dubbio verso il suo decennale matrimonio, mentre nel film (scritto insieme a Fabio e Filippo Bologna) noi abbiamo creato la storia di una coppia, in cui troviamo oltre al marito anche la moglie con un proprio arco narrativo. Marco e Anna (interpretata da Vittoria Puccini), così si chiamano i protagonisti, sono dunque diventati due personaggi con le proprie ragioni e motivazioni e sono in crisi.
All’inizio sono innamorati pazzi, poi dopo dieci anni non capiscono più cosa sia andato storto ma qualcosa è successo perché l’amore andrebbe sempre alimentato. In effetti, se dovessi sintetizzare il film, direi che è una pellicola in cui ci si pone la domanda: come si fa a fare durare l’amore! Ad Anna sostanzialmente prende “una gran voglia di vivere” e quello che ha non le basta più.
Per questo cerca di mettere in crisi la coppia, di farsi domande: lui, il marito, non molla perché è ancora innamorato e decidono di far contento il figlio e di fare un viaggio insieme in Norvegia. Io stessa ho fatto un bellissimo viaggio con mio marito (Massimiliano Vado) e abbiamo messo insieme le varie esperienze, per questo nel film c’è una gran parte dedicata proprio al viaggio e credo che sia un momento in cui “si respira” molto”.
Trovo che sia una cosa positiva essere sempre alla ricerca di costanti stimoli, per se e per la coppia. Cosa ne pensi?
“Lo credo anche io. Mi sento fortunata perché faccio un lavoro che mi riempie di soddisfazioni e magari a volte capisco che non è facile comprendere la donna o l’amica che ci sta accanto, che ha una famiglia da dieci anni, magari un figlio, e che si sente bloccata, ferma, indietro rispetto al marito perché ancora oggi se qualcuno deve rinunciare a qualcosa, è la donna a doverlo fare.
Per questo mi interessava anche raccontare donne che io osservo da vicino, costantemente, e che sono sicuramente felici in apparenza ma che in realtà sono entrate in una zona di “comfort” in cui è il marito a prendersi carico di loro mentre loro si sono dimenticate di se stesse.
Quando conosci Anna nel film, all’inizio ti chiedi che cosa possa volere di più, invece poi man mano che entriamo nella storia capiamo meglio che lei mette in crisi la coppia per uscire da una situazione di stallo in cui erano finiti”.
Tra l’altro il personaggio di Anna fa una domanda scomoda e rischiosa quando chiede a Marco: “Tu mi ami ancora”?
“E’ la domanda che da il via al film ma che secondo me, dopo tanti anni di relazione, è giusto fare perché diventiamo tutti parte della routine quotidiana.
All’inizio lasci i bigliettini d’amore sul frigo e riempi la chat di whatsapp di cuori, dediche e canzoni e poi nel tempo si da per scontato l’amore.
Mi rendo che conto che sia un micro tema ma in verità è universale e comune”.
Tu hai sempre la capacità di raccontare storie “vere”, storie concrete. Come riesci a tenere questo filo di verità?
“Ti ringrazio. In questo caso devo dire che era fondamentale trovare una coppia artistica che avesse una chimica, che sembrasse davvero innamorata e devo dire che Fabio e Vittoria sono credibili, sembrano davvero amarsi, desiderarsi e poi, appunto, perdersi. Sono contenta di avere “inventato” questa coppia artistica che secondo me “mi ruberanno”!”
Quanto ti piace raccontare le storie, le emozioni di cui sono fatte le storie?
“Per me è fondamentale farlo perché la cosa che più mi interessa al mondo sono gli esseri umani. Così come i paesaggi e la natura in effetti….direi che amo la fauna e la flora ecco! Credo che raccontare sia una forma di condivisione e l’ho sempre fatto anche quando recitavo e adesso naturalmente con la scrittura e la regia credo di essere ancora più libera di farlo.
Raccontare poi significa condividere un punto di vista a volte più coraggiosamente a volte in maniera più morbida, anche per avere un confronto”.
L’amore si trasforma nel tempo, magari cambia il modo di manifestarlo ma non significa che non ci sia più
“Sono d’accordo con te, l’importante è che ci sia una reciprocità e che ci sia una reciproca soddisfazione. Se uno dei due va a una velocità diversa o ha più soddisfazioni, l’altro ne può risentire.
La felicità della coppia viene minacciata dalla non felicità del singolo.
L’equazione può sembrare assurda, però credo che noi possiamo essere felici in coppia solo se lo siamo singolarmente. La coppia non può darti tutta la gioia, detto questo io sono una super romantica e sono aperta a mille possibilità e soprattutto al lieto fine!”.
approfondimento
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Nel film si dice: “meglio un divorzio felice che un matrimonio triste”
“Fabio lo ha scritto anche nel libro ed è un portavoce di questo tema, che lo riguarda da vicino. Personalmente invece io sono più possibilista sulle riconciliazioni però ognuno naturalmente vede quello che vuole, nella storia del film.
Credo che comunque l’importante sia mantenere il rispetto l’uno dell’altro e non a caso infatti uno dei temi del film è la gentilezza, ossia il fatto che si possa entrare in conflitto o allontanamento e non per questo mancare di rispetto alla persona che hai di fronte e che hai amato per anni. Mettere in crisi a volte significa anche trovare le soluzioni nel bene e nel male”.
A Teatro invece quando ti rivediamo?
“Sto facendo delle regie per altre persone e sto scrivendo alcune cose. Ti avviso però: voglio cambiare genere anche qui!”