Il processo ai Chicago 7, il film candidato a 6 Oscar con Sacha Baron Cohen

Cinema

Giuseppe Pastore

Il film di Aaron Sorkin dopo essere stao premiato con 1 Golden Globe e 1 SAG Awards è uno delle pellicole candidate alla vittoria finale, forte anche delle 6 nomination, tra cui quello come miglior film e migliore attore non protagonista a Sacha Baron Cohen

Un film che mette insieme l'attualità politica, la ricostruzione storica e il classico cinema hollywoodiano di ambientazione tribunalizia: sbarcato su Netflix a ottobre, Il processo ai Chicago 7, nel suo riuscito tentativo di accontentare pubblici e generazioni diverse, è uno dei titoli di maggior successo della stagione 2020-2021 e forte di 6 candidature agli Oscar (miglior film, miglior montaggio a Alan Baumgarten, migliore attore non protagonista a Sacha Baron Cohen, migliore canzone a Celeste, Daniel Pemberton, migliore fotografia a Phedon Papamichael, migliore sceneggiatura originale a Aaron Sorkin).

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La firma, prestigiosissima, è quella del grande Aaron Sorkin, sceneggiatore dal curriculum lungo così che ormai quasi trent'anni fa aveva scritto un'altra delle vette del genere processuale, Codice d'onore (1992) con Tom Cruise, Demi Moore e un indimenticabile Jack Nicholson che ringhiava in faccia all'avvocato dell'accusa Cruise in un memorabile confronto finale. Ma nei tre decenni successivi Sorkin ha spaziato con successo dal genere sportivo (il bellissimo Moneyball) al biografico (Steve Jobs), fino a una serie tv di grande successo come West Wing e un film che cattura lo spirito di una generazione come The Social Network di David Fincher, e si è infine cimentato con successo nella regia con Molly's Game con Jessica Chastain, Idris Elba e Kevin Costner. La sua seconda esperienza dietro la cinepresa è sorkiniana al mille per mille e si avvale della supervisione di Steven Spielberg, che cullava un progetto sui Chicago 7 già dal 2007, sognando di farlo uscire a ridosso della campagna delle Presidenziali 2008 poi vinte da Barack Obama.

March 4, 2018; Hollywood, CA, USA; Oscar statues are seen backstage during the 90th Academy Awards at Dolby Theatre. Mandatory Credit: Handout Photo by A.M.P.A.S. via USA TODAY NETWORK/Sipa USA

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Insomma, ruoli archetipici di una certa America arguta, brillante e democratica che, come sappiamo, non sempre trova diretta corrispondenza nella realtà. La sceneggiatura di Sorkin è come sempre acuta e ricca di dialoghi scintillanti (merita una menzione la lite tra l'hippie Abbie e il moderato Tom la sera prima dell'interrogatorio), anche se qualcuno ha lamentato una scarsa attinenza alla verità processuale in nome dello spettacolo e dell'intrattenimento (a proposito, notevolissimo anche il cammeo – sole due scene – di Michael Keaton). Certamente non può essere casuale la data d'uscita, ulteriore conferma di una categoria particolarmente coinvolta nel confronto Trump-Biden, vissuto con una militanza che nel cinema americano rimanda al periodo impegnato degli anni Settanta: ma se quel cinema era riflesso di un'America buia e paranoica non meno di quella attuale, gli autori di oggi sanno proporre una varietà molto più ampia di stili e registri. Paradossalmente, va a finire che Hollywood dovrà ringraziare Donald Trump...

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