40 anni fa "Un sacco bello", il film di Ferragosto per eccellenza

Cinema

Giuseppe Pastore

Nel 1980 il 15 agosto romano immaginato da Carlo Verdone: aneddoti, storie, curiosità che (forse) non conoscevate di un cult della commedia italiana

Girato nell'estate del 1979 e uscito al cinema nel gennaio 1980, Un sacco bello è il film che definisce il Ferragosto italiano da quarant'anni: tiene il suo passo solo un altro capolavoro del genere estivo come Il sorpasso (Dino Risi, 1962). Ecco dieci storie, curiosità e aneddoti sul film e sul cast che (forse) non conoscete.

L'inizio

Per la prima scena in assoluto della propria cinematografia, Carlo Verdone non si accontenta della solita panoramica sui tetti di Roma o di un'apertura “da zero a zero”: ci porta idealmente nel sottosuolo, un luogo quasi catacombale che si rivela essere una sauna da cui esce Enzo, il primo personaggio a entrare in scena nella sua carriera da regista. Pochi secondi dopo lo vediamo aprire a chiave la porta di quella che sembra a tutti gli effetti camera sua (ma dove vive Enzo? È uno dei tanti misteri che il film non chiarirà). Quindi, prima di procedere alla vestizione, fa partire un disco che nelle intenzioni di Verdone doveva essere Train Time dei Cream, idea accantonata perché i diritti costano troppo. Al posto dei Cream il produttore Sergio Leone suggerisce prosaicamente di lasciar lavorare Morricone (“Famola fà a Ennio che c'aa fà uguale!”): il risultato è quello che si sente nella prima scena del film.

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I luoghi

Vero monumento in movimento alla Roma estiva degli anni Settanta, con strade enormi e silenziose e tutti i musei chiusi come si lamenta Marisol, Un sacco bello mostra moltissimi scorci poco noti, alcuni anche decisamente periferici come via Giovanni Conti in zona Vigne Nuove, dove sorge il famoso “Palo della morte” a cui si danno appuntamento Enzo e Sergio (oggi il Palo è stato rimosso, ma il luogo è ancora meta di pellegrinaggi dei fan del film). Ruggero e il padre si ritrovano e si lasciano in via Luigi Petroselli, a un passo dalla Bocca della Verità. Sergio viene ricoverato all'Ospedale San Gallicano a Trastevere, e sempre a Trastevere – in zona Porta Settimiana – abita Leo: all'incrocio con via Garibaldi gli capita di rovesciare l'olio e incontrare per la prima volta Marisol. In quel punto c'è una targa d'inciampo apposta anni fa dal Comune di Roma.

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Il fischio

In occasione della morte di Ennio Morricone, è tornato d'attualità il divertentissimo aneddoto raccontato da Verdone sulla genesi della colonna sonora: Sergio Leone lo trascinò quasi di peso nella lussuosa villa all'EUR del compositore, che si fece raccontare l'intera sceneggiatura per poi mettersi al lavoro per questa commedia di un regista esordiente lontana dai suoi standard abituali. Il risultato fu naturalmente eccellente e contribuì al grande successo del film. Il brano più famoso ricorre più volte all'interno del film fino ai titoli di coda: una melodia lenta, quasi annoiata, perfettamente rappresentativa del tedio della città in agosto, esaltata dal celebre fischio di Alessandro Alessandroni, storico collaboratore di Morricone che ne aveva già sfruttato le prodigiose abilità nei suoi spaghetti-western.

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Mario Brega

Sempre attento alla caratterizzazione dei personaggi secondari, Verdone trova una fantastica spalla nel gigantesco Mario Brega, amico personale di Sergio Leone che folgora il regista al primo incontro, quando entra a casa di Leone reggendo una grande cassa di frutta e verdura presa ai Mercati Generali. Brega non era un esordiente: aveva già avuto piccoli ruoli in decine di film, dalla “trilogia del dollaro” di Leone a opere di Dino Risi, Pietro Germi e Nanni Loy, ma Verdone è il primo a scoprire e valorizzare il suo talento comico, disegnandogli un personaggio indimenticabile che nel film si chiama proprio Mario Brega.

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Fiorenza

Ancora più curioso l'episodio che porta Verdone a scegliere l'attrice per il ruolo di Fiorenza, hippie e ipotetica “compagna di vita” di Ruggero. Accade a casa di Piero De Bernardi, lo sceneggiatore con cui Verdone sta scrivendo il film: una mattina gli capita di assistere a un banale litigio tra le due figlie Guendalina e Isabella e rimane folgorato dalla parlata e dall'aspetto di quest'ultima, all'epoca sedicenne senza alcuna velleità da attrice. Sull'onda del successo di Un sacco bello Isabella comparirà in altri film anni Ottanta, da Borotalco di Verdone al Marchese del Grillo di Monicelli, poi abbandonerà il cinema e si dedicherà alla grafica e alla pubblicità, fino a diventare direttrice artistica dell'agenzia Young & Rubicam.

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Marisol

Se Fiorenza rimane nei confini della macchietta che del personaggio a tutto tondo, la prima vera donna del cinema di Verdone è la spagnola Marisol, ragazza brillante e solare che con la sua energia sconvolge il Ferragosto di Leo. Interpretata dall'attrice Veronica Miriel, prima di tante partner in quarant'anni di carriera del regista romano (da Ornella Muti a Claudia Gerini, da Eleonora Giorgi a Margherita Buy...), lasciò il cinema pochi mesi dopo l'uscita di Un sacco bello, dedicandosi soprattutto alla pittura.

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Sei personaggi

I personaggi di contorno li abbiamo visti: il resto è un grande Verdone-show, all'insegna di un trasformismo senza freni già sperimentato e apprezzato in Non Stop, la trasmissione televisiva di Enzo Trapani in cui si era affermato a livello nazionale, attirando l'attenzione di Sergio Leone. Di Enzo il coatto, Ruggero l'hippie e Leo il mammone abbiamo già detto, ma sono memorabili anche i tre amici convocati da Mario Brega nel tentativo di riportare Ruggero sulla retta via: Don Alfio, prete calabrese con qualche lacuna sulla Bibbia, il tronfio Professore che racconta la rigorosa educazione impartita a “suo figlio Gabriele” e il petulante cugino Anselmo, che cerca di trasmettere a Ruggero i benefici di una stabile vita sentimentale calcolatrice alla mano.

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In ospedale

Tra le scene più citate dagli appassionati non possono mancare gli aneddoti sanguinolenti, palesemente inventati, con cui Enzo intrattiene i portantini dell'ospedale in cui è ricoverato per calcoli il povero Sergio. Questa scena è un saggio delle capacità di ritmo e improvvisazione di Verdone, uno dei comici italiani più attenti al gesto, all'espressività, al tic involontario.

L'agendina

Ma proprio Enzo è il personaggio più tragico e malinconico di tutto il film: lo scopriamo alla fine, in una scena bellissima, quando lasciato “a piedi” da Sergio si mette disperatamente in cerca di qualcuno che venga con lui fino a cracovia. E l'agendina telefonica che c'immaginavamo piena di contatti e conoscenze, anche femminili, si rivela desolatamente vuota: contravvenzioni, Elettrauto, Stadio Olimpico, Olimpico Stadio, Sarta Adriana, “Volsgahen (mercato usato)”... alla fine si ridurrà a chiamare un certo Ennio Martucci, che gli procurerà un accompagnatore alquanto improbabile.

La bomba

Girato un anno prima, Un sacco bello anticipa involontariamente il 1980, uno degli anni più tragici e difficili del Dopoguerra italiano, segnato da due stragi estive ancora avvolte nel mistero (Ustica e la stazione di Bologna), che si concluderà con il disastroso terremoto in Irpinia. Il clima d'inquietudine che serpeggia nel Paese esplode nel finale con una bomba che riecheggia in tutta la capitale, una bomba che a quanto pare non è neanche un caso isolato (qualche minuto prima Leo accenna a un'altra misteriosa esplosione in zona Campidoglio), accolta senza neanche troppa sorpresa dai protagonisti, che Verdone non perde minimamente tempo a spiegare.

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