Una storia di vulnerabilità, amicizia e libertà. Una storia che racconta dell'umano che è in tutti noi. Mario Martone presenta così "Fuori" il suo nuovo film presentato in concorso al Festival di Cannes
Mario Martone, unico regista italiano in concorso nella sezione ufficiale del Festival di Cannes, porta Goliarda Sapienza sulla Croisette.
O meglio, racconta una piccola parte della vita della scrittrice siciliana dell'Arte della Gioia e non solo, nel film che si intitola “Fuori”.
Roma, 1980. Goliarda finisce in carcere per aver rubato dei gioielli, ma l'incontro con alcune giovani detenute si rivela per lei un’esperienza di rinascita.
Nel cast Valeria Golino, Matilda De Angelis, Elodie e Francesco Gheghi tra gli altri. Ecco che cosa ci hanno raccontato i protagonisti
MARIO MARTONE
“Trovo che Goliarda Sapienza fosse sia vulnerabile che forte e può sembrare una contraddizione, ma non lo è. Non lo è certamente per una donna, ma anche per un uomo può esserlo.
Cioè bisogna dire che Goliarda Sapienza, che è così importante da un punto di vista del discorso femminile e femminista, è in verità una scrittrice grande che abbraccia tutte le questioni umane. Quindi anche chi è maschio può benissimo sentirsi coinvolto in prima persona da questo rapporto tra vulnerabilità e forza”.
“Abbiamo avuto la possibilità di girare in carcere, anche a Rebibbia ad esempio, e devo ringraziare tutti quelli che lo hanno reso possibile, aiutandoci anche con tutta la burocrazia che abbiamo affrontato”.
“Nel film spesso e volentieri si ride, ce ne sono di occasioni per farlo.
Le tre donne protagoniste hanno una grande vitalità e c’è quindi una leggerezza di fondo, perché si sente la spinta di libertà che tutte vivevano e cercavano.
Io credo che “l’umano” sia veramente il segno di Goliarda Sapienza che, parliamoci chiaro, è una scrittrice che nasce in un momento storico particolare (a Catania nel 1924) in una famiglia molto particolare impegnata politicamente, non va a scuola e si ritrova in casa con tutti quei fratelli…la sua vita di certo è una delle grandi vite del Novecento. Ovviamente lei affronta difficoltà e dolori di ogni tipo però mantiene sempre questa vitalità; basti pensare al titolo di uno dei suoi libri più famosi “L’Arte della Gioia” che è perfetto per definire la poetica di un'artista”.
VALERIA GOLINO
“Abbiamo girato alcune scene in carcere e di questa esperienza mi sono rimasti i rapporti umani con le persone che ho conosciuto e che ci hanno accolto.
In verità erano anche libere di non farlo, le detenute avrebbero potuto semplicemente “subirci” e invece non è stato così, ci sono stati dei bellissimi incontri. Mario (Martone) ha anche voluto come comparse delle detenute e delle ex detenute e tutte ci hanno accolte, raccontato le loro esperienze e noi abbiamo potuto fare delle domande che magari normalmente non avresti potuto fare, sia per pudore, ma sia per una serie di regole non scritte che in carcere ci sono, proprio nei rapporti umani in cui alcune cose non vanno chieste, cioè si sta attenti.
Noi invece abbiamo potuto scavallare quell'argine con loro perché eravamo in quella situazione che si crea quando si lavora”.
“Quando Goliarda scrive, quando racconta di come cercava un lavoro e di tutte le difficoltà che ha dovuto affrontare, lo fa a modo suo, quasi con leggerezza.
Questo non vuol dire che non fosse anche amareggiata, preoccupata, con quel senso di precarietà che viveva in quel momento, però reagiva alle cose e questo credo emerga dal film che è stato poi ovviamente filtrato tramite la personalità di Mario.
Lei comunque effettivamente trasmette questo modo di assorbire la vita e anche di rielaborarla mentre la sta vivendo per poi raccontarla in scrittura”.
“Credo che qualcuno erroneamente possa pensare a Goliarda come ad una donna la cui vita sia stata solo sofferenze e dolori ma secondo me lei non vorrebbe mai essere ricordata così. Ha sicuramente avuto delle sfortune e la sua poetica non è stata valorizzata mentre era in vita ma sono certa che lei avrebbe voluto essere ricordata come una donna che ha avuto tantissimo dalla vita e lei lo diceva sempre: “anche io ho preso la mia parte di gioia, anche io sono grata a chi mi ha amata”.
Ecco non credo proprio che lei amasse la pesantezza o si considerasse un fallimento. Ultima cosa, per me non è stato solo naturale l'incontro con Mario (che conosco da tanto tempo) ma anche l’incontro con Matilda De Angelis ed Elodie, è stato davvero speciale: sono due ragazze, due attrici, due bellezze, che mi hanno “travolta” con la loro gioia, impertinenza e curiosità. Io mi sono innamorata di loro e penso che questo si senta nel film, che c'è stato questo innamoramento reciproco”.
MATILDA DE ANGELIS
“Se per Goliarda Sapienza la scrittura era un “atto di resistenza” per me in qualche modo il cinema è stato un riscatto, è stata la possibilità di vivere una vita che non avevo mai immaginato di poter vivere, di esprimere una parte profonda di me che scalpitava per uscire e che non sapeva come uscire. Direi che è stata una cura, una terapia, è tuttora forse il più grande privilegio che mi è capitato nella vita e quindi per me il cinema è stato un po' non voglio dire una salvezza perché è sempre una frase molto retorica però è stato la libertà”.
“Le giornate in carcere sono state poche e sono state molto emozionanti.
Lo raccontavamo prima, c'è stato il momento in cui hanno dato il fine “ciak” e noi siamo andate via e abbiamo salutato queste donne con le quali avevamo passato otto ore della nostra vita, nelle loro mura e salutarle è stato stranissimo perché mi sono trovata banalmente a non sapere cosa dire, perché noi uscivamo mentre loto rimanevano lì. Veramente, ci sono tante cose che noi diamo per scontate che non sono assolutamente scontate ed è stato molto emozionante perché le donne all'interno del carcere hanno voglia di parlare, hanno voglia di condividere, hanno voglia di raccontarsi e sono state molto generose con noi, si sono fidate di noi e quindi diciamo quelle emozioni mi sono rimaste dentro per giorni e giorni”.
“C’è molta vulnerabilità nei nostri personaggi, ci sono quelle crepe in mezzo alle corazze che sono poi quello che rende vere e vive le persone, però è sempre una vulnerabilità molto dignitosa, mai pietosa, mai spiattellata, mai sentimentalista”.
ELODIE
“Il cinema ha sempre fatto parte della mia vita, mi ha sempre accompagnata fin da piccolissima, posso dire di aver scoperto il mondo attraverso il cinema avendo poi anche letto molto poco. Ero invece bulimica di film, cioè stavo tutto il giorno a casa a vedere film ed ascoltare musica e non avrei mai immaginato che da adulta mi sarei avvicinata a questo mondo cinematografico.
Trovo che fare cinema sia una grande possibilità di scoperta dell'altro e di autoanalisi, anche se io ho fatto pochissime esperienze; quasi si diventa una famiglia itinerante e ti innamori delle persone con cui lavori, anche se magari un po' le conoscevi già. Posso dire quindi che per me il cinema è proprio una bolla d'amore”.