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Bafta 2019: sette premi per La favorita, ma il miglior film è Roma di Alfonso Cuaron

Cinema

Andrea Cominetti

Si tratta dei più importanti premi britannici per il cinema, considerati da sempre un importante indicatore in chiave Oscar
 

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Domenica 10 febbraio, alla Royal Albert Hall di Londra, sono stati assegnati i Bafta, i più importanti premi britannici per il cinema, in cui, a differenza di quello che accade per esempio da noi con i David di Donatello, vengono premiate pellicole provenienti da tutto il mondo. Per questo, i Bafta sono considerati gli Oscar inglesi e, sempre per questo, diventano importanti per capire un po’ come potrebbero andare i corrispettivi americani.

Il miglior film


Andiamo a vedere nel dettaglio, partendo dal miglior film: «Roma» di Alfonso Cuaron, che si porta a casa anche la statuetta per la miglior regia. Due statuette di peso, a cui si aggiungono quelle per il miglior film in lingua straniera (categoria in cui era candidato anche «Dogman» del nostro Matteo Garrone) e la miglior fotografia, per un totale complessivo di quattro. A livello meramente numerico va meglio a «La favorita» di Yorgos Lanthimos, che, pur non riuscendo a fare suoi i riconoscimenti più prestigiosi, ha comunque di che gioire, con i suoi sette award: miglior film britannico, miglior sceneggiatura originale, miglior scenografia, miglior trucco, migliori costumi e migliore interpretazione per due delle sue attrici.

Le migliori attrici


Da un lato, la protagonista Olivia Colman, che, con la sua capricciosa regina Anna, supera in volata sia Lady Gaga sia Glenn Close, riaprendo di fatto la battaglia per l’Oscar. Dall’altro, la non protagonista Rachel Weisz, che ha la maglio sia sull’altra comprimaria del film (Emma Stone) sia sulla moglie dell’ex presidente degli Stati Uniti Dick Cheney, interpretata in «Vice - L’uomo nell’ombra» da Amy Adams. In chiave Oscar, però, l’avversaria da sconfiggere per Weisz resta la Regina King di «Se la strada potesse parlare», qui neppure nominata.

I migliori attori


Tra gli attori, invece, assistiamo a una doppia conferma. Prima di tutto quella di Mahershala Ali, che, per il suo pianista che sfida i pregiudizi razziali in «Green Book», ha vinto tutti i premi possibili e immaginabili. Poi, anche quella di Rami Malek, premiato qui per il Freddy Mercury di «Bohemian Rhapsody», e sempre più lanciato verso l’Oscar. Solo Christian Bale (Dick Cheney in «Vice - L’uomo nell’ombra») potrebbe fargli all’ultimo lo sgambetto, anche se si tratta di una possibilità ormai sempre più difficile.