Ken Loach ha ricevuto la laurea ad honorem in Filosofia dall'Università di Bologna
Spettacolo ©GettyA 89 anni, il cineasta cardine del cinema britannico e voce instancabile del realismo sociale ha ricevuto dall’Ateneo bolognese la laurea honoris causa in Scienze filosofiche. Su proposta del Dipartimento di Filosofia e con il sostegno del Dipartimento delle Arti, l’università ha voluto rendere omaggio a un autore che ha fatto della riflessione etica e politica il cuore del proprio linguaggio cinematografico
All’età di 89 anni, Ken Loach, figura cardine del cinema britannico e voce instancabile del realismo sociale, ha ricevuto dall’Università di Bologna la laurea ad honorem in Scienze filosofiche. L’Ateneo bolognese, su proposta del Dipartimento di Filosofia e con il sostegno del Dipartimento delle Arti, ha voluto rendere omaggio a un autore che ha fatto della riflessione etica e politica il cuore del proprio linguaggio cinematografico.
Impossibilitato a presenziare alla cerimonia, Loach si è collegato in diretta dal King's College di Londra per tenere la sua Lezione magistrale, un intervento intenso e profondamente politico, nel quale ha intrecciato riflessioni sul mondo contemporaneo, la giustizia sociale e le contraddizioni del potere economico.
“Viviamo tempi terribili, dove si sfrutta la rabbia della gente”, ha detto il maestro del cinema inglese nel suo discorso di accettazione dell’oonorificenza dell’Alma Mater.
Loach: “Mondo insicuro, dove i contratti sono spariti”
Nel suo discorso, il regista ha descritto con parole nette la crisi del tempo presente: “Viviamo un tempo terribile e disperato, il mondo si sta sgretolando di fronte a noi e le persone si sentono in pericolo. È un mondo insicuro, dove lavori oggi e non lavori domani, i contratti sono spariti e c’è molta povertà”.
La sua analisi, dura ma lucida, si è concentrata sulla precarietà che attraversa le società moderne e sul senso di smarrimento diffuso tra i cittadini. In questo clima di instabilità, ha osservato Loach, riemergono ideologie che evocano il passato: “forse non sono fascisti ma usano le loro modalità”. Una riflessione che suona come un avvertimento contro la manipolazione del malcontento e il ritorno di pulsioni autoritarie alimentate dalla paura.
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La rabbia come strumento di potere
Loach ha poi spostato lo sguardo sul suo Paese, tracciando un quadro allarmante della condizione sociale nel Regno Unito. “Non so come vada nel vostro Paese, ma nel nostro sta succedendo qualcosa a cui sto pensando ora: molte famiglie non mangeranno, la gente muore senza carità”.
Il regista ha denunciato la deriva di un sistema che, secondo lui, ha abbandonato le fasce più deboli, lasciandole preda della disperazione. Un meccanismo, ha spiegato, che non si limita ai confini britannici: “Lo vediamo nel nostro Paese e lo vediamo negli Stati Uniti, dove la rabbia e la disillusione vengono sfruttate, vengono alimentate. La gente viene resa più arrabbiata, più disillusa. E l'altra tattica, naturalmente, è trovare un capro espiatorio, qualcuno da incolpare”.
Un passaggio emblematico del suo pensiero, in cui Loach sottolinea come le emozioni negative, orchestrate e manipolate, diventino strumenti utili a consolidare il potere e a dividere la società.
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La sinistra che ha smarrito la sua battaglia
Nel corso della Lezione magistrale, Loach non ha risparmiato critiche alla sinistra britannica e, più in generale, alla sinistra progressista europea. Secondo il regista, i movimenti che avrebbero dovuto difendere i diritti dei lavoratori e contrastare le disuguaglianze hanno invece ceduto al linguaggio del mercato e alle logiche del capitalismo globale.
Una resa ideologica, ha sostenuto, che ha contribuito a indebolire la rappresentanza politica dei più fragili, lasciando spazio all’avanzata di modelli economici che alimentano precarietà e sfruttamento. Le sue parole hanno restituito l’immagine di un fronte politico in crisi d’identità, incapace di opporsi con forza al potere delle grandi economie e delle multinazionali.
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La Palestina e la voce contro il silenzio
Tra i temi affrontati, Loach ha dedicato ampio spazio alla questione palestinese, definendola “anni e anni di occupazione illegale, militare e illegale”. Ha poi parlato di “genocidio” riferendosi a quanto accaduto negli ultimi due anni, denunciando con forza la responsabilità del proprio Paese: “Il mio paese sta vendendo armi al paese che sta commettendo il genocidio”.
Le sue parole hanno evidenziato la distanza tra i principi proclamati dai governi occidentali e le loro azioni concrete, puntando il dito contro l’ipocrisia di chi, pur dichiarandosi paladino dei diritti umani, alimenta la guerra e l’ingiustizia.
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“Abbiamo la conoscenza, abbiamo la passione”
Dopo aver attraversato temi drammatici e complessi, Loach ha voluto concludere il suo discorso con un richiamo alla speranza e all’impegno collettivo. “Abbiamo vissuto in un mondo di ricchezze, potremmo vivere molto meglio se vivessimo il vero cambiamento e il conflitto di classe. Se proteggessimo il nostro pianeta. Certo che potremmo. Abbiamo la conoscenza, abbiamo la passione, ci teniamo. Queste sono le nostre armi. Facciamolo. Facciamolo”.
La ripetizione di quell’invito, “Facciamolo”, ha assunto il tono di un appello morale e politico insieme: un’esortazione a non rassegnarsi, a credere nella possibilità di un riscatto fondato sulla solidarietà, sull’impegno e sulla responsabilità collettiva.
Ken Loach, con la sua voce pacata ma ferma, ha ricordato come l’arte e il pensiero possano ancora essere strumenti di coscienza civile. Anche a distanza di decenni dai suoi primi film, il regista continua a interpretare il proprio ruolo non solo come autore ma come testimone, capace di raccontare l’ingiustizia e, nello stesso tempo, di invocare la speranza di un mondo più giusto.