A poche ore dal lancio verso la Stazione spaziale internazionale della missione Minerva di Samantha Cristoforetti, Sky TG24 ha intervistato Luca Parmitano, collega dell’astronauta italiana e sua scorta personale al Kennedy Space Center in Florida
“Io in questi giorni ho un doppio ruolo – racconta Luca Parmitano a Sky TG24 - sono il capo dell’equipaggio di supporto e il mio team si occupa della gestione degli ospiti di Samantha, mentre io personalmente sono la scorta immediata di Samantha, sto con lei e la sua famiglia, il compagno, la madre e i due figli, e li scorto all’interno della base del Kennedy Space Center. Nei giorni precedenti alla partenza e nel giorno della partenza sono con loro, per rispondere a qualsiasi tipo di necessità”.
Come sta vivendo queste ultime ore prima del lancio Samantha e come la trovi, anche rispetto al resto dell’equipaggio?
“Samantha al secondo lancio è ormai considerata una veterana e anche se la situazione è diversa perché non siamo a Baikonur ma negli Stati Uniti, l’ho vista molto rilassata, pronta e preparatissima come sempre, molto brava a gestire il doppio ruolo in questo momento di professionista, di compagna e di madre”.
Che cosa le hai detto o le dirai per questa sua nuova missione Minerva?
“Io sono sempre dell’idea che i consigli bisogna darli soltanto quando sono richiesti. Samantha non ha bisogno di alcun consiglio, sono due anni che si addestra, è pronta, ha le idee ben chiare su qual è il suo ruolo e su quali sono le caratteristiche di questa nuova missione, quindi l’unica cosa che le dirò sarà un grande, grandissimo in bocca al lupo”.
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Tu e Samantha fate parte di quella famosa classe di astronauti europei del 2009 da cui tutto è cominciato. Sono passati oltre dieci anni, che cosa ti ricordi di quando vi siete incontrati?
“Ricordo perfettamente il mio primo incontro con Samantha a cena a Colonia, il giorno prima di iniziare le visite mediche. Prima ancora di diventare colleghi lo eravamo già in Aeronautica, lei un giovanissimo pilota io un po’ più anziano, ma di fatto ci siamo incontrati lì per la prima volta, per poi ritrovarci selezionati come astronauti. All’epoca Samantha non era ancora madre, non aveva ancora acquisito questa splendida maturità che essere madre le ha donato. Adesso la trovo estremamente pronta, molto matura, davvero una persona completa a 360 gradi”.
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Durante l’ultima conferenza stampa, rispondendo a Sky tg24 Samantha ha sottolineato come il lavoro a bordo della Stazione spaziale internazionale debba continuare perché la ISS deve restare un avamposto di pace e di collaborazione. Qual è il tuo punto di vista considerando il momento di grande tensione internazionale che stiamo vivendo?
“Non posso che condividere. Pochi giorni fa parlavo con Mark Vande Hei, l’astronauta della Nasa che è rientrato sulla Terra con due cosmonauti russi e ovviamente non ho potuto fare a meno di chiedergli come fosse la situazione a bordo. Lui mi ha risposto in privato nello stesso modo in cui lo ha fatto in pubblico: chiaramente la politica è nel sottofondo dell’operato della Stazione spaziale, ma a bordo si lavora come un equipaggio, in un certo senso come una famiglia, perché dopo tanti giorni e mesi vissuti insieme si diventa davvero come fratelli e sorelle. Il lavoro continua e deve essere un fascio di luce e di speranza di fronte al buio che spesso osserviamo qui sulla Terra”.
A metà marzo a Palermo, in occasione della tua laura honoris causa in Economia e Management dell’Università Lumsa, hai presentato il Manifesto degli astronauti europei, una sorta di chiamata alla responsabilità e anche all’indipendenza dell’Europa in materia di spazio. Com’è nata questa idea e che ruolo avete avuto in questo manifesto tu e Samantha?
“L’idea è nata in maniera collegiale, da una conversazione tra alcuni astronauti e il Direttore generale dell’Agenzia Spaziale Europea. Noi astronauti parlavamo del fatto che la commercializzazione dello spazio offriva delle opportunità ma anche dei rischi ed esprimevamo le nostre preoccupazioni e la nostra visione. Il Direttore ci ha chiesto di mettere le nostre riflessioni per iscritto, con un documento formale da portare ai decision makers, ministri e rappresentanti delle Nazioni che partecipano alle discussioni sullo spazio per l’Europa. Da lì in coordinamento con gli astronauti attivi dell’ESA e i componenti europei dell’ASE, Associazione degli Space Explorers, abbiamo buttato giù i punti secondo noi fondamentali che io stesso ho poi messo per iscritto in forma consolidata. A poche settimane di distanza quel documento è superato dai fatti perché abbiamo visto che quei rischi che noi avevamo espresso in maniera futura sono già realtà. Ad esempio i vari spostamenti temporali della missione di Samantha per fare posto a una spedizione di clienti paganti, la Axiom 1, che in un certo senso ha determinato la presa di coscienza per quanto mi riguarda di come i valori della scienza, della tecnologia e dell’esplorazione, simbolici del volo spaziale umano per le varie Agenzie, non siano prioritari per chi gestisce in maniera commerciale queste missioni”.
Siete a Cape Canaveral, negli stessi luoghi da cui partirono i primi astronauti diretti sulla Luna. Che effetto fa?
“Per quanto mi riguarda ho sempre un legame fortissimo con il luogo dove tutto è nato: Baikonur, la piattaforma da cui partì Jurij Gagarin è di fatto il vero punto di partenza dell’avventura spaziale, poi entrata nella storia assieme a Cape Canaveral per tutta l’evoluzione della corsa allo spazio. Cape Canaveral, quando si ha l’opportunità di esplorarla un po', appare come un museo a cielo libero perché è possibile trovare le rampe di lancio delle missioni Mercury, Gemini e Apollo. Avere l’opportunità di mettere piede e di toccare con mano questi luoghi è emozionante perché è davvero un salto nella Storia dell’esplorazione spaziale. Allo stesso modo è molto emozionante vedere quello che sarà il prossimo futuro. Ora c’è grande attenzione alla Stazione spaziale internazionale, a queste partenze con i nuovi veicoli commerciali, ma ben presto torneremo a vedere le partenze di versioni molto grandi di lanciatori come l’SLS, per le missioni Artemis con cui ritorneremo sulla Luna. Credo che poter vedere questi luoghi tornare alla ribalta sia un segnale importante di quanto lo spazio sia vicino, necessario e di quanto l’esplorazione spaziale umana faccia ancora parte della nostra vita anche da un punto di vista narrativo”.
Le immagini degli ultimi tre cosmonauti entrati a marzo a bordo della Stazione spaziale hanno fatto discutere. Alcuni media internazionali hanno interpretato il colore giallo con finiture blu delle loro tute come un richiamo alla bandiera dell’Ucraina. In un contesto come quello che stiamo vivendo quale deve essere secondo te il ruolo e lo spirto di un astronauta?
“Ci sono alcune premesse da fare: la situazione geopolitica rappresenta una condizione tra Paesi. Ricordiamo che c’è sempre una grossa differenza tra un Paese, una Nazione, il Governo, la politica interna e l’individuo. Sono entità completamente diverse, spesso separate. Ogni individuo deve essere in grado di pensare per sé in maniera di supporto o in maniera dissidente. Per quanto riguarda i tre cosmonauti sappiamo bene che le tute spaziali che hanno indossato vengono preparate con mesi di anticipo, e poiché provenivano tutti dalla stessa Università Bauman di Mosca che mostra quei colori in realtà con le loro tute volevano fare un omaggio al luogo dei loro studi. Come ha raccontato anche l’astronauta della Nasa Mark Vande Hei, sono stati sorpresi di scoprire questa polemica sulla Terra e questo deve farci pensare che in realtà il loro ruolo e il loro pensiero era altrove, non proiettato agli eventi geopolitici sulla Terra ma già destinato a qual è la loro funzione, il loro lavoro e il loro ruolo sulla Stazione spaziale internazionale, cioè quello di esploratori, di operatori che lavorano per contribuire allo sviluppo della scienza e della tecnologia. Quindi non dobbiamo confondere tutto, non dobbiamo leggere gli eventi secondo un unico punto di vista. Perché quello stesso spirito è adesso presente per i nostri colleghi in partenza: i tre astronauti statunitensi più la nostra astronauta europea ed italiana Samantha andranno a bordo per lavorare insieme e cooperare con gli astronauti presenti e i cosmonauti come un equipaggio, in un ambiente che trascende ogni confine, ogni limite e ogni barriera”.
C’è un’immagine che ti lega a Samantha o che ti ricordi in questo momento di vigilia di volo per lei?
“Se qualcuno mi chiede com’è Samantha, l’immagine che mi viene in mente subito non è quella di lei astronauta con la tuta spaziale, ma quella di Samantha con i figli a casa sua, nel contesto più familiare e più intimo, dove vedo la sua natura incredibilmente completa: di professionista, di donna, di madre, di compagna, di supporto e di persona che ha bisogno di supporto e quindi è in quel contesto che io la immagino quando penso a lei. Faccio un grandissimo in bocca al lupo – e sottolineo viva il lupo -a Samantha per questa sua nuova missione che sono certo sarà piena di successi, di sorprese e noi saremo qui pronti e sorridenti ad accoglierla al suo rientro tra alcuni mesi”.