Il fenomeno, chiamato Mediterranean Hurricane, assomiglia ai cicloni tropicali che prendono energia dagli oceani, ma “con dimensioni minori e diametro di circa 300 chilometri”, spiega al Corriere della Sera Enrico Scoccimarro, uno degli esperti della Fondazione Centro Euro-Mediterraneo sui cambiamenti climatici. Difficile stabilire se sia conseguenza del cambiamento climatico
La perturbazione che sta investendo il sud Italia, in particolare Calabria e Sicilia, ha un nome: ‘Medicane’. “È un ciclone che si sviluppa nel Mediterraneo - ha spiegato al Corriere della Sera Enrico Scoccimarro, esperto di eventi estremi e scenari climatici alla Fondazione Centro Euro-Mediterraneo sui cambiamenti climatici - possiede certe caratteristiche di uragano e viene chiamato Mediterranean Hurricane, da cui Medicane”. Ad oggi, nella Sicilia orientale, si contano due vittime e una persona dispersa. Secondo alcuni esperti, però, il ciclone deve ancora finire di sprigionare tutta la sua energia. Intanto, come scrive su Facebook il sindaco di Catania Salvo Pogliese, le scuole rimangono chiuse oggi.
Come un piccolo uragano
Come racconta Scoccimarro, “le nostre latitudini sono interessate di solito dai cicloni extra-tropicali”: depressioni atmosferiche a vortice che prendono energia “dai gradienti di temperatura dell’atmosfera”. Il Medicane, invece, “ha una struttura mista”: assomiglia, infatti, ai cicloni tropicali che prendono energia dagli oceani, ma “con dimensioni minori e diametro di circa 300 chilometri”. Per quanto riguarda la loro pericolosità, possono essere paragonati a “un uragano di categoria 1”: venti da circa 119 km/h che possono causare qualche danno (l’uragano Katrina, per esempio, rientra nella categoria 5). A differenza degli uragani che possono durare anche 2 o 3 settimane, i Medicane “sono fenomeni che si esauriscono in pochi giorni”.
vedi anche
Maltempo, uomo muore annegato a Gravina di Catania. VIDEO
Conseguenza del riscaldamento globale?
Difficile dire se questo Medicane sia conseguenza del riscaldamento globale: “Sono diventati evidenti solo da quando disponiamo delle immagini satellitari”, spiega Scoccimarro, “prima erano classificati come normali perturbazioni. Negli ultimi vent’anni ne abbiamo contati una trentina: un numero troppo limitato per fare una statistica accurata e dire se sono aumentati rispetto al passato”. Quello che si conosce è che data la loro natura questi cicloni si generano tra fine estate e inizio autunno. In particolare, nascono sulle coste africane, dove il mare arriva in questo periodo alla temperatura di 26°, per poi colpire “soprattutto Grecia, Sicilia e Calabria. Ma possono investire anche la Sardegna e il Salento”.