I dinosauri potevano attraversare gli oceani: la prova nei fossili

Scienze
www.bath.ac.uk - Raul Martin

A dimostrarlo il ritrovamento, in Marocco, dei resti di un piccolo esemplare di adrosauride, ribattezzato “Ajnabia odysseus”. Si trattava di un dinosauro originario del Nord America, finora mai ritrovato in Africa, scoperto in fossili che risalgono a 66 milioni di anni fa, alla fine dell’epoca del Cretaceo, quando l'Africa era un continente del tutto circondato dalle acque

I dinosauri avevano la capacità di solcare gli oceani, percorrendo centinaia di chilometri da un continente ad un altro. A sottolinearlo è stato il ritrovamento di un esemplare di adrosauride, poi ribattezzato, “Ajnabia odysseus”, un dinosauro erbivoro dal caratteristico becco ad anatra, ritrovato in alcune rocce fossili, in Marocco, risalenti alla fine del Cretaceo, circa 66 milioni di anni fa. Il piccolo esemplare era originario del Nord America e finora non era mai stato ritrovato in Africa. A scoprirlo un team internazionale di esperti, coordinati dai paleontologi dell’Università di Bath, che hanno pubblicato i risultati della loro ricerca in un articolo apparso sulla rivista scientifica “Cretaceous Research”.

Adrosauridi
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I fossili recuperati in una miniera vicino a Casablanca

L’Ajnabia, come detto, faceva parte di una specie di dinosauri la cui caratteristica era un pronunciato becco, simile a quello dell’anatra moderna, gli adrosauridi, appunto. Erano dinosauri che prediligevano mangiare piante e crescevano fino a 15 metri di lunghezza, sebbene i resti del dinosauro ritrovato abbiano indicato che si trattasse di un esemplare più piccolo rispetto ai suoi parenti: “lungo appena 3 metri, era grande come un pony”, hanno spiegato gli esperti. Per i paleontologi che lo hanno scoperto "è stato come trovare un canguro in Scozia", ed è per questo motivo che hanno deciso di chiamare il nuovo esemplare “Ajnabia odysseus” (ovvero “Ulisse straniero” in arabo), in virtù del suo lungo viaggio, ricostruito proprio nell’ambito della ricerca. Lo studio, infatti, si è basato sull'analisi dei fossili recuperati in una miniera situata a poca distanza da Casablanca e che risalgono a 66 milioni di anni fa, alla fine dell’epoca del Cretaceo, quando l'Africa era un continente del tutto circondato dalle acque, oltre ad essere isolato.

Le caratteristiche del dinosauro

In genere questi dinosauri erano dotati di una grande coda e di zampe particolarmente potenti e, considerando che i loro resti sono stati trovati per lo più in depositi marini e fluviali, per gli esperti è probabile che potessero coprire anche grandi distanze a nuoto. In particolare, la specie dell’esemplare ritrovato, si è evoluta in Nord America per poi diffondersi in Sud America, Asia ed Europa. E proprio per le caratteristiche dell'Africa nel tardo Cretaceo, isolato da profonde vie marine, sembrava impossibile che animali simili potessero arrivarci. Quindi, in base alle ricostruzioni, è emerso come questi dinosauri fossero molto probabilmente potenti ed abili nuotatori. “Era impossibile arrivare camminando in Africa, in quell’epoca. Questi dinosauri si sono evoluti molto tempo dopo che la deriva dei continenti li ha divisi e non abbiamo prove di nessuna tipologia di ‘ponti terrestri’. La geologia ci dice che l'Africa era isolata dagli oceani. In tal caso, l'unico modo per arrivarci era l'acqua", ha sottolineato il dottor Nicholas Longrich, del Milner Center for Evolution presso l'Università di Bath, che ha condotto lo studio. Le traversate oceaniche degli animali sono eventi rari e improbabili, ma sono stati osservati in differenti epoche storiche. “Le traversate oceaniche sono necessarie, ad esempio, per spiegare come lemuri e ippopotami siano arrivati ​​in Madagascar, o come scimmie e roditori siano passati dall'Africa al Sud America", ha aggiunto l’esperto. "Ajnabia ci dimostra come gli adrosauri abbiano messo piede sulla terra africana, dicendoci che le barriere oceaniche non sono sempre un ostacolo insormontabile", ha detto invece la dottoressa Nour-Eddine Jalil, del Museo di storia naturale dell'Università della Sorbona, che ha partecipato allo studio.

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