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Pannelli solari, studiato il loro impatto sull’ambiente

Scienze
Immagine di archivio (Getty Images)

I risultati di una nuova ricerca indicano che le celle solari a base di perovskite, le più promettenti in termini di efficienza energetica, contengono del piombo che può essere rilasciato nel terreno e assorbito dalle piante 

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Anche se i pannelli solari permettono di produrre energia pulita, il loro impatto ambientale non è nullo: i risultati di una nuova ricerca, pubblicati sulle pagine della rivista di settore Nature Communications, indicano che le celle solari a base di perovskite, le più promettenti in termini di efficienza energetica, contengono del piombo che può essere rilasciato nell’ambiente e assorbito dalle piante. Lo studio, condotto fra Cina, Germania e Italia, è stato guidato da Antonio Abate, membro del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) di Napoli e del Centro Helmholtz per i materiali e l'energia di Berlino. Anche se la quantità di piombo presente nella sottile pellicola di perovskite utilizzata nelle celle solari è inferiore allo 0,1%, al di sotto dei limiti di sicurezza presenti da molti Paesi, il suo impatto sull’ambiente non è comunque trascurabile.

L’impatto della perovskite sull’ambiente

Come spiega Antonio Abate, nel corso dello studio i ricercatori hanno misurato la capacità delle piante cresciute in un terreno contaminato dalla perovskite di assorbire questo elemento. Sono così riusciti a determinare che la presenza del minerale incrementa la capacità delle specie vegetali di raccogliere piombo dal suolo, rendendola fino a 10 volte superiore rispetto a quella associata ad altre fonti di inquinamento industriale. In seguito, il team di ricerca ha provato a sostituire il piombo con lo stagno all’interno delle celle solari, vedendo così che la sua quantità presente nell’ambiente era al di sotto del valore massimo tollerabile indicato dalla Fao. “Se si fanno delle perovskiti con lo stagno la situazione cambia e questo perché, pur essendo un metallo tossico, si ossida molto velocemente”, spiega Abate. “Questi risultati non solo possono aiutare nello sviluppo di perovskiti efficienti con base di stagno, ma indicano che serve un monitoraggio sistematico dell’impatto ambientale, prima che le diverse composizione di perovskiti siano usate più su larga scala”, conclude il ricercatore.