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Primati, anche le scimmie hanno il senso del denaro

Scienze
Scimmia ragno (Getty Images)

Sono in grado di riconoscere gli oggetti più costosi e di valore, da altri meno rilevanti, e di utilizzarli come merce di scambio. A rilevarlo è uno studio del Consiglio Nazionale delle Ricerche

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Anche le scimmie, come gli uomini, hanno il senso del denaro. Alcuni primati sono in grado di riconoscere gli oggetti più costosi e di valore, da altri meno rilevanti, e di utilizzarli come merce di scambio.
A giungere a questa conclusione è stato uno studio condotto da un team di ricercatori del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr-Istc) di Roma, grazie al contributo degli esperti francesi dell’Institute for Advanced Study (Iast) di Tolosa, dell’Institute Jean Nicod e della Scuola Normale Superiore di Parigi. I ricercatori hanno indagato le abilità di baratto dei cebi dai cornetti, una specie di primati del Sud America separatasi dalla linea evolutiva dell’essere umano all’incirca 35 milioni di anni fa.

Transizione dal baratto al sistema economico attuale

Per compiere lo studio, pubblicato sulla rivista Animal Cognition, gli esperti hanno voluto indagare le dinamiche che spinsero l’uomo, 6 secoli prima di Cristo, ad abbandonare il baratto, sostituendolo con il denaro.
La moneta con il tempo è “diventata il mezzo più efficiente per ottenere beni e servizi, condizionando ogni aspetto della nostra vita”, spiega Elsa Addessi, ricercatrice Cnr-Istc e autrice dello studio.
Per farlo hanno analizzato il comportamento dei primati, gli animali più simili all’uomo dal punto di vista evolutivo, quando coinvolti nel baratto.

I risultati del test

Hanno così condotto due diversi esperimenti, grazie al contributo di sei esemplari di cebi dai cornetti.
Ogni primato aveva a disposizione quattro diversi oggetti, con valori differenti, alcuni dei quali permettevano di ricevere una ricompensa gustosa, quando barattati con i ricercatori.
“Abbiamo dimostrato che i cebi sono in grado di categorizzare gli oggetti in base alla loro validità, cioè al loro essere ‘in corso’, come lo è l’euro rispetto alla vecchia lira”, spiega Francesca De Petrillo, esperta dello Iast di Tolosa.
“Analogamente a quanto avviene negli esseri umani con il denaro i cebi hanno scambiato per primi e in maggior numero gli oggetti in corso rispetto a quelli fuori corso e privi di valore, a prescindere dalla loro familiarità”.