Sanità, il 10% degli italiani rinuncia alle cure. In calo il numero di medici: i dati

Salute e Benessere
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Introduzione

Durante l’audizione sulla Legge di Bilancio 2026, Francesco Maria Chelli, presidente dell’Istat, ha segnalato un grave problema nel sistema sanitario: un italiano su 10 rinuncia a curarsi. Ecco le ragioni e tutti i dati

Quello che devi sapere

Liste d’attesa troppo lunghe

Nel 2024, infatti, il 9,9% della popolazione, pari a circa 5,8 milioni di persone, ha dichiarato di aver rinunciato a visite o terapie a causa di attese eccessive, costi troppo elevati o difficoltà logistiche, in aumento rispetto ai 4,5 milioni del 2023. La motivazione più frequente resta l’eccessiva lunghezza delle liste d’attesa, che colpisce in particolare adulti tra 45 e 64 anni (8,3%) e anziani oltre i 65 (9,1%). Il fenomeno, poi, riguarda soprattutto il 7,7% delle donne, con picchi del 9,4% nella fascia di mezza età.

 

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Dove sono aumentate le liste d’attesa per Gimbe

Dati confermati anche dal recente Rapporto Gimbe sullo stato del Servizio Sanitario Nazionale che ha ribadito un quadro preoccupante: nel 2024 le rinunce alle prestazioni mediche per tempi d’attesa troppo lunghi sono aumentate del 51% rispetto all’anno precedente. In 11 regioni, tra cui Lazio, Lombardia, Puglia e Sardegna, la quota di cittadini che ha rinunciato a curarsi supera la media nazionale del 9,9%. Il dato più critico riguarda proprio la Sardegna, dove quasi un abitante su cinque (17,2%) ha rinunciato a visite o accertamenti.

 

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Le ragioni

Ma perché succede questo? Dietro queste cifre si nascondono diagnosi rimandate e controlli saltati: colonscopie rinviate di oltre sei mesi, visite cardiologiche con attese di quasi quattro mesi, e consulti neurologici che possono richiedere più di 120 giorni. Nel frattempo, il sistema sanitario mostra segni di affaticamento sempre più evidenti. Come osserva sul Corriere Giacomo Baldi, anestesista e fondatore di GapMed, “il nostro è ancora uno dei pochi sistemi realmente universalistici, ma rischia di non esserlo più se non si interviene sulle inefficienze strutturali”. Secondo lui, la priorità non è solo incrementare il personale medico, ma impiegare in modo più razionale le risorse già disponibili

I dati di GapMed

Come risolvere il problema delle liste d’attesa? Per GapMed, il Servizio sanitario nazionale avrebbe bisogno di almeno 16.500 medici aggiuntivi per abbattere in maniera sensibile le liste d’attesa. Le carenze più gravi si concentrano nella medicina generale, che registra un deficit di circa 5.500 professionisti, seguita da pediatria (–3.300), medicina interna (–2.000) e anestesia (–1.400). Il punto più critico resta tuttavia quello dei medici di base, considerati la prima linea dell’assistenza pubblica. In dieci anni, secondo la Fimmg, il numero di medici di famiglia è sceso da oltre 45 mila a meno di 38 mila, con una riduzione vicina al 20%. Ciò significa che più di cinque milioni di cittadini non dispongono di un dottore di riferimento, e la cifra potrebbe salire a otto milioni nei prossimi anni.

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Il calo delle vocazioni

Calano sensibilmente anche le vocazioni: nei bandi 2024 per l’accesso ai corsi triennali di medicina generale, circa il 15% delle borse di studio non è stato assegnato. Su 2.623 posti disponibili, solo 2.240 candidati si sono effettivamente presentati. Alcune regioni registrano percentuali di rinuncia impressionanti: –68% nelle Marche, –67% in Molise, –57% a Bolzano, –45% in Lombardia, –42% in Liguria e –41% in Veneto.

Gli importi delle borse di studio

Alla base di tali dati vanno evidenziati anche gli importi: chi decide di intraprendere la carriera di medico di base percepisce infatti una borsa di studio di appena 900 euro al mese, quasi la metà rispetto ai circa 1.600 euro garantiti agli specializzandi universitari. A rendere la professione ancora meno attrattiva contribuiscono l’eccessiva burocrazia, i costi di gestione elevati e la mole di pazienti ormai insostenibile. In Lombardia, il 74% dei medici supera il tetto massimo di 1.500 assistiti, mentre in Veneto la percentuale sfiora il 70%, con professionisti che arrivano a seguire fino a 1.800 o 2 mila persone. Nel frattempo, il progressivo invecchiamento della popolazione accentua il problema: gli ultraottantenni sono triplicati negli ultimi quarant’anni e, secondo le proiezioni, entro il 2034 quasi un terzo degli italiani avrà più di 65 anni, proprio mentre il numero dei dottori continua a diminuire. “Il massimale di 1.500 assistiti per medico, fissato negli anni Ottanta, è ormai insostenibile. La popolazione è più anziana e più malata. E i medici sono meno. Il rischio è che il sistema si spezzi”, ha dichiarato Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe.

 

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