Salute, il turismo spinge il rischio contagio per dengue e chikungunya in Italia
Salute e BenessereLe recenti epidemie sono spesso innescate da casi importati dal crescente turismo e richiedono una sorveglianza costante e misure preventive diffuse, con particolare attenzione alla prevenzione delle punture di zanzara. A dirlo è uno studio coordinato dalla Fondazione Bruno Kessler e dall'Istituto superiore di sanità (Iss) in collaborazione con il ministero della Salute e le Regioni-Province autonome, pubblicato dalla rivista Nature Communications
Le periferie delle grandi città e i centri lungo le coste sono le aree maggiormente a rischio in Italia per lo sviluppo di focolai di dengue e chikungunya, malattie endemiche in diversi Paesi tropicali che si trasmettono attraverso la cosiddetta "zanzara tigre" (Aedes Albopictus il nome scientifico). A suggerirlo è lo studio coordinato dalla Fondazione Bruno Kessler e dall'Istituto superiore di sanità (Iss) in collaborazione con il ministero della Salute e le Regioni-Province autonome, pubblicato dalla rivista Nature Communications.
I dati della ricerca
La ricerca ha analizzato gli episodi di trasmissione locale avvenuti nel periodo tra il 2006 e il 2023, applicando modelli matematici per analizzare i focolai italiani come quelli di Montecchio (2020), Castiglione d'Adda (2023) e Roma (2023) per quanto riguarda la dengue e quelli di Castiglione di Cervia (2007), Anzio (2017) e Guardavalle (2017) per la chikungunya. L'obiettivo è stimare il rischio di trasmissione considerando sia la densità di popolazione che i dati entomologici e climatici. Complessivamente, nel periodo considerato, sono stati confermati 1.435 casi importati di dengue e 142 di chikungunya. Le infezioni sono state contratte prevalentemente in Thailandia, Cuba, India e Maldive per quanto riguarda la dengue, e in India, Repubblica Dominicana, Brasile e Thailandia per la chikungunya. Nello stesso arco di tempo, sono stati diagnosticati 388 casi autoctoni di dengue e 93 di chikungunya. Dallo studio è emerso che tutte le località in cui è stata osservata la trasmissione locale dei virus in Italia sono state identificate come aree ad alto rischio, ma ci sono molte altre zone con caratteristiche simili che non hanno registrato focolai.
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Epidemie causate da casi importati
Questo, secondo gli autori della ricerca, suggerisce che le epidemie degli ultimi anni siano state innescate in modo casuale da casi importati e che pertanto l'attività di prevenzione e monitoraggio andrebbe estesa a prescidere dal fatto che si siano già verificati contagi in una determinata area. "È molto difficile sapere dove di preciso potrebbe partire un'epidemia", dice all'ANSA Marco Di Luca, entomologo dell'Istituto superiore di sanità. "Queste malattie - prosegue - si diffondono grazie a un soggetto malato che rientra dall'estero e se ci sono le condizioni favorevoli, ad esempio perché ci si trova nel periodo estivo, questo individuo può innescare una trasmissione locale". E' un rischio diffuso che richiede un'attenta sorveglianza e l'attuazione di misure di prevenzione. "I medici di base devono prestare massima attenzione ai sintomi per intercettare i casi il prima possibile", sostiene Di Luca, che ricorda anche le buone pratiche da adottare contro le zanzare. "In primo luogo bisogna evitare il più possibile di essere punti, attraverso l'uso di repellenti, abbigliamento idoneo, insetticidi e zanzariere. Poi vanno messe in atto misure per evitare la proliferazione degli insetti, come i ristagni d'acqua nelle grondaie, nei giardini e nei vasi dei balconi, nelle ciotole d'acqua per cani e gatti. Bisogna togliere o capovolgere secchi e contenitori che potrebbero riempirsi con la pioggia, trattare i tombini con gli insetticidi e, nei casi più gravi, richiedere l'intervento di una ditta di disinfestazione".