Cosa c'entra il Natale con la salute mentale di persone e comunità
Salute e Benessere ©GettyIl Natale che torna è un tentativo di risposta, non il solo tra le religioni del mondo. Una risposta pro-sociale, che merita ascolto
Un musulmano prega nel retro della sua bancarella, prima che il mercato cominci a popolarsi. L’uomo, canuto, una sessantina d’anni, tiene le mani accostate coi palmi concavi e rivolti verso l’alto. Riesco a cogliere la mitezza che sprigionano i suoi gesti e il suo sguardo, indirizzati a est, verso un luogo e un Soggetto che lui sente accoglienti. Alla fine, lieve come una piuma, si inchina con deferenza, poi torna al suo lavoro, incluso nell’invocazione, se stava chiedendo all’unico Dio anche di propiziare una buona giornata di commerci. Tanti cristiani fanno la stessa cosa, come i credenti di qualsiasi fede. Le loro intenzioni viaggiano verso lo stesso destinatario, ispirate da desideri comuni, così elementari da apparirci persino banali, ma non lo sono per nulla, e se riconoscessimo a tutti i nostri simili la dignità delle loro preghiere o del loro ateismo, saremmo a metà dell’opera e le religioni avrebbero davvero un senso.
Gesti educati, non bellicosi, quelli del negoziante in preghiera, figli dell’incessante ricerca del trascendente, che accompagna gli esseri umani da quando sono apparsi sul Pianeta e iniziavano a domandarsi a chi dovessero la loro presenza, così fragile, incerta eppure sorprendente. Il Natale che torna è un tentativo di risposta, non il solo tra le religioni del mondo. Risposta pro-sociale, merita ascolto. Anni prima, mi accingevo a incontrare i detenuti di un carcere del Centro Italia. La persona incaricata di prelevarmi in albergo era giunta con forte ritardo, a causa di un imprevisto, facendo slittare l’inizio del confronto di oltre un’ora.
Poco dopo l’avvio della conversazione, un uomo minuto, estremamente gentile, si era alzato per comunicarmi, scusandosi, che lui e i suoi “fratelli” sarebbero usciti per recarsi presso la cella adibita a Moschea, perché era il giorno della loro preghiera. Il ritardo li costringeva a rinunciare al nostro incontro. Tuttavia, di lì a poco rientrarono e lo stesso portavoce comunicò che, ottenuto dagli agenti il permesso di posticipare la loro preghiera, avevano deciso di seguire il nostro incontro. “Preferiamo rimanere coi nostri amici detenuti ad ascoltarla”. Civiltà, ragionevolezza e assenza totale di fanatismo. Nei due episodi riferiti il tema è la preghiera, ospite fisso per una miriade di esseri umani, diritto inviolabile, che tuttavia sovente è messo in discussione negando ai credenti i luoghi per esercitarla. Accade che qualche amministratore pubblico in debito di umanità, cercando di lucrare sui sentimenti di inospitalità che albergano in molti dei suoi concittadini, attacchi le manifestazioni dello spirito.
Invece di rieducare i cittadini riottosi, facendoli evolvere verso forme di sentire più raffinate, si preferisce usarli come dardi per garantirsi consenso a basso costo. In realtà, le conseguenze di tali barbare ostilità possono essere gravi, perché coloro che non si sentono riconosciuti nel proprio bisogno più nobile, da possibili contributori del bene comune potrebbero trasformarsi in tossine. Utilizzare la diversità di credo come pretesto di fratture civili e umane o, peggio, esibire simboli religiosi per procacciarsi vantaggi, rappresentano segnali di strutture interiori arcaiche o addirittura disturbate, che finiranno per compromettere la qualità della convivenza. Le religioni non sono nate per questo. Una persona sana è per natura consapevole del comune destino cooperativo, al quale dobbiamo tutto ciò che ci circonda. L’integralismo religioso e politico nonché il loro uso per fini personali, confinano immancabilmente con la presenza di carenze interiori spesso importanti, che si collocano alle soglie della malattia.
Nel mio lavoro clinico appare sempre limpidamente, per questo tempo fa mi ero cimentato nell’impresa di spiegare ai bambini come rapportarsi all’idea di Dio, rispettando quelle dei propri simili sullo stesso tema. Uno dei passaggi più ostici era stato raccontare che non c’è contraddizione nel fatto che si riscontrano fedi diverse anche di fronte a un possibile unico Creatore (posto che esista, anche questa è un’ipotesi ragionevole.)
“Dio è come una nuvola che viaggia per il mondo e appartiene a tutti, anche a quelli che non la vedono passare”. “Ognuno la chiama in modo diverso, ma è sempre la stessa nuvola”. Una nuvola che da qualche parte porterà l’ombra ristoratrice, in un altro luogo la pioggia e in un altro ancora la neve, ma è ancora lei. Così avevo scritto. Sempre rivolgendomi ai bambini, dicevo: “Forse senza le religioni le persone non si farebbero domande su Dio oppure ognuna di loro si costruirebbe un proprio dio, e questo le farebbe litigare ancora di più”.
Materia preziosa e incandescente, la religione, nobile forma di pedagogia personale e civile, lo affermo da laico convinto, ma solo se non finisce in mani sbagliate, pronte a usarle per finalità bellicose e meschine, magari esibendosi davanti a un Presepe. Che è simbolo di pace, certo, ma proprio per questo andrebbe evocato per “avvicinare”, prendendo a pretesto la vicenda umana del suo protagonista, vittima di gravi pregiudizi, vivi più che mai soprattutto oggi. In terra e in mare.
Usare il Natale e il suo simbolo più universale, il Presepe, per rivendicare un’identità specifica o addirittura alludere a una superiorità tutta da dimostrare, significa distruggerne il significato, rimarcando, senza volerlo, l’abisso che separa la luce della buona religione dal baratro dell’oscurità, la differenza incommensurabile tra una religione vera e la proiezione delle nostre patologie.
Domenico Barrilà, analista adleriano e scrittore, è considerato uno dei massimi psicoterapeuti italiani.
È autore di una trentina di volumi, tutti ristampati, molti tradotti all’estero. Tra gli ultimi ricordiamo “I legami che ci aiutano a vivere”, “Quello che non vedo di mio figlio”, “I superconnessi”, “Tutti Bulli”, “Noi restiamo insieme. La forza dell’interdipendenza per rinascere”, tutti editi da Feltrinelli, nonché il romanzo di formazione “La casa di Henriette” (Ed. Sonda).
Nella sua produzione non mancano i lavori per bambini piccoli, come la collana “Crescere senza effetti collaterali” (Ed. Carthusia).
È autore del blog di servizio, per educatori, https://vocedelverbostare.net/