Torino, trapianto di 16 ore all'ospedale Molinette. Salvo 13enne con doppia rara patologia

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L'operazione è riuscita e il decorso postoperatorio è stato regolare. Il ragazzino è stato dimesso "in condizioni molto buone", hanno sottolineato i medici. L'organo impiantato è quello donato dalla famiglia di un bambino deceduto in Germania

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Un ragazzino di 13 anni è stato salvato dai chirurgi dell'ospedale Molinette di Torino grazie a un trapianto di fegato durato 16 ore e considerato dai medici ai limiti dell'impossibile. Il 13enne è affetto da una rarissima anomalia nella circolazione del sangue nell'addome che gli aveva provocato una grave patologia cardio-polmonare. L'organo impiantato è quello donato dalla famiglia di un bambino deceduto in Germania.

La sindrome

Il ragazzino, seguito dagli specialisti della Gastroenterologia pediatrica dell'ospedale Regina Margherita di Torino, è nato con la sindrome di Abernethy, caratterizzata dall'associazione tra malformazioni capillari multiple, artero-venosa e fistole artero-venose. Inoltre, da sempre soffriva di una intossicazione cronica perché tutto il sangue che arrivava dall'intestino non veniva filtrato dal fegato e andava direttamente al cuore e ai polmoni. In questi casi, il trapianto di fegato è l'unica opzione terapeutica e di solito viene compiuto al momento della comparsa di una complicanza.

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L'intervento

Il paziente nel frattempo aveva anche sviluppato l'ipertensione polmonare, la quale rende il trapianto così rischioso da essere controindicato. È stato quindi necessario un anno di cure, condotte congiuntamente dai cardiologi del Regina Margherita e delle Molinette, usando una combinazione di farmaci a dosaggi raramente usati in pediatria, per portare il ragazzino nelle migliori condizioni possibili al trapianto. Quest'ultimo è stato eseguito in circolazione extracorporea perché altrimenti probabilmente il paziente non sarebbe sopravvissuto. L'operazione è riuscita e il decorso postoperatorio è stato regolare. Il 13enne è stato dimesso "in condizioni molto buone", hanno sottolineato i medici.

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