"La tecnologia mRna ha consentito di sviluppare in modo molto rapido un vaccino di tipo personalizzato", spiega l'immunologo e docente di Patologia generale alla Statale di Milano
"Nel caso del tumore non parliamo di vaccini preventivi ma di vaccino-terapia". E' quanto ha spiegato Sergio Abrignani, docente di patologia generale all'Università Statale di Milano, ai microfoni di Sky TG24.
"I vaccini anti-cancro quindi sono delle terapie che, in questo caso, mettono insieme due cose importanti degli ultimi anni: la tecnologia dell'mRna, per indurre una forte risposta immunitaria contro gli antigeni tumorali, e l'immunoterapia, con farmaci già utilizzati oggi che bloccano il freno che i tumori pongono alla risposta immunitaria. Questi sono vaccini che si danno a persone già malate di tumore, in questo caso melanoma, in cui erano stati identificati degli antigeni tumorali".
Il vaccino
Nei giorni scorsi l'azienda americana Moderna ha annunciato che potrebbero arrivare entro il 2030 i primi vaccini personalizzati a mRna contro cancro, malattie cardiovascolari e quelle autoimmuni. In particolare l'azienda sta lavorando a quelli contro il virus sinciziale e contro il melanoma, per entrambi i quali ha ottenuto dall'Fda americana la breaktrough therapy, ovvero la procedura accelerata di approvazione. Ciò che è stato fatto con i vaccini anti-Covid, precisa Moderna, ha consentito alla ricerca sui vaccini contro il cancro di procedere in fretta, tanto che l'equivalente di 15 anni di progressi sono stati raggiunti in soli 12-18 mesi.
I "vaccini" contro le malattie cardiovascolari
"Possiamo parlare di vaccini anti-cancro ma sicuramente non di vaccini contro malattie cardio-vascolari - precisa Abrignani a Sky TG24 -. Il fine in questo caso non è di indurre una risposta imunitaria, come fanno i vaccini, ma di far produrre a questo mRna in sede cardiaca o coronarica fattori che inducono la neoformazione di arterie che sono occluse. Si tratta quindi di terapie, non di vaccini. Sui vaccini anti-cancro si lavora da decenni, fino ad ora non avevano mai funzionato perché ignoravamo, fino a dieci anni fa, che i tumori mettessero in atto lo spegnimento della risposta immunitaria. Con l'immunoterapia, che si applica oggi regolarmente per la cura di certi tipi di tumori, si cerca di togliere questo freno con quelli che chiamiamo i checkpoint inibitori. Il nuovo vaccino di Moderna unisce alla vaccinazione una terapia che toglie questo freno", spiega Abrignani.
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Il funzionamento del nuovo vaccino
"Bisogna ricordare - prosegue Abrignani - che è necessario avere un antigene specifico contro cui indirizzare l'azione del vaccino, e questo in passato è stato un problema. Oggi, con le tecnologie a disposizione, abbiamo capito che le cellule tumorali sono diverse rispetto alle cellule che stanno intorno a loro: hanno antigeni diversi. Purtroppo però gli antigeni tumorali più interessanti sono individuali, ovvero quelli presenti in un soggetto A, dovuti a mutazioni, sono diversi rispetto agli antigeni tumorali di un soggetto B. La tecnologia mRna ha consentito di sviluppare in modo molto rapido un vaccino di tipo personalizzato. Se tutto andrà bene quindi, tra 8-10 anni, dopo aver fatto la biobsia si sequenziano i trascritti del tumore rispetto alle cellule normali che stanno affianco, si identificano le parti della sequenza del tumore che il sistema immunitario può riconoscere come estranee, e infine si dà il vaccino mRna contro queste parti dovute alla mutazione del tumore, insieme all'immunoterapia già oggi usata. Questa combinazione riesce a dare una buona efficacia", conclude Abrignani.