Uno studio italiano confermerebbe la relazione tra la pandemia di Covid-19 e l'aumento di casi gravi di tumore. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Jama Network Open
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Secondo uno studio pubblicato su Jama Network Open, a causa del rallentamento e della sospensione dei programmi di screening durante le fasi più acute dell’emergenza sanitaria in Italia, ci sarebbe una correlazione tra l’aumento dei casi gravi di tumore e la pandemia di Covid-19. Lo studio, condotto dai ricercatori dell’Irccs Policlinico Sant'Orsola e dell'Università di Bologna, ha analizzato i dati di quasi 18mila pazienti curati in 18 ospedali italiani. Per arrivare al risultato, gli specialisti hanno confrontati i risultati dei pazienti sottoposti alla chirurgia per il trattamento del cancro al colon-retto tra gennaio 2018 e dicembre 2021. Qui, tra i malati trattati nel periodo della pandemia, è stata registrata una crescita di diagnosi di tumore allo stadio più avanzato pari all’8,6%.
Le parole dei ricercatori
"Il nostro studio è il primo in letteratura a confermare un rischio che prima era solo stimato, e ci impone attenzione perché è verosimile che questo trend si consolidi anche negli anni a venire", ha sottolineato Matteo Rottoli, chirurgo dell'unità operativa complessa di chirurgia del tratto alimentare del Sant’Orsola, e coordinatore del progetto di ricerca. Sono circa 50mila le nuove diagnosi di cancro del colon-retto in Italia ogni anno. "Se i risultati dello studio si riflettessero sull'andamento della popolazione generale, ci si potrebbe attendere un aumento di circa 4.500 pazienti diagnosticati con metastasi a distanza", scrive in una nota il Policlinico. Lo studio evidenza l’importanza dei programmi di screening e la necessità di ampliare la loro pianificazione, in particolar modo dopo quanto osservato nella pandemia.
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Ultimi dati
Considerando la situazione in Italia, secondo il quarto rapporto sui ritardi accumulati dai programmi di prevenzione, rispetto al periodo precedente, tra gennaio 2020 e maggio 2021 si è assistito a una riduzione degli esami di screening eseguiti pari al 34,3%. L'aumento dei casi, secondo Rottoli, può anche essere legato alla "riluttanza che molti pazienti hanno avuto nel cercare cure mediche durante il periodo di emergenza, e nella riduzione delle attività ambulatoriali e chirurgiche".