Quando le cellule T combattono a lungo contro il cancro potrebbero passare al "nemico", spingendo anche le altre cellule ad abbandonare la lotta. La scoperta è stata descritta su Nature Immunology
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Nuovi possibili passi in avanti nella lotta contro i tumori. Un nuovo studio condotto da un team di ricercatori dell’Università statunitense di Pittsburgh ha scoperto un meccanismo di difesa del sistema immunitario, finora sconosciuto, che potrebbe aprire la strada a nuovi trattamenti nel campo dell'immunoterapia, potenziando la risposta dell'organismo.
Come descritto sulle pagine della rivista specializzata Nature Immunology, quando le cellule T, i cosiddetti "soldati" del sistema immunitario, combattono a lungo contro un tumore, oltre a diventare meno efficaci, potrebbero anche passare al "nemico", spingendo anche le altre cellule del sistema immunitario ad abbandonare la lotta. Centrale in questo cambiamento sarebbero i bassi livelli di ossigeno che caratterizzano l’ambiente tumorale e che potrebbero quindi diventare bersaglio per nuove terapie, in modo da riportare le cellule T al ruolo di alleate.
Lo studio nel dettaglio
“Grazie a questo studio abbiamo capito che, quando le cellule T stanche passano dalla parte dei tumori, non solo smettono di combattere, ma modificano l’ambiente circostante per spegnere anche le altre cellule nelle vicinanze”, ha sottolineato Greg Delgoffe ricercatore dell'Università di Pittsburgh e dell'Upmc Hillman Cancer Center. “In altre parole, le cellule T esauste non solo non funzionano per noi, ma lavorano attivamente contro di noi”, ha aggiunto.
Possibili applicazioni
Secondo gli autori, i risultati potrebbero aprire la strada a nuovi trattamenti nel settore dell’immunoterapia, come terapie in grado di riportare l’ossigeno a livelli adeguati nei tessuti malati, impedendo quindi che le cellule immunitarie smettano di combattere, o tecniche per riprogettare le cellule T rendendole più efficienti. “Lo scontro tra sistema immunitario e cancro si basa su un delicato equilibrio. I nostri dati mostrano che possiamo prendere di mira il campo di battaglia e spostare l'equilibrio a favore delle cellule immunitarie anche nei grandi tumori aggressivi”, ha concluso Paolo Vignali, coordinatore del team di ricerca.