Lo indica un ampio studio pubblicato sulla rivista scientifica 'PLoS Medicine', condotto dai ricercatori dell'Istituto di Salute pubblica norvegese (Norwegian Institute of Public Health)
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Secondo un ampio studio pubblicato sulla rivista scientifica 'PLoS Medicine', rimanere incinta tre mesi dopo un’interruzione di gravidanza non sarebbe rischioso né per la madre, né per il bambino. Lo studio è stato condotto da un team di ricercatori dell'Istituto di Salute pubblica norvegese (Norwegian Institute of Public Health).
Cosa dice lo studio
Contrariamente alle indicazioni attuali, che vedono l’Oms raccomandare un intervallo di sei mesi prima di un nuovo tentativo, rimanere incinta a tre mesi da un aborto non rappresenta un rischio per la donna. E, di conseguenza, per il suo bambino. Lo indica una nuova ricerca condotta in Norvegia che ha analizzato, tra il 2008 e il 2016, i dati relativi a 49.058 nascite seguite da un precedente aborto spontaneo, e i dati di 23.707 nascite seguite da un precedente aborto indotto. I risultati hanno evidenziato che, quando una nuova gravidanza si verifica prima dei sei mesi di distanza raccomandati, o a distanza di 3 mesi dall’aborto, non si riscontrano maggiori rischi di complicanze.
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Le raccomandazioni
Proprio i risultati dello studio hanno spinto gli autori ad affermare che il consiglio dell’Oms dovrebbe essere rivisto. Tuttavia, gli aborti nelle donne sono molto più comuni di quello che si pensa, soprattutto nei primi mesi di gravidanza. L’aborto precoce è quello che avviene nell’arco del primo trimestre, e si verifica in una donna su cinque. Si parla invece di aborto spontaneo quando una gravidanza termina prima della ventiquattresima settimana. In Italia il tasso relativo alle interruzioni volontarie di gravidanza è tra i più bassi al mondo. Lo confermano i dati dell'ultima Relazione al Parlamento sull'attuazione della legge 194/78 sulle interruzioni volontarie di gravidanza, che evidenziano come gli aborti nel nostro Paese continuino a calare. Nel 2020 le ivg sono state poco più di 66mila, il 9,3% in meno rispetto al 2019. Il calo si è registrato in tutte le aree geografiche e fasce d'età, soprattutto in quelle più giovani e tra le straniere.