Pronto soccorso, in Italia mancano 4900 medici. Simeu: è stata peggiore estate di sempre

Salute e Benessere

Emanuela Ambrosino

Fabio De Iaco, il presidente nazionale della Società italiana di medicina di emergenza urgenza (Simeu) fa il punto sulla situazione attuale

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La gestione del Covid e il diritto alla salute. Cosa ci lasciano oltre due anni di pandemia? Quali saranno le priorità per il nuovo governo? La crisi dei pronto soccorso, con le richieste che superano la possibilità di risposta, ha raggiunto il suo apice durante l’estate, definita dagli addetti ai lavori, la peggiore di sempre.

Cosa succede nelle strutture che sono il primo riferimento per l’assistenza pubblica, e sono state al centro del sistema sanitario negli anni della pandemia? Ce lo spiega Fabio DE Iaco, presidente nazionale Simeu, la società italiana di medicina di emergenza urgenza.

 

Com’è andata l’estate nei pronto soccorso italiani?

 

È stata ed è tuttora l’estate peggiore nella storia dei pronto soccorso italiani.

 

L’incremento degli accessi rispetto alle altre estati si è sommato alla diminuzione del personale e all’aumento della complessità degli accessi.

I dati degli accessi nei Pronto Soccorso

Parliamo di pazienti che sono arrivati non solo più per i malori tipicamente estivi e per piccoli traumi. Ma ci sono accessi di pazienti cronici, polipatologici che si sommano al Covid, con necessità non solo sanitarie ma anche assistenziali.

 

Per esempio?

 

Una grande quantità di pazienti anziani che si trovano in difficoltà nella gestione della quotidianità. Da una parte, tra Covid e ondata di calore, le loro condizioni cliniche sono peggiorate, dall’altra il covid mette in difficoltà le famiglie. Si tratta di situazioni all’ordine del giorno. Arriva un anziano con il Covid, gestibile a casa ma la badante è negativa. Noi siamo costretti a ricoverarlo. Il tempo di attesa per trovare un posto in un reparto può arrivare fino a tre giorni, ma anche di più in alcune realtà ospedaliere. Questo tempo di attesa, che si chiama boarding, è proporzionale alla mortalità e alla durata del ricovero successivo. Un anziano, con la salute già compromessa, che resta tre giorni su una barella in pronto soccorso ha più possibilità di aggravarsi e di non sopravvivere.

I tempi di attesa nei pronto soccorso

Assistiamo purtroppo ad un aumento di delirium dell’anziano costretto a rimanere sulla barella, con la luci sempre accese e in un ambiente estremamente caotico. Sembra un elemento marginale ma per noi non lo è. Non è facile vedere entrare una persona in difficoltà ma in buona salute mentale e vederla poi perdere lucidità senza potere intervenire.

 

Questo accade ugualmente in tutta Italia?

 

Oggi si. Fino al 2019 il fenomeno del boarding era tipico di alcune aree territoriali. Ora è diffuso. Non esistono più isole felici. L’attesa per il ricovero è altissima in tutta Italia.

 

Quali sono le cifre che spiegano meglio cosa sta accadendo?

 

Fino alla fine del 2021 mancavano già 4200 medici, dall’inizio del 2022, 100 medici al mese lasciano i pronto soccorso. Il conto è presto fatto. Arriveremo alla fine dell’anno con circa 5000 medici in meno.

I numeri della carenza dei medici
I numeri della carenza dei medici

Per capire meglio cosa comporta, è come se perdessimo l’equivalente di 5 strutture medie di pronto soccorso ogni mese. Ma in realtà non ne chiude nessuna. Le strutture restano aperte, gli accessi aumentano ma il personale diminuisce.

 

E come viene compensato tutto questo?

 

Intanto il carico medio di lavoro su ogni singolo professionista è aumentato del 50% negli ultimi mesi.

L'aumento del carico di lavoro per singolo operatore

I turni sono sempre più pesanti. E poi, dove non arriva la turnazione, interviene l’uso delle cooperative. Le aziende sanitarie e ospedaliere affidano la gestione di un certo numero di turni in pronto soccorso ad aziende esterne che trovano medici che vadano a coprirli con costi decisamente più alti rispetto agli standard di retribuzione. Intorno ai 120 euro l’ora. Ovviamente più aumenta la richiesta e più il costo sale. È il mercato.

 

Le cooperative dove li trovano i medici?

 

Ovunque. Molto spesso si tratta di medici che non hanno i titoli per partecipare ai concorsi pubblici, specialità in medicina di urgenza, o emergenza o chirurgia per esempio. Ci sono neolaureati, pensionati e stranieri che a volte non parlano neanche la nostra lingua. Ci sono medici che si spostano di centinaia di km, prendono aerei per coprire più turni. C’è chi con tre turni guadagna quanto un dirigente medico di prima nomina. Questo influisce sulla qualità della cura di chi entra in pronto soccorso ma anche sulla possibilità di gestire la struttura. Arriva un collega che non conosce la struttura, non conosce i software, non sa le procedure e le risorse interne all’ospedale. C’è chi si trova ad assistere un ictus e non sa se c’è un reparto di neuro radiologia interventistica. E tutto questo fa la differenza. Spesso quel medico lavorerà accanto a un dirigente medico che per lo stesso turno guadagna un decimo. Ecco perché le specialità di emergenza urgenza sono l’ultima scelta dei giovani medici.

 

Era in corso una interlocuzione con il ministro Speranza. A che punto eravate?

 

La società italiana di medicina di emergenza e urgenza, che io presiedo, aveva sollevato con forza la questione nello scorso mese di novembre quando siamo scesi in piazza per denunciare la situazione. A inizio dicembre ci siamo incontrati con il ministero e abbiamo avuto appuntamenti periodici con i tecnici fino alla crisi di governo. A luglio sembrava esserci un documento già sul tavolo della presidenza del consiglio con alcuni degli interventi urgenti che avevamo richiesto.

 

Quali?

 

L’ingresso degli specializzandi già con la qualifica di dirigente medico, così come accade in Europa, che consente subito a chi entra di potere lavorare con una autonomia proporzionata alle competenze. Non vecchi studenti ma giovani medici.

E poi il riconoscimento del lavoro usurante.

Già solo questi due elementi frenerebbero in parte la fuga dei medici dai pronto soccorso.

 

Ora cosa accadrà?

 

Rischiamo di dovere ricominciare da capo. Se il nuovo governo, con tutti i tempi tecnici necessari, non ripartirà da quanto già nero su bianco e, se non sarà una priorità, la crisi di governo rischia di dare il colpo definitivo al sistema tutto dell’emergenza urgenza.

 

Nel PNRR è previsto un intervento sugli ospedali e sui pronto soccorso?

 

No, purtroppo non è previsto nulla. Ci sono fondi solo per la digitalizzazione nella sanità con la creazione del fascicolo sanitario elettronico nazionale che certamente snellirà alcune procedure ma non riporterà i medici nei pronto soccorso.

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