Lavoro in corsia, per il 75% dei medici è peggiorato negli ultimi 10 anni

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Il risultato è frutto di un sondaggio di cui si è discusso nel corso del 25° congresso nazionale dell'Anaao Assomed (Associazione medici dirigenti), in corso a Napoli, e a cui hanno risposto 3.282 professionisti del settore

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Per i medici ed i dirigenti sanitari italiani la vita in corsia risulta faticosa e mal retribuita, oltre che peggiorata, soprattutto facendo un confronto con l’ultimo decennio. È quanto emerso da un sondaggio i cui risultati sono stati discussi nel corso del 25° congresso nazionale dell'Anaao Assomed (Associazione medici dirigenti) in corso a Napoli e a cui hanno risposto 3.282 professionisti del settore. Dall’analisi delle risposte al questionario, infatti, il 69% ha definito la professione medica “faticosa” e, per il 75% dei medici coinvolti, la stessa è peggiorata negli ultimi 10 anni.

Carenze di personale e difficoltà organizzative   

Secondo i professionisti del settore, è stato sottolineato, a rendere complicata la vita in corsia è stato in particolare l'aumento dei carichi di lavoro, sia a causa di carenze di personale sia per criticità di carattere organizzativo, almeno per quanto segnalato dal 77% degli intervistati. Percentuale di professionisti che, allo stesso modo, ha lamentato una retribuzione non soddisfacente, specie se rapportata all'impegno richiesto, un malessere amplificato dalla difficoltà di crescita professionale e dalle prospettive di carriera. E sebbene la trattativa contrattuale non faccia differenze di genere, è emerso ancora come le disparità sulla retribuzione, tra medici maschi e medici donne, sia una realtà evidente. In quest’ottica, tra l’altro, per gli specialisti non è una consolazione il riconoscimento professionale che, per il 77% dei partecipanti al sondaggio, risulta inesistente, al pari della valorizzazione della professione.

Un appello alle istituzioni

Anche in virtù di questi risultati, l'Anaao Assomed ha deciso di lanciare un appello alla politica e alle istituzioni, con l’idea che “migliorare le condizioni di lavoro negli ospedali pubblici diventi l'obiettivo prioritario a breve termine”. Secondo l’Associazione, infatti, risulta “prioritario tutelare oggi gli operatori sanitari per tutelare gli utenti stessi”. Per farlo, hanno segnalato gli esperti, occorre “limitare il burn-out prevedendo una rotazione dei dipendenti che lavorano in reparti ad alto rischio di stress. Ridefinire i carichi di lavoro. Incentivare la retribuzione defiscalizzando alcune voci accessorie. Valorizzare la leadership femminile e prevedere strumenti contrattuali per facilitare l’assistenza a figli e parenti”.

Medici e infermieri al lavoro senza sosta nel reparto di terapia intensiva passato da 5 a 17 letti per curare i pazienti covid all' ospedale di Vizzolo Predabissi, 24 Marzo 2020. Ansa/Andrea Canali

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