Zanzare, ecco come il virus Zika danneggia il cervello dei nascituri
Salute e BenessereIl tema è stato al centro di uno studio condotto dai ricercatori del Cnr-In e dell’Università di Pisa. La sindrome congenita da Zika, infatti, era descritta per la prima volta nel 2015, in Brasile, su alcuni neonati le cui mamme avevano contratto l’infezione durante la gravidanza e aveva causato gravi lesioni al sistema nervoso centrale dei bambini. Ora, per comprendere Zika possa aver causato tali alterazioni, i ricercatori hanno sfruttato un innovativo “sistema di cellule staminali neurali umane”
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L’infezione umana da virus Zika è una malattia virale trasmessa dalla puntura di zanzare infette di alcune specie, in particolare appartenenti al genere Aedes. La trasmissione all’uomo del virus, come segnala l’Istituto Superiore di Sanità, avviene di solito tramite la puntura della zanzara vettore. Il soggetto punto da una zanzara portatrice e nuovamente punto da una zanzara non infetta, può così innescare una catena in grado di dare origine ad un focolaio endemico. Sul tema è stato condotto, di recente, un nuovo studio che ha rivelato i meccanismi attraverso i quali proprio il virus Zika può danneggiare lo sviluppo cerebrale dei nascituri. La scoperta è arrivata grazie arriva ad un lavoro di ricerca che ha visto protagonisti i ricercatori dell’Istituto di neuroscienze del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr-In) e dell’Università di Pisa, i cui esiti sono stati pubblicati sulla rivista “Stem Cell Reports”.
I danni al sistema nervoso centrale dei bambini
La sindrome congenita da Zika, infatti, ha segnalato proprio il Cnr in un comunicato, è stata descritta per la prima volta nel 2015, in Brasile, su alcuni neonati le cui mamme avevano contratto l’infezione durante la gravidanza. Nel corso della gestazione, era emerso, il virus Zika aveva “oltrepassato la barriera placentare causando gravi lesioni al sistema nervoso centrale dei nascituri, fra cui la microcefalia e altre patologie dello sviluppo cerebrale”. Dunque, per comprendere meglio come il virus stesso possa aver causato tali alterazioni, i ricercatori coinvolti nello studio hanno sfruttato un innovativo “sistema di cellule staminali neurali umane”. Queste, ha riferito Marco Onorati, direttore del NeuroStemCell Lab presso il Dipartimento di biologia dell’Università di Pisa, “rappresentano un modello di studio che permette di ricapitolare in vitro eventi precoci dello sviluppo del nostro cervello e delle sue disfunzioni, che altrimenti non sarebbero facilmente osservabili”. Inoltre, i ricercatori sono partiti dall’idea secondo cui la sindrome congenita da Zika abbia delle significative similarità con la sindrome FOXG1, disturbo neurologico causato da una mutazione genetica. Gli esperti, infatti, hanno rilevato come anche il virus Zika possa alterare “sia la quantità che la localizzazione intracellulare di FOXG1, una proteina protagonista dello sviluppo della corteccia cerebrale”. Questa, hanno sottolineato gli studiosi, rappresenta “la parte più evoluta del nostro cervello e assicura all’uomo le capacità cognitive, la percezione di sé e del mondo circostante”.
I meccanismi alla base di patologie come autismo e schizofrenia
Come spiegato da Giulia Freer e Mauro Pistello, esperti del Centro Retrovirus dell’Università di Pisa e coautori dello studio, “il fatto che il numero di bambini affetti da sindrome congenita da Zika fosse aumentato in modo repentino e che si riscontrassero casi di infezione in vari stati del mondo e poi che il virus potesse essere trasmesso da una zanzara vettore presente in tutti i continenti, ha creato un allarme mondiale che ha ricordato per certi versi la recente pandemia da Sars-Cov-2”. Ma adesso e per la prima volta, “questo lavoro identifica FOXG1 come un fattore sensibile al virus Zika, spiegando molti aspetti della microcefalia e dei ritardi cognitivi causati da questa infezione virale e in prospettiva potremmo utilizzare FOXG1 come un sensore per rivelare eventuali altri ‘attacchi’ subiti durante lo sviluppo embrionale e per capire i meccanismi alla base di patologie come le malformazioni corticali, l’autismo e la schizofrenia”, ha quindi concluso Mario Costa, ricercatore Cnr-In e altro firmatario del lavoro di ricerca.