Il risultato, pubblicato su Cell Systems, potrebbe aprire la strada alla personalizzazione delle terapie anti-Covid, in base al rischio reale di complicanze per il singolo paziente
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Perché alcune persone con Covid-19 si ammalano gravemente, mentre altre sviluppano sintomi lievi o sono asintomatiche? A parte l'età e alcuni fattori di rischio, come l'immunodepressione, a incidere sulla gravità della malattia ci sarebbero anche diversi fattori genetici. Nuovi sviluppi in merito arrivano da un recente studio dell'Università britannica di Sheffield, che ha individuato oltre mille geni che sarebbero correlati allo sviluppo di Covid-19 in forma grave. Il risultato, pubblicato sulle pagine della rivista specializzata Cell Systems, potrebbe aprire la strada alla personalizzazione delle terapie anti-Covid, in base al rischio reale di complicanze per il singolo paziente. (COVID: LE ULTIME NOTIZIE IN DIRETTA - VACCINO COVID: DATI E GRAFICI SULLE SOMMINISTRAZIONI IN ITALIA, REGIONE PER REGIONE)
Lo studio nel dettaglio
Nel corso dello studio, il team di ricerca ha utilizzato l'Intelligenza artificiale per analizzare una vasta mole di dati presenti nel database del progetto Covid-19 Host Genetics Initiative, al fine di valutare la predisposizione genetica alla malattia grave. Nello specifico, i ricercatori hanno esaminato le varianti genetiche più comuni su un campione composto da circa 5.100 soggetti con Covid-19 che sono deceduti o hanno avuto bisogno di supporto respiratorio, per poi confrontarle con i dati di 1,4 milioni di persone che non sono mai risultate positive all'infezione da Sars-CoV-2.
Nessuno dei partecipanti era stato vaccinato contro il Covid-19.
I risultati
Analizzando i dati, gli studiosi sono riusciti a identificare 1.370 varianti genetiche che sarebbero correlate alla gravità della malattia. Le stesse varianti si sono ripresentate quando lo studio è stato ripetuto su altre due serie di dati simili.
Dalla ricerca è inoltre emerso che molti dei geni identificati giocano un ruolo importante nel regolare le cellule immunitarie chiamate cellule natural killer e cellule T. Secondo i ricercatori sarebbe utile mappare il Dna delle persone, per poi catalogare i soggetti in differenti gruppi di rischio e fare previsioni in base ai loro geni sulla gravità dell'infezione che potrebbero sviluppare.