Cardiologi, in 5 anni in Italia quasi raddoppiati gli interventi “light” al cuore

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Lo hanno riferito gli specialisti, nel corso dell’evento “La TAVI nel paziente low-risk”, svoltosi sotto l'egida della Società Italiana di Cardiologia Interventistica (GISE). Al centro del dibattito proprio la TAVI, tecnologia che permette di evitare operazioni a cuore aperto, impiantando una valvola aortica trans-catetere quando vengono diagnosticate patologie cardiovascolari molto gravi

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Sono quasi raddoppiati, negli ultimi 5 anni in Italia, i cosiddetti interventi “light” al cuore. La pandemia di coronavirus, infatti, ha solamente frenato la sempre più consueta propensione all'utilizzo della “TAVI”, la tecnologia che permette di evitare operazioni a cuore aperto, impiantando una valvola aortica trans-catetere quando vengono diagnosticate patologie cardiovascolari molto gravi, tra cui la stenosi aortica degenerativa, un restringimento della valvola aortica che ostruisce il passaggio del flusso ematico dal ventricolo sinistro all'aorta ascendente durante la sistole.

I dati a livello regionale

I dati sono stati annunciati nel corso del convegno nazionale “La TAVI nel paziente low-risk”, evento svoltosi sotto l'egida della Società Italiana di Cardiologia Interventistica (GISE) e a cui hanno preso parte i più importanti esperti del settore. Negli ultimi cinque anni, hanno riferito i cardiologi, il numero complessivo di interventi in Italia è dunque quasi raddoppiato, passando da 4500 a 8200, seppur con un calo registrato nel primo anno di pandemia. La Regione più “virtuosa” è stata la Lombardia (1674 interventi) seguita da Veneto (859) e Campania (con 797). Nel solo 2020, nello specifico, gli interventi sono stati 7592, più della metà dei quali (52%) eseguiti al Nord, quasi un terzo al Sud (31%), mentre il resto nel Centro del Paese. Il dato, hanno riferito gli esperti, è risultato comunque in lieve flessione (-8,73%) rispetto all'anno precedente, come detto per effetto della pandemia che ha inciso in qualche modo sull'attività delle strutture sanitarie del Paese. Ma resta, nonostante ciò, il secondo più alto degli ultimi cinque anni a livello nazionale.

Un incremento dell’adozione della tecnica

Come riferito da Giovanni Esposito, presidente di GISE, “i dati di attività raccolti indicano un incremento dell'adozione della TAVI in Italia, passata da circa 4.500 procedure nel 2016 a 8.200 nel 2019, per poi flettere nel 2020”. Nella sola Campania, nel 2019 e nel 2020, ha spiegato ancora, “il ritmo annuale è stato di poco meno di 800 procedure effettuate. Dati che confermano la tendenza all'aumento”. Durante l’evento è intervenuto anche il dottor Emilio Di Lorenzo, direttore del Dipartimento Medico-Chirurgico del Cuore e dei Vasi presso l'ospedale S. Giuseppe Moscati di Avellino. “Nella seconda fase del Covid, l'impatto della pandemia è stato minore, soprattutto per quelle patologie per cui sono disponibili tecnologie, come la TAVI, che consentono interventi poco invasivi in grado di evitare il ricorso alla terapia intensiva e ridurre al minimo la degenza in ospedale, offrendo una sponda importante anche sul piano della sostenibilità economica". A proposito delle più recenti linee guida in merito, ha riferito infine Paolo Golino, direttore della Cardiologia presso l’Università della Campania Luigi Vanvitelli, è stato possibile ampliare notevolmente il gruppo di pazienti che può beneficiare di questa metodica, “con un'indicazione alla TAVI per gli ultra 75enni, senza dimenticare i pazienti più giovani con controindicazioni alla cardiochirurgia”.

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