Nel corso del 2021 sono stati registrati complessivamente 277 casi nel nostro Paese, erano 263 nel 2020. E’ uno dei dati comunicati dal Sistema epidemiologico integrato delle epatiti virali acute (SEIEVA) coordinato dall'Istituto Superiore di Sanità, nel rapporto dedicato ai numeri relativi proprio allo scorso anno
In Italia, nel corso del 2021, risulta essere stabile, ma con tendenza alla diminuzione rispetto all'anno precedente, l'andamento dell’incidenza dei casi segnalati di epatite virale acuta, una malattia che colpisce il fegato, causata da virus che si trasmettono in maniera differente a seconda delle tipologie (A, B o C). In particolare, durante l’anno appena trascorso, sono stati registrati complessivamente 277 i casi (erano 263 nel 2020): 126 di epatite A, 89 di epatite B, 24 di epatite C, 21 di epatite E, 2 di epatite Delta e 15 casi non classificati. Sono alcuni dei dati comunicati dal Sistema epidemiologico integrato delle epatiti virali acute (SEIEVA), coordinato dall'Istituto Superiore di Sanità (Iss), nel rapporto dedicato sul tema.
I dati nello specifico
Per quanto riguarda l'epatite A, il rapporto indica che l'infezione in quasi due terzi dei casi è stata a trasmissione alimentare, ed è legata soprattutto al consumo di molluschi crudi o poco cotti (41,4%) e di frutti di bosco surgelati (23,7%). Le segnalazioni sono arrivate soprattutto da parte di Regioni del Centro-Nord, tra cui Friuli Venezia-Giulia, Lombardia, Toscana, Emilia-Romagna e Veneto. In questo caso si è registrato un lieve incremento dell’incidenza rispetto all’anno precedente, ma si conferma il trend in diminuzione degli ultimi anni dopo l’epidemia del 2017-2018. Per quanto riguarda l’epatite B, invece, sono stati segnalati 89 casi di malattia acuta, anche in questo caso in maggior parte da Regioni del Centro-Nord, come Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana e Lazio. Il dato, rispetto all’anno precedente, si è attestato in lieve diminuzione rispetto all’incidenza, con la conferma del trend in diminuzione. La fonte di contagio più frequente (28% dei casi) sono stati i trattamenti estetici quali manicure, pedicure, piercing e tatuaggi e circa il 12% dei casi si è verificato in persone appartenenti a categorie per le quali la vaccinazione è fortemente raccomandata, come operatori sanitari, conviventi di portatori cronici dell'infezione e tossicodipendenti. Per quel che concerne l'epatite C, invece, l'esposizione nosocomiale è stata il principale fattore di rischio (45,5% dei casi), mentre si è riscontrato un netto calo dei casi che riferiscono il ricorso a trattamenti estetici. Infine, considerando l’epatite E ovvero una malattia simile a quella che provoca il virus A, i dati segnalano un progressivo incremento dei casi, fino ad un allineamento con i casi segnalati di epatite C. E’ stato segnalato un picco epidemico nel 2019, legato a diversi focolai che si sono verificati nelle Regioni come Marche, Lazio e Abruzzo con casi legati al consumo di carni di maiale e cinghiale. In tutto il periodo di osservazione gli uomini sono più colpiti delle donne e, per quanto riguarda le fasce di età, si evidenzia una maggiore incidenza nei soggetti di età superiore ai 55 anni.
I diversi tipi di epatite
L'infezione da virus A, come sottolinea il portale del polo ospedaliero “Humanitas”, causa una malattia acuta che non cronicizza. Il quadro clinico relativo è quello di “una malattia simil-influenzale con ittero nella maggioranza dei casi, nausea e vomito, stanchezza, perdita di appetito, dolore addominale, o diarrea”, spiegano gli specialisti. Il periodo d'incubazione varia dalle 3 alle 6 settimane, ma può protrarsi anche fino a 6 mesi. La maggior parte dei pazienti guarisce “senza particolari problemi durante il decorso della malattia”. I sintomi sono più acuti negli adulti rispetto ai bambini, nei quali la malattia è spesso asintomatica. L'infezione da virus B dell'epatite, poi, causa sintomi piuttosto simili a quelli provocati dal virus A, ma a differenza di quest’ultimo, nel 5% dei casi l'infezione si cronicizza. Il contagio, di solito, avviene per contatto di materiale infettato. L'infezione da virus C, infine, cronicizza nel 60-85% dei casi, con la malattia acuta che risulta solitamente asintomatica. Può causare cirrosi, epatocarcinoma ed insufficienza epatica. La via di contagio è simile a quella del virus B, essendo tuttavia il C meno infettante.