Da uno studio nuovi dettagli su come il cervello "elabora" un volto familiare

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Un nuovo studio del Cedars-Sina ha scoperto che quando lo sguardo si posa su un viso alcune cellule dell'amigdala reagiscono e attivano l'attività di creazione della memoria. In questo modo un volto potrebbe poi apparire familiare

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Un nuovo studio del Cedars-Sina ha scoperto nuove informazioni su come il cervello, e in particolare l'area cerebrale responsabile della memoria, "elabora" un volto familiare. Come descritto sulle pagine della rivista specializzata Science Advances, i ricercatori hanno dimostrato che quando lo sguardo si posa su un viso, rispetto a un altro oggetto o immagine, alcune cellule dell'amigdala, una parte del cervello che elabora le informazioni sociali, reagiscono e attivano l'attività di creazione della memoria. In questo modo, poi, un volto riesce ad apparire familiare in chi lo osserva. I risultati della ricerca aprono la strada allo sviluppo di nuovi trattamenti per i disturbi della memoria.

Lo studio nel dettaglio

Come spiegato dal team di ricerca, sebbene la vista sia continua, gli occhi si spostano da un punto distinto all'altro tre o quattro volte al secondo. "Si può sostenere che i volti sono uno degli oggetti più importanti che guardiamo. Prendiamo molte decisioni significative basate sul guardare i volti, incluso se ci fidiamo di qualcuno, se l'altra persona è felice o arrabbiata, o se l'abbiamo già vista", ha sottolineato l'autore senior dello studio Ueli Rutishauser.
Per comprendere come il cervello elabora i volti familiari, i ricercatori hanno registrato l'attività dei singoli neuroni all'interno del cervello di 13 pazienti con epilessia a cui erano stati impiantati elettrodi per aiutare a determinare il punto focale delle convulsioni. In particolare, hanno monitorato l'attività delle onde theta dei partecipanti, delle specifiche onde cerebrali che vengono create nell'ippocampo e sono fondamentali per elaborare le informazioni e formare ricordi. Durante l'analisi il team di ricerca ha tracciato la direzione dello sguardo dei soggetti tramite una fotocamera di ultima di generazione che consente di determinare i punti esatti su cui si concentra la loro vista.
Ai partecipanti è stato chiesto inizialmente di osservare gruppi di immagini che includevano volti umani, primati e altri oggetti, come fiori, automobili. Successivamente, un'altra serie di immagini di volti di persone, tra cui alcuni presenti nella prima parte dell'esperimento, chiedendo se li ricordassero o meno.

I risultati

I ricercatori sono così riusciti ad osservare che ogni volta che gli occhi stavano per focalizzarsi su un volto umano, ma non su altri tipi di immagini, si "accendevano" alcune cellule dell'amigdala. E che quando queste ultime si attivavano lo schema delle onde theta nell'ippocampo si ripristinava o si riavviava. "Pensiamo che sia un riflesso dell'amigdala che prepara l'ippocampo a ricevere nuove informazioni socialmente rilevanti che sarà importante ricordare", ha concluso Rutishauser.

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